ROMA – In tempi in cui il Servizio Sanitario Nazionale mostra ormai crepe profonde, l’arrivo di medici cubani in Calabria, Molise e Sardegna emerge come un deciso intervento d’emergenza. Ma conviene interrogarsi: questa operazione è un sollievo immediato o una distrazione dal vero problema, l’assenza di politiche a lungo termine per trattenere i professionisti formati nel nostro Paese?
Di fronte alla carenza ormai strutturale di camici bianchi, l’intesa tra la Regione Molise e l’Ambasciata cubana mira a colmare posti cruciali nei Pronto Soccorso e nei servizi 118. Questa mossa segue un modello già sperimentato in Calabria, dove i medici cubani operano da anni in molte province.
Il sindacato UGL Salute tuona: scorciatoia, non soluzione
Per Gianluca Giuliano, segretario nazionale di UGL Salute, l’importazione di medici cubani è «una soluzione tampone che non affronta i veri nodi della crisi della sanità pubblica». Diversi casi in Calabria — professionisti che non hanno fatto ritorno dalle ferie, altri passati al privato o emigrati all’estero — rivelano il cuore del problema: la mancata valorizzazione del personale sanitario italiano.
Secondo Giuliano, la risposta non può essere affidata a contingenti temporanei, ma deve passare attraverso contratti stabili, retribuzioni dignitose, migliori condizioni di lavoro e incentivi reali, per arrestare la fuga verso i sistemi sanitari esteri o il privato.
In parallelo, UGL insiste sull’importanza di un accordo tra Stato e Regioni che regolamenti l’accesso dei professionisti stranieri, garantendo la qualità delle cure e la sicurezza dei pazienti.
Il modello Calabria ha assunto contorni sistemici: nel gennaio 2025, erano già 325 i medici cubani in servizio, con altri 48 in arrivo tra maggio e agosto. Tuttavia, crescono anche le preoccupazioni sulle condizioni contrattuali: stando ad un’inchiesta e a interrogazioni parlamentari, ai medici cubani sarebbero applicate trattenute fino al 70% sullo stipendio dovute alla trattenuta effettuata da un’agenzia governativa di Cuba.
La scelta di ricorrere a medici cubani offre un sollievo immediato, quasi balsamico, alle ferite aperte del SSN. Ma è una soluzione che rischia di diventare una coperta corta, incapace di coprire i problemi reali: la carenza di personale stabile, l’insufficienza delle condizioni di lavoro e l’assenza di una visione di lungo termine.
Per dare futuro al nostro sistema sanitario pubblico, serve coraggio politico, investimenti concreti e il riconoscimento del valore dei professionisti che ogni giorno scelgono di restare, non una soluzione d’emergenza che, pur necessaria oggi, non può diventare la normalità di domani.