St. Moritz è lontana dalle spiagge di Ayia Napa, ma
guardando il film di Marina Xenofontos la distanza sembra accorciarsi. Non è
solo questione di geografia: il suo Overnight Coup Plan, vincitore del Best Art Film al St.
Moritz Art Film Festival, riesce a fare di una vicenda locale – la memoria
politica e sociale di Cipro – uno specchio che riflette inquietudini
universali, capaci di risuonare anche alle nostre latitudini. Proprio mentre in
Italia si discuteva del caso del gruppo Facebook «Mia Moglie», dove migliaia di
uomini condividevano immagini intime delle proprie compagne senza consenso, la
proiezione del film in Engadina ha assunto il valore di una riflessione
necessaria: come raccontiamo i corpi e la nostra quotidianità, chi decide cosa
è mostrabile, dove si colloca il confine tra intimità e sguardo collettivo?

Marina Xenofontos

Marina Xenofontos

La notte cipriota come metafora collettiva

Girato su pellicola 16mm e mini-DV, Overnight Coup Plan
segue un gruppo di ragazze che da Limassol si sposta verso Ayia Napa, una delle
capitali europee del turismo estivo, costruita accanto a una delle più grandi
basi militari britanniche. Quello che appare, all’inizio, è un semplice viaggio
adolescenziale: una notte tra locali, luci al neon, chiacchiere e gesti
ripetuti. Ma il film lavora in sottrazione, lascia emergere dalle pieghe del
quotidiano un sottotesto politico e storico.

«Mi interessava raccontare un’esperienza di crescita in un
luogo che porta addosso le tracce di una storia più grande», spiega Xenofontos.
«Ayia Napa è diventata una specie di parco giochi turistico, ma sotto le sue
strade c’è il ricordo del colpo di stato fascista del 1974 e dell’invasione
turca che ne seguì. Quella ferita non si è mai rimarginata. Volevo che i corpi
delle adolescenti portassero in sé questo doppio livello: la spensieratezza e
la malinconia, il presente e la memoria».

Il cinquantesimo anniversario del golpe incombe come una
presenza silenziosa, che non viene mai nominata ma che si sente negli spazi,
nei vuoti urbani, nei frammenti di architetture coloniali. La notte diventa
così allegoria: di un Paese diviso, di una generazione sospesa, di un’Europa
che costruisce identità sopra strati di oblio.

Il corpo filmato e lo sguardo

Uno dei punti di forza del film è il modo in cui tratta lo
sguardo, evitando la tentazione voyeuristica che spesso accompagna i racconti
sull’adolescenza. «Non volevo cadere nella spettacolarizzazione», racconta la
regista. «Gli attori non sono professionisti: sono ragazzi cresciuti in
famiglie legate all’arte, che conoscevano la mia ricerca e hanno accettato di
essere sé stessi davanti alla macchina da presa. Il set è stato pensato come
uno spazio sicuro, dove potessero esprimersi senza sentirsi oggetto».

Un passaggio fondamentale riguarda il consenso: nella
pellicola, in diverse occasioni, una delle protagoniste viene ripresa dai
telefonini, in situazioni più o meno compromettenti, creandole un forte senso
di disagio. «Per me è essenziale – insiste Xenofontos –. Anche come artista,
capita di voler fotografare o filmare senza chiedere, ma in questo lavoro ho
voluto che ogni immagine fosse frutto di una scelta condivisa. Il tema non
riguarda solo Cipro: lo vediamo ovunque, dall’uso dei cellulari alle relazioni
intime. E il rispetto del consenso è il punto di partenza».

Ed è qui che il film tocca da vicino l’attualità italiana.
Il caso «Mia Moglie», smascherato e chiuso pochi giorni fa, ha rivelato come la
violenza digitale possa diventare fenomeno di massa. Migliaia di uomini
convinti che fosse legittimo condividere foto delle proprie compagne senza
permesso hanno mostrato quanto fragile resti la cultura del consenso. Le
ragazze del film, che si filmano tra loro e giocano con la videocamera come
fosse un’estensione del corpo, sembrano anticipare queste contraddizioni: chi
possiede davvero le immagini? Chi decide cosa resta privato e cosa diventa
pubblico? «La tecnologia ha reso tutto più vulnerabile», osserva Xenofontos.
«Quando ero adolescente non c’erano smartphone, oggi ogni momento può essere
registrato e diffuso. Senza un’educazione al rispetto, anche un gesto intimo
può trasformarsi in un abuso».

Il parallelismo è evidente: in entrambi i casi, lo sguardo
diventa strumento di potere, e la mancanza di consenso trasforma l’immagine in
violenza. Se a Cipro i corpi delle protagoniste rivelano un’isola segnata da
basi militari e turismo predatorio, in Italia le cronache hanno mostrato come i
corpi delle donne possano essere ridotti a merce digitale, condivisi senza
scrupoli su gruppi social. Due contesti lontani, ma uniti dallo stesso
interrogativo: chi controlla le immagini e con quali conseguenze?

Tra documentario e finzione

Lo stile di Overnight Coup Plan oscilla tra realtà e
invenzione. Ci sono momenti che sembrano reportage – come le sequenze sul
traghetto o le passeggiate tra le rovine urbane – e altri che assumono i toni
del sogno, con immagini sfocate e ripetute, quasi a voler imprimere la
sensazione di un ricordo che si ricostruisce a frammenti.

«Non volevo girare un documentario classico», racconta
Xenofontos. «Ho usato diversi formati, collaborato con più direttori della
fotografia, mescolato stili e linguaggi. Quello che mi interessava era
restituire un’esperienza, non un racconto lineare. È un film che vive delle sue
incongruenze, perché anche la storia di Cipro è piena di incongruenze, di
verità sospese».

Il risultato è un’opera che riflette sul mezzo stesso: che
cosa significa filmare un paesaggio? Che valore ha un’immagine quando diventa
documento? E quanto resta, davvero, di ciò che non viene detto ma solo
percepito?

Un festival che ascolta

Che lo St. Moritz Art Film Festival abbia scelto di ospitare
un’opera così dice molto della sua identità. In pochi anni, lo SMAFF è
diventato uno spazio capace di far dialogare l’Engadina con il mondo, portando
in quota storie che raramente trovano spazio nei circuiti mainstream. Parlare
di Cipro qui, tra montagne e laghi, significa riconoscere che le ferite locali
sono ferite globali, e che l’arte può aprire varchi di comprensione.

«St. Moritz è un luogo particolare, quasi sospeso», dice
Xenofontos. «Vengo da Cipro, un contesto molto diverso, ma qui ho
trovato un pubblico pronto ad ascoltare. Il contrasto tra la mia storia e
l’ambiente alpino mi sembra perfetto: l’arte serve anche a creare contrasti, a
spostare prospettive».

Il futuro

Marina Xenofontos non si ferma. Dopo aver esposto a Londra,
New York, Napoli e Amburgo, ora lavora a un nuovo progetto: un videogioco
iniziato cinque anni fa che presenterà a Losanna, e altre opere che
continueranno a intrecciare linguaggi e media. «Per me – conclude – il cinema e
la scultura non sono mondi separati. Sono modi diversi per parlare della stessa
cosa: la memoria, le sue fratture, le sue omissioni. Overnight Coup Plan è solo
un capitolo di un lavoro che continua».

A St. Moritz, tra una proiezione e l’altra, resta
l’impressione che il film di Xenofontos ci riguardi da vicino. Cipro diventa
Svizzera, diventa Italia, diventa Europa, diventa ovunque ci sia un corpo
filmato senza consenso o una storia cancellata dalla fretta del presente.
L’arte, ancora una volta, non offre soluzioni, ma ci obbliga a guardare.