Francesca (nome di fantasia,ndr) è di nuovo incinta del compagno che la picchia: buoni spesa e cestini di alimenti. Amira ha già quattro figli e due nipotini di cui si prende cura, sia suo marito che lei sono disoccupati: pannolini e qualche affitto. Stefany ha già tre bambini da tre compagni diversi, è sola, ha problemi di salute mentale: cibo e biberon. Queste sono solo alcune delle centinaia di storie delle donne convinte dai Pro Vita piemontesi a non abortire. Per “superare le difficoltà economiche e sociali che potrebbero portarle all’interruzione di gravidanza”, le associazioni utilizzano il milione di euro finanziato con il Fondo Vita Nascente della Regione Piemonte (58.750 euro a onlus nel 2023): pagano canoni di locazione, qualche seduta da uno psicologo, elettrodomestici, latte in polvere e passeggini. Ma se le donne aiutate in un anno sono state 561, in media ognuna ha ricevuto 1.675 euro; secondo Federconsumatori, per mantenere un figlio servono tra i 7 e i 17 mila euro l’anno. Ogni anno.

L’Interruzione di gravidanza già prenotata

Ogni rendicontazione è diversa. C’è chi si sofferma maggiormente sulle storie delle donne, chi meno. Alcune onlus ammettono: quando l’abbiamo incontrata aveva già l’appuntamento per abortire. Come Sara, la ragazza accompagnata dalla cugina, già una figlia, sola, andata via da una Regione del Sud e tornata dai genitori per problemi con la famiglia della compagna: la promessa di aiuto e supporto morale l’avrebbero convinta; e poi fasciatoio, passeggino, integratori. Sono molti i casi di donne abbandonate dal partner, Gisella è figlia di una ragazza madre, la stessa famiglia d’origine ha problemi economici: attrezzatura e pannolini, va avanti con la gravidanza. Anche “Donna 22” aveva già prenotato l’Ivg, abbandonata dal compagno, va avanti con la promessa di sostegno materiale e morale: medicine, trio nuovo. “Donna 10” era già aiutata per la bimba di 8 mesi, il compagno è ludopatico, i pochi soldi scivolano via così, lui non accetta un aiuto, lei viene convinta per il rapporto di fiducia con la associazione. La parola fiducia tornerebbe, nelle rendicontazione, anche nella storia di Aisha, che aspetta il quarto figlio, ha grandi problemi economici e vive in un alloggio minuscolo: latte, pannolini, un canone d’affitto. Ma a tornare spesso è anche la parola “dubbio”, solitudine, monoreddito.

La nuova vita va accettata, anche se frutto di violenza

Un’associazione lo dice chiaro e tondo. Le “mamme”, nel percorso verso l’autonomia, sono accompagnate ad accogliere il loro bambino, ad accettarlo pienamente anche quando frutto di una violenza. Olga vive per strada, riceve quasi 10 mila euro di aiuti, tra cui il pagamento di hotel e perizia psichiatrica. “Donna n. 22” ha già tre figli, è italiana, riceve buoni spesa e cestini di alimenti; è sola perché il padre è stato allontanato dopo aver picchiato il più piccolo. Emma arriva alla onlus con il passaparola; ha una figlia di tre mesi e confessa di essere picchiata dal compagno. Non accetta di denunciarlo, ma assicura di averlo allontanato: qualche tempo dopo, la situazione sembra essersi normalizzata, ma lei ammette che il compagno si è riavvicinato. Poco dopo, è di nuovo incinta. La onlus da cui è sostenuta si direbbe rallegrata per questa nuova vita, ma preoccupata per il ritorno con l’uomo violento. Starebbero cercando di convincerla a denunciarlo. Come sottolinea uno dei Centri di aiuto alla vita che riceve le risorse dall’assessorato al Welfare, il Fondo da un milione di euro non sarebbe finalizzato al supporto sociale, ma al supporto alla maternità: l’obiettivo, quindi, è innanzitutto promuovere la vita di chi deve ancora nascere.

La maternità a tutti i costi

E così, un’altra associazione Pro Vita lo scrive chiaro e tondo: l’esperienza più significativa per una donna? La maternità. Anche se nei casi elencati maternità fa rima con lavoro in nero, disoccupazione, precarietà. Alessandra, 29 anni, ha già quattro figli piccoli, il marito è disoccupato: riceve tutto ciò che serve per una nuova gravidanza, dallo scalda biberon agli omogeneizzati. Nkechi ha già sei figli, aspetta il settimo, il padre ha un lavoro precario, riceve 4 mila euro tra babysitting e bollette. Tatiana è dubbiosa perché ha già tre bimbi tra i 4 e i 12 anni, ma secondo il Centro di aiuto alla vita non ci sarebbero particolari problemi ad accogliere un nuovo figlio, se non quelli economici. Aminata ha quarantacinque anni, arriva dalla Costa d’Avorio, ha già 4 figli e due nipotini in affidamento per la morte dei genitori; quando scopre di essere incinta entrambi sono disoccupati. A una famiglia in gravi condizioni economiche, oltre pannolini e affitti, verrebbe offerto un percorso di accettazione della creatura. Una giovane donna, Irina, vive in una roulotte: bassa scolarità, telefonate periodiche per il secondo figlio; arriva il terzo, è in confusione, ma lunghe chiacchierate la rasserenano.

Tra problemi di salute mentale e malattie debilitanti

Depressione, problemi di salute mentale, malattie fisiche debilitanti e già altri figli di cui prendersi cura. Imane ha 35 anni, origini marocchine, ha già tre bambini avuti da tre persone diverse e si sta separando anche dall’ultimo compagno; uno dei ragazzi ha problemi comportamentali, ma li avrebbe anche lei. Un’altra donna incinta è italiana, ha quasi 40 anni, è affetta da sclerosi multipla e colite ulcerosa, ha già un’altra figlia e l’aiuto può essere solo saltuario perché non ha un’automobile con cui raggiungere l’associazione. C’è poi una giovane che è stata espulsa dalla famiglia d’origine, si chiama Layla: ha subito violenza, il compagno è rimasto nel Paese del Nord Africa e arriva con problemi di salute fisica, malnutrita, depressa; riceverà supporto emotivo, spesa e affitti. Ma non c’è nazionalità che tenga. Perché anche Valentina ha seri problemi di salute, e di fatto è sola perché il compagno non partecipa alla gravidanza. I gravissimi problemi economici sono un filo rosso che collega tutte le storie. Irene riceve sostegno morale perché affetta da depressione, il marito non ha un lavoro e spesso torna dalla famiglia d’origine, ha già due figli: affitto, alimentari, prodotti per l’igiene.