Quando le buone intenzioni non riescono a collimare con le buone attuazioni o più semplicemente col buon senso. Questa è l’impressione che ne è uscita dalla sperimentazione del dispositivo di geolocalizzazione al recente Tour de Romandie Féminin, al netto dell’esclusione inflitta dall’UCI a cinque team che si sarebbero opposti a indicare il nome della ragazza deputata a partecipare a questo test. In mezzo a tutto il caos, siamo tornati sull’argomento ascoltando le parole di Alessia Vigilia, una delle atlete scelte a portare il device GPS.
Pochi grammi per il dispositivo GPS. Dopo il test-event al Romandia Femminile, verrà messo su ogni atleta al mondiale
Pochi grammi per il dispositivo GPS. Dopo il test-event al Romandia Femminile, verrà messo su ogni atleta al mondiale
Lato agonistico
La bolzanina della FDJ-Suez sta vivendo una stagione interlocutoria in cui si è sempre fatta trovare pronta, come per il Giro Women che non doveva correre e nel quale si è resa protagonista di qualche azione. Ora Vigilia sarà ancora impegnata, tra le tante gare, al Simac Ladies Tour, alle classiche italiane e alla Chrono des Nations. Invece al Romandia ha vissuto in prima persona anche la vittoria finale della compagna Elise Chabbey.
«E’ stata una corsa strana – racconta Alessia – perché è innegabile che l’impatto dell’esclusione di cinque formazioni per questa vicenda dei dispositivi si è sentito. Correre in 60 anziché in 90 fa la differenza. Tuttavia questo non toglie nulla alla gestione della gara da parte nostra. Elise ha vinto una tappa e poi il giorno successivo nell’ultima frazione ci siamo giocati il cosiddetto “all-in” per lei. Ed è andata alla grande.
«Siamo contente – continua – perché il successo del Romandia ci ripaga in parte di un Giro non andato come speravamo e di un Tour Femmes buono in cui ci siamo comportate bene, anche se avremmo voluto vedere la vittoria di Demi (Vollering, ndr). La vittoria di Elise ha dato un grande morale a tutte noi e personalmente sono davvero felice per lei perché era presente tutta la sua famiglia ad ogni tappa. Anche loro hanno contribuito al suo e nostro trionfo».
Vigilia ha contribuito alla vittoria di Chabbey al Romandie, ma l’esclusione di 5 team si è sentita nella economia della gara
Vigilia ha contribuito alla vittoria di Chabbey al Romandie, ma l’esclusione di 5 team si è sentita nella economia della gara
Scelta per il test
Strano è l’aggettivo che più accompagna questo Tour de Romandie della discordia. Vigilia ci fa ripercorrere in ordine la sua esperienza.
«Sulla chat telegram del CPA Women – spiega – il 7 agosto ci era arrivata la comunicazione della sperimentazione. Solo al termine della riunione della sera prima dell’inizio del Romandia abbiamo saputo che c’erano stati gli animi accesi. Abbiamo saputo che la riunione era andata per le lunghe, con diverse discussioni. L’UCI aveva lasciato la possibilità alle squadre di indicare una atleta fino al momento della partenza della crono della prima tappa. I nostri diesse quando sono tornati dalla riunione sono venuti da me dicendomi che avevano deciso di mettere sulla mia bici il tracker di sicurezza.
«Onestamente – prosegue Alessia – non ci ho visto nulla di male, anzi ero anche contenta di poter essere scelta o magari dare il mio contributo. So che le voci parlano di questioni politiche tra UCI e alcuni team. A me è spiaciuto vedere le atlete che hanno completato tutto il riscaldamento pre-crono e poi sono state bloccate proprio prima della partenza dai giudici. Di sicuro penso che comunque si sia verificata una situazione scomoda per gli organizzatori che non hanno visto alla partenza 30 atlete, oltre che per loro stesse».
Marturano è tornata in gara al Romandia dopo la brutta caduta al Giro Women. Anche lei scelta per il tracker GPS
Marturano è tornata in gara al Romandia dopo la brutta caduta al Giro Women. Anche lei scelta per il tracker GPS
Metti e togli
Vigilia non ha posto obiezioni, ha fatto il suo dovere di atleta, però è normale che a maggior ragione si sia fatta delle opinioni su questa sperimentazione.
«Ad ogni tappa – dice Alessia – c’era un addetto dell’UCI che mi applicava questo rilevatore GPS sotto la sella, inserito in un borsello col velcro simile ai kit per la forature. A me non è cambiato nulla perché era molto leggero. Non sembrava nemmeno di averlo, anzi in gara te lo dimentichi perché non si muove, senza avere il rischio di perderlo. Noi atlete cui veniva attaccato non avevamo responsabilità. Al termine della tappa poi te lo venivano a togliere».
Nessun riscontro
«So che qualcuno diceva che potesse rubare i nostri dati – va avanti Vigilia con tono divertito – ma io ridevo con Greta Marturano (l’atleta scelta per la UAE Team ADQ, ndr). Dicevamo che se anche fosse successo, eravamo poco preoccupate perché non avrebbero visto grandi valori. Battute a parte, questo tracker non si interfacciava in alcun modo col nostro computerino. Funzionava come un chip che rileva i tempi, dando però solo dati della localizzazione.
«Ecco, posso dire – sottolinea – che a noi atlete non hanno chiesto alcun riscontro dopo questa sperimentazione. A tutt’oggi, guardando tra email e canale telegram del CPA Women, non sappiamo se questo dispositivo abbia sempre funzionato, abbia funzionato come volevano i commissari dell’UCI o se esistesse una app in cui vedere se il nostro tracciamento è sempre stato visibile. Sappiamo che al mondiale in Rwanda tutte le atlete lo dovranno mettere, però forse servirebbe maggiore chiarezza quando si parla di sicurezza».
Quinty Ton e il suo device. Al momento non si hanno riscontri sulla riuscita dell’esperimento o funzionamento del dispositivo
Quinty Ton e il suo device. Al momento non si hanno riscontri sulla riuscita dell’esperimento o funzionamento del dispositivo
Nulla per scontato
L’impressione è che quando si parla di sicurezza non possa bastare il buon senso da parte delle istituzioni ciclistiche, soprattutto se negli ultimi anni sono accaduti episodi tragici. L’UCI non può dare per scontate certe situazioni e la assurda morte della povera junior Fuller al mondiale di Zurigo dell’anno scorso sembra non aver insegnato nulla a certi dirigenti.
«E’ giusto investire nella sicurezza – ribadisce Vigilia – perché c’è sempre qualcosa da fare in più o in meglio. Non spetta a noi stabilire come, ma sarebbe bello che gli organi internazionali ascoltassero molto di più noi atleti, visto che siamo quelli che salgono e corrono in bici. Al Romandia dello scorso anno ci fecero correre senza radioline per un’altra loro sperimentazione. E’ stato più inutile quello che invece attaccare un dispositivo di geolocalizzazione come qualche giorno fa.
Radioline sì
«Tutta la gente – conclude il proprio pensiero Alessia – pensa che noi atleti con le radioline siamo telecomandati dall’ammiraglia solo per una questione tattica. Invece nessuno ancora riesce a comprendere che ormai sono più le comunicazioni che ci vengono date per i pericoli anziché per il mero lato agonistico.
«E’ vero che noi su VeloViewer studiamo in anticipo tutto ciò che è presente sul percorso, ma è altrettanto vero che quando sei in gara nel massimo della concentrazione, spesso non riesci ad accorgerti di dove sei o ricordarti i punti pericolosi. L’anno scorso in Francia neutralizzarono una parte di una gara perché una improvvisa colata di fango aveva invaso la discesa e per fortuna via radio ci informarono di questo evitando possibili cadute o spiacevoli episodi».
Ad ogni tappa un commissario UCI metteva e toglieva il dispositivo inserito in un borsello e attaccato col velcro alla sella
Ad ogni tappa un commissario UCI metteva e toglieva il dispositivo inserito in un borsello e attaccato col velcro alla sella
Speranze future
Probabilmente andrà avanti a carte bollate la controversia tra l’UCI e i cinque team esclusi dal Romandia. La stessa gara, che quest’anno ha avuto qualche difficoltà ad essere allestita, potrebbe perdere l’attuale status WorldTour poiché non è partito il numero minimo di formazioni WorldTour.
E mentre tanto altro si starà muovendo senza che se ne abbia notizia, bisogna augurarsi che dalla rassegna iridata di Kigali in poi venga fatto qualcosa di davvero concreto in nome della sicurezza in corsa e per gli atleti. Magari mettendo da parte questioni e polemiche che talvolta appaiono personali e sterili.