di
Ruggiero Corcella
I Cdc (Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie) Africa segnalano un «netto calo» dei casi, di quasi il 35%, anche se l’allerta resta alta. Il motivo: rafforzata la rete di sorveglianza delle malattie, ampliato i test di laboratorio, diffuso la vaccinazione e migliorato il trattamento e l’assistenza
Il 14 agosto 2024, l’Organizzazione mondiale della sanità dichiarava mpox (già noto come «vaiolo delle scimmie») un’emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale (PHEIC). E il mondo si è trovato a dover fare i conti con un’altra epidemia, causata da un virus trasmesso da animali. A un anno di distanza, i Cdc (Centri per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie) Africa hanno fatto il punto della situazione, segnalando un «netto calo» dei casi. Non ancora sufficiente, però, per fare abbassare la guardia su mpox che resta comunque una PHEIC, come ha annunciato il 9 giugno scorso il direttore generale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus.
I numeri in diminuzione
I dati aggiornati sulla situazione in Africa sono stati forniti il 21 agosto dal professor Yap Boum, responsabile per la risposta continentale all’mpox presso i Cdc Africa. Secondo Boum, la curva dei contagi ha mostrato segnali incoraggianti: «Nell’ultima settimana (la 32a da inizio anno) abbiamo visto una riduzione dei casi sospetti da oltre 3.000 a 2.483, e la letalità si mantiene intorno allo 0,5%, ben al di sotto dell’1%», ha sottolineato Boum. Dal 1° gennaio al 21 agosto 2025, il continente ha registrato 99.840 casi sospetti di mpox, 30.404 casi confermati con 607 decessi (tra i casi sospetti) e 202 (tra quelli confermati) in 25 stati membri dell’Unione africana. Un dato che indica progressi, ma non consente ottimismo prematuro.
Sembra dunque proseguire la tendenza già evidenziata la scorsa settimana da Jean Kaseya, direttore generale dei Cdc Africa, che aveva dichiarato: «Nelle ultime sei settimane, i casi confermati di mpox sono diminuiti del 34,5% rispetto alle sei settimane precedenti». La Repubblica Democratica del Congo (RDC), la Sierra Leone, l’Uganda e il Burundi rappresentano oltre l’80% dei casi del 2025, ma hanno registrato cali significativi. Altri nove paesi, tra cui Nigeria, Tanzania e Ghana, hanno segnalato focolai più piccoli. Il motivo? Secondo Caseya e Boum, l’azione coordinata tra governi, Oms, Africa Ccd, comunità e partner ha rafforzata la rete di sorveglianza delle malattie, ampliato i test di laboratorio, diffuso la vaccinazione e migliorato il trattamento e l’assistenza per i pazienti affetti da mpox.
Vaccinazione, snodo cruciale
La vaccinazione rappresenta uno snodo cruciale. Tra i traguardi più importanti c’è la mobilitazione di oltre 6 milioni di dosi di vaccino, con 951mila somministrate e quasi 900mila persone che hanno ricevuto almeno una dose. Tredici dei 22 Paesi con trasmissione attiva hanno ora piani di distribuzione del vaccino; otto stanno vaccinando gruppi ad alto rischio e contatti. Boum ha confermato: «A Kinshasa abbiamo iniziato la campagna vaccinale con LC16 (un vaccino vivo attenuato contro il vaiolo delle scimmie, ora licenziato per l’uso contro il mpox, sviluppato in Giappone, ndr). Abbiamo già vaccinato circa 28 mila persone e stiamo estendendo la copertura ad altre province come Sankuru e Tanganyika».
Verso l’indipendenza vaccinale
Ha poi sottolineato: «Il vaccino non è solo una misura di protezione individuale: è uno strumento di equità sanitaria, perché permette alle comunità più vulnerabili di sentirsi parte di una risposta globale». La collaborazione internazionale si è rivelata decisiva: «Stiamo lavorando anche con istituzioni di ricerca per rafforzare la produzione locale di vaccini e ridurre la dipendenza dalle importazioni. Questo è un passo fondamentale per la sovranità sanitaria africana». In particolare, Giappone e Corea stanno fornendo un aiuto significativo dopo la decisione dell’amministrazione Trump di tagliare drasticamente i finanziamenti a UsAid. Anche se, come ha spiegato Bou, gli Usa hanno «autorizzato la spedizione di 219. 000 dose di vaccino. La partnership si sta muovendo verso una buona direzione, anche il sostegno al PEPFAR (Presidents Emergency Plan For Aids Relief, la più grande iniziativa sanitaria di un singolo paese nella storia, impegnata dal governo degli Stati Uniti per accelerare il controllo della pandemia di Hiv/Aids in oltre 50 paesi, ndr)
è continuato. Siamo più ottimisti sul futuro del supporto degli Stati Uniti».
Laboratori rafforzati
Fondamentale anche il rafforzamento di centri per la diagnostica: «Siamo passati da una copertura dei test che in alcuni Paesi era solo del 20%, e perfino del 13%, a circa il 60%, con alcuni Paesi che hanno raggiunto il 100%». E si è passati da due laboratori nella Repubblica Democratica del Congo nel gennaio 2024 a 69 nell’agosto 2025 e da uno a 56 in Burundi. Boum ha aggiunto: «Oggi siamo in grado di identificare i casi in modo più rapido e di attivare risposte mirate, riducendo il tempo che intercorre tra la segnalazione e l’intervento». Sono state generate più di 4mila sequenze genomiche mpox da 21 paesi.
Aumentano le forze in campo
Anche le forze in campo hanno fatto registrare un aumento significativo: sono stati impiegati più di 1.000 operatori sanitari di comunità e ne sono stati formati 10mila. Alcuni paesi, come la Costa d’Avorio, hanno tenuto sotto controllo i focolai, registrando 42 giorni consecutivi senza nuovi casi. In Angola, Gabon, Mauritius e Zimbabwe sono trascorsi oltre 90 giorni senza un caso confermato.
La minaccia-colera
Mpox non è l’unico fronte aperto. Boum ha spiegato che la Repubblica Democratica del Congo e altri Paesi stanno affrontando un’epidemia di colera: «Abbiamo ancora migliaia di casi e stiamo lavorando per rafforzare la prevenzione, l’accesso all’acqua pulita e alle cure». Tra gennaio e agosto 2025, l’Africa ha registrato 223.888 casi di colera (216.387 sospetti, 7.433 confermati e 68 probabili) e 4.740 decessi, con un tasso di mortalità del 2,1%.
La coesistenza di più emergenze rende ancora più complessa la risposta sanitaria. «La lezione che stiamo imparando – ha aggiunto – è che dobbiamo costruire sistemi resilienti, in grado di rispondere contemporaneamente a più crisi, senza lasciare indietro nessuna comunità». Per rispondere, l’Africa CDC inaugurerà presto un Piano continentale di preparazione e risposta al colera per coordinare gli interventi transfrontalieri e mobilitare le risorse.
23 agosto 2025
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