di
Armando Di Landro

L’esecuzione con modalità mafiose nel 2013 a Castelli Calepio. Nessuna pista ha portato a risultati. Il fratello maggiore era morto cinque mesi prima dopo 5 anni in coma per un’emorragia cerebrale. Chi ingaggiò i due killer in moto?

Il Corriere della Sera ricostruisce sulle sue pagine alcuni gialli, noti e meno noti, della cronaca nera italiana. Oggi la puntata dell’omicidio di Gian Mario Ruggeri, a Castelli Calepio, Bergamo, nel 2025. 

In un memoriale disordinato scriveva così: «Faranno di tutto per cancellarmi». «Il loro cinismo e il fatto che non mi dicano più niente mi preoccupa». «Devo stare ben attento». E tra una frase e l’altra inseriva anche qualche appunto sui problemi in azienda: «Pagato Equitalia, 188.000». Parole messe nero su bianco in un malloppo di fogli che Gian Mario Ruggeri consegnò alla sorella Roberta qualche settimana prima che due killer, sicari professionisti, gli togliessero la vita: era il 28 settembre del 2013, un sabato. Alle 8.45 Gian Mario, 44 anni, Jimmy per familiari e amici, stava per entrare nella palestra Castelgym di Castelli Calepio, non lontano da casa sua a Telgate, zona di capannoni e vigne a est di Bergamo. Aveva appena tolto la borsa dalla sua Range Rover, quando due sconosciuti in sella a una moto nera, con le tute scure e il casco integrale, lo avvicinarono. Il passeggero sparò cinque colpi di calibro 9 con la mano ferma, uno arrivò dritto alla nuca. Jimmy morì in pochi secondi. Nessun errore, nessuna traccia. Un giallo che dura da allora. «È stata una delle più chiare esecuzioni in stile mafioso che si siano verificate a Bergamo e in Lombardia» commenta l’avvocato Benedetto Maria Bonomo, che assiste Marizzia Ruggeri, per tutti Roberta: da 12 anni chiede di indagare in ogni direzione.



















































Per Bergamo fu un boato. Gian Mario Ruggeri non era uno qualsiasi, o meglio, era l’uomo un po’ in ombra di una delle famiglie più in vista, fratello da parte di padre di Ivan Ruggeri, l’ex presidente dell’Atalanta. 25 anni di differenza. Ivan gli aveva voluto un gran bene, l’aveva tenuto con sé a lavorare, da manager, nell’azienda di famiglia, la Ruggeri Polimeri. Poi il presidente, un burbero buono che per l’Atalanta voleva spendere ma mai spandere ed esagerare (15 anni alla guida, 10 in serie A, 5 in B), si ammalò: un’emorragia cerebrale a gennaio 2008, il coma profondo fino al decesso, il 6 aprile del 2013. Cinque anni di irreversibile calvario, il club ceduto a Antonio Percassi nel 2010, i figli Alessandro e soprattutto Francesca che lo sostituirono alla guida delle aziende di famiglia. E Jimmy? Anche lui rivestiva ruoli semiapicali, da manager. Ma, certo, con il suo stile, perché era uno che la vita la tirava per il collo: il vizio per la cocaina mai nascosto, le nottate in discoteca, niente matrimonio e relazioni durature, tante avventure da Don Giovanni. E poi, in azienda, era Jimmy l’uomo che giocava sul filo del rasoio, era finito in capo a lui un giro di frode fiscale, tanto che quindici giorni dopo l’omicidio avrebbe dovuto testimoniare in un processo a Vicenza, dove lui aveva già patteggiato.

Un giallo mai risolto, anche per il pm che quella mattina si presentò sul posto: Carmen Pugliese, una che sui delitti aveva sempre ottenuto risultati. Ma su Jimmy, il buio. Il suo profilo, le sue abitudini, i suoi vizi, in realtà racchiudevano già tutte le piste da seguire. Il mondo delle false fatturazioni: un vertice con la Procura di Vicenza non aiutò molto e negli anni successivi anche l’ipotesi su un possibile mandante, un uomo a capo di un giro di frode ingente tra le valli bergamasche e il lago d’Iseo, tramontò. A proposito di esecuzioni mafiose, tra l’altro, solo tre anni dopo, a maggio 2016, a Costa Volpino sparì nel nulla tale Fabrizio Garatti, un caso di «lupara bianca». Era un ex trafficante di droga che nel pollaio del padre nascondeva un milione in contanti e che negli ultimi anni si dedicava anche lui, con profitto, alle false fatturazioni. Non fu mai stabilito un legame tra i due casi.

Jimmy aveva debiti per la cocaina? Non erano mai emersi problemi di questo tipo, aveva sempre avuto le entrate per gestire i suoi vizi. È da considerare, infine, una coincidenza, il fatto che il delitto sia avvenuto cinque mesi dopo la scomparsa di Ivan Ruggeri, la vera anima delle fortune di famiglia? Per Jimmy era forse venuta meno una garanzia, una sicurezza agli occhi di nemici che sapeva di avere ma che fino a quel momento erano rimasti al loro posto: può essere, ma chi? Prima di essere ucciso, all’ex fidanzata Jessica Rota Gian Mario aveva rivelato, dopo una telefonata: «È una chiamata che non avrei mai voluto ricevere». È probabile che gli inquirenti abbiano saputo chi ci fosse all’altro capo del telefono, ma anche in quel caso, nulla è maturato. Come è stato anni dopo, quando la sorella Roberta, a Quarto grado, raccontò di nuovo tutta la storia di Jimmy. Arrivarono delle minacce, sempre al telefono: «Basta insistere con questa storia…». La chiamata era intestata alle utenze di un call center di Milano, ma la richiesta degli inquirenti di avere i tabulati arrivò in ritardo: tutti i dati erano già stati cancellati. 

«Sono emerse tante piste — commenta l’avvocato Bonomo, legale di esperienza —, ma nessuna ha portato a un risultato concreto». La Procura, dopo 12 anni con il fascicolo aperto senza iscritti, sarebbe pronta a chiedere l’archiviazione: «Possiamo sperare — aggiunge — che qualcuno abbia l’interesse a parlare, o che ci sia un collaboratore di giustizia, legato a quel mondo dal quale sono arrivati i killer, che possa smuovere qualcosa». «Abbiamo collaborato in ogni modo alle indagini, abbiamo fornito tutto il materiale e tutti gli spunti che potevamo — conclude Roberta Ruggeri —. Dopo una richiesta di archiviazione potremmo vedere gli atti e capire su cosa ha lavorato la Procura: anche allora tenteremo di dare una mano, cercheremo sempre la verità».

Jimmy indossava spesso gli occhiali scuri: così viene ritratto dietro Ivan e Giacinto Facchetti, a Bergamo, durante un’Atalanta-Inter. Sotto l’ala del fratello sedeva vicino ai personaggi più in vista del calcio italiano. Nell’ombra nascondeva un segreto, una realtà lontana dai riflettori, che gli è costata la vita a 44 anni.

23 agosto 2025 ( modifica il 23 agosto 2025 | 15:18)