Si chiama Antonello e fa (ancora) il cantautore. Un “mestiere” quasi in via di estinzione e forse per questo ancora più apprezzato. Perché di artisti in grado di portare sul palco un bagaglio di canzoni, storie e testimonianze, nella musica liquida fatta di hit e talent show, ne sono rimasti pochi. Uno di questi è proprio Antonello Venditti. E ieri sera ha ricordato al pubblico del teatro greco di Tindari cosa significa fare anzi essere cantautore. L’occasione per proseguire i festeggiamenti per i 40 anni di Cuore quel disco targato 1984, reso celebre da Notte prima degli esami e Ci vorrebbe un amico, cantato per intero e spiegato passo passo.
Un’atmosfera intima su quel palco che ha costretto a ridimensionare la scenografia. Niente schermi e spazi ridotti come impone Tindari e il suo anfiteatro che racconta una storia millenaria guardando le Eolie. “Stasera sembra quasi di essere al Folkstudio – ha detto Venditti- torniamo analogici e mettiamo al centro la parola”. E di parole Venditti ne ha pronunciate tante durante il suo lungo racconto. Ha fatto ridere, riflettere ed emozionare toccando argomenti da pugno nello stomaco come droga e depressione. “La mia è una storia vera, ve la racconto in un luogo magico che non dimentichi facilmente”, ha detto il cantautore tornato a Tindari dopo otto anni.
Quindi l’inizio con Raggio di luna. Poi quel grido “Dajee” con cui Venditti si carica prima di sedersi al pianoforte e intonare Bomba o non bomba e Sotto il segno dei pesci. Applausi e cori dal pubblico. C’è chi rivive la sua giovinezza, chi immagina periodi che non ha vissuto. Ed è solo la sempre troppo ingombrante presenza degli smartphone a ricordare a tutti che è passato quasi mezzo secolo da quelle canzoni.
Il concerto prosegue con Giulia che nel 1978 ha anticipato i temi dell’omosessualità. Poi Peppino e le atmosfere di Giulio Cesare con dentro gli anni del liceo e delle contestazioni. “In questa canzone – ha detto Venditti – parlo di due Paolo Rossi. Il primo lo hanno dimenticato per molto tempo, era un ragazzo morto durante gli scontri di Valle Giulia. Il secondo ha portato l’Italia in tutto il mondo con quella maglia numero 20 indossata da tutti”.
Così il concerto entra nel vivo, è il momento di Cuore. “Un disco complicato – ha spiegato Venditti – con tanta tecnologia. Oggi lo riprendiamo e diventa perfetto. Ricordo il tempo degli Lp, dischi come pezzi di catrame con cui raccontare storie senza fare errori, rispettando gli schemi rigidi delle due facciate”. Ad aprire l’album Notte prima degli esami. “Allora non pensavo potesse essere eterna. Ogni studente ha una storia, ma dietro ci sono anche mamma e papà, i nonni, i professori, i bambini. Questa notte l’ho inventata io, l’ho resa speciale e ogni anno coinvolge milioni di persone”.
Venditti poi spiega quel famoso verso che apre il pezzo. “I quattro ragazzi eravamo io, De Gregori, Bassignano e Lo Cascio. Eravamo insieme e all’epoca non c’era nessuna invidia o cattiveria, volevamo cambiare la canzone italiana da amici. C’era collaborazione e aiuto reciproco. Il pianoforte me l’ha scaricato Pino Daniele portandolo sulle spalle e anche io ho fatto tanto per gli altri”.
Cuore fotografa il passaggio tra gli anni ‘70 e gli ‘80. Dal piombo alla leggerezza, da Berlinguer a Craxi, finito dentro la satirica L’ottimista che tanto imbarazzo ha creato ai socialisti dell’epoca. Un’Italia che scopre all’improvviso una grande voglia di leggerezza. Ma Venditti mette in guardia quasi da profeta e scrive Mai nessun video mai ammonendo già nel 1984 chi iniziava a preferire il virtuale al reale. Si torna nella profondità con Qui, una fotografia scattata vent’anni dopo gli scontri di Valle Giulia. “Non ho mai superato quel momento e tutt’ora fatico a cantare questo pezzo – ha detto Venditti -. Ma in un’estate del 1983 ci ha pensato Paola a portarmi in quei luoghi dopo essersi accorta del mio malessere, le donne ti prendono per mano e ti liberano dai fardelli”.
“Scusate ma non riesco a cantare Lilly”
Venditti sa essere leggero e profondo anche all’interno di una stessa canzone. E quando sale sul palco è come se fosse la prima volta, come se non fossero trascorsi decenni da quei pezzi che sente ancora dentro. E non è un caso se dalla scaletta, ieri come nei concerti precedenti, Lilly non ha trovato spazio. Doveva esserci, proprio per celebrare i 50 anni da quella struggente canzone che dà il titolo all’album. “Scusate ma non ci riesco, non reggo l’urto – ha detto al pubblico il cantautore romano – sbaglia chi pensa che un’artista resti sempre lo stesso, immobile. Ho vissuto le conseguenze della droga guardando e aiutando gli altri, io mi sono salvato e non ho mai preso niente. Del resto le mie droghe si chiamano adrenalina, amore e Roma”. E così Venditti tenta di dimenticare il dramma dell’eroina di Lilly pur non rinunciando a parlare ancora dell’argomento e canta Non è la cocaina, seguendo l’ordine di Cuore. “Negli anni ‘80 si affacciarono sostanze ’simpaticamente’ nuove, adatte a quel tempo. Come la cocaina, appunto”.
“Pensavo al suicidio, Dalla mi ha salvato”
Un altro tema che non lascia indifferenti: la depressione. Venditti ha sofferto di quella che giustamente ha definito una vera e propria malattia. “Ero primo in classifica, ma stavo male dopo la separazione. E ad accorgersene fu Lucio Dalla. Mi ha detto di andare via da Roma, io ho seguito il suo consiglio e ho raggiunto la Brianza, soggiornando al Castello di Carimate. Aveva una Golf turbo truccata che più volte ho provato a utilizzare per suicidarmi. Ma dopo un po’ di tempo lo stesso Dalla una domenica mi ha informato di aver trovato una casa per me a Roma. Anche in quel caso gli ho dato retta, sono tornato a Roma e dopo una storia di passione con la proprietaria, l’ho acquistata. Tutta questa storia è finita dentro Ci vorrebbe un amico, l’amicizia e l’amore possono salvare dalla depressione”.
Si può diventare amici anche solo per poche ore, durante un viaggio in auto. Da qui parte Venditti quando spiega la canzone Piero e Cinzia, scritta dopo aver partecipato al concerto di Bob Marley a Milano nel 1980. “Al ritorno ho caricato in macchina un ragazzo con i capelli uguali a Bob Marley, si chiamava Piero ed era disperato perché non aveva più notizie della sua Cinzia, sparita durante il concerto e in stato di gravidanza. Aveva scoperto un tradimento”.
A chiudere l’album e aprire la seconda parte del concerto è Stella, una canzone che diventa una preghiera. E che in Sicilia assume un significato ancora più profondo: dal 1992 Venditti la dedica a Rocco, Antonino e Vito ovvero gli agenti di scorta morti con Giovanni Falcone a Capaci.
La serata prosegue, Venditti tira fuori il suo lato sentimentale e fa cantare il pubblico. Tocca all’ultima fatica Dì una parola e poi ancora Che fantastica storia è la vita, Unica, Amici mai e Alta Marea. Tutti in piedi per In questo mondo di ladri, prima del finale con Ricordati di Me e Roma Capoccia e il suo “mondo infame” gridato dal pubblico di Tindari che ha poi applaudito la band.
Hanno suonato con Venditti: Alessandro Canini (batteria), Fabio Pignatelli (basso), Angelo Abate pianoforte e hammond), Danilo Cherni (tastiere e computer), Toti Panzanelli e Maurizio Perfetto (chitarre), Amedeo Bianchi (sax), Roberta Palmigiani (violino), Laura Ugolini e Laura Malafioti (cori).
Il concerto è stato organizzato da Punto e Capo, prossime date siciliane ad Agrigento (26 agosto), Taormina (2-4 settembre) e Palermo (10 settembre).