VENEZIA – È tornato a disobbedire, come ai tempi delle Tute bianche e della militanza tra le fila del centro sociale Rivolta. La differenza è che allora le motivazioni dell’ex consigliere comunale Beppe Caccia, ora armatore e capomissione della Ong Mediterranea, erano prettamente politiche. Oggi, invece, a spingere l’attivista veneziano verso la ribellione sono ragioni umanitarie: il ministero dell’Interno infatti ha assegnato il porto di Genova per sbarcare i 10 migranti kurdi, iracheni, iraniani, egiziani e e siriani (tra cui anche tre minori non accompagnati di 14, 15 e 16 anni) salvati nella notte tra mercoledì e giovedì. La Ong, sottolineando le condizioni psicofisiche dei naufraghi, che a quanto riportato avevano urgenti bisogno di cure, hanno deciso di cambiare rotta verso il porto di Trapani. «I migranti sono duramente provati dalle condizioni di detenzione e da violenze e torture subite durante la permanenza in Libia, sono pesantemente traumatizzate dalle condizioni in cui è avvenuto il loro soccorso», hanno detto dalla missione.

APPROFONDIMENTI


Secondo quanto riferito da Mediterranea, infatti, il gruppo imbarcato con la minaccia delle armi, non appena partito dalla coste libiche avrebbe assistito alla «sparizione in mare di quattro compagni che viaggiavano con loro» e poi sarebbero stati «violentemente gettati in mare dai miliziani trafficanti che conducevano l’imbarcazione. Solo la prontezza e la competenza del nostro team di soccorso hanno evitato che anche le loro vite si perdessero in mare». «Il tentativo di imporre Genova per lo sbarco – dicono da Mediterranea Saving Humans – avviene senza che il Viminale tenga minimamente conto delle difficili condizioni psicofisiche dei dieci superstiti, come ampiamente attestato negli ultimi due giorni dal report e dalla certificazione individuale prodotti dallo staff medico di bordo». «È inumano e inaccettabile – aggiunge Caccia – che il ministero dell’Interno voglia costringere queste dieci persone a sostenere ancora tre giorni di navigazione (quanti mancherebbero ancora a Mediterranea per raggiungere Genova, ndr), esponendoli a inutili ulteriori sofferenze». 

CONSULENZA MEDICA

Il Cirm (Centro per il radio soccorso medico), struttura istituzionale consultata dall’Mrcc di Roma, dice l’ong, «ha confermato quanto attestato dai nostri medici di bordo: queste dieci persone devono sbarcare al più presto nel più vicino porto per ricevere a terra quelle ‘necessarie cure mediche e psicologiche’ che ovviamente non possono essere fornite in mare». Ieri mattina Caccia ha chiesto al Centro di coordinamento del soccorso marittimo di Roma la riassegnazione del più vicino porto sicuro per lo sbarco. «Siamo in attesa di una risposta da parte delle Autorità – conclude il capo missione Beppe Caccia – che tenga finalmente conto dello stato di estrema vulnerabilità delle dieci persone soccorse».

CAMBIO DI ROTTA

Ieri pomeriggio alle 16.16, mentre la nave si trovava al largo dell’arcipelago delle Egadi, la decisione di ignorare l’assegnazione del ministero. Una presa di posizione forte motivata dal peggioramento delle condizione di salute di alcuni dei naufraghi. «Non sussistono le condizioni di sicurezza per proseguire la navigazione, le persone devono essere sbarcate appena possibile». L’Ong ha atteso un’alternativa per quasi 14 ore (la comunicazione dell’assegnazione del porto di Genova era arrivata alle 2.35) e, non vedendo segnali, ha deciso di agire di propria iniziativa arrivando all’ingresso del porto di Trapani intorno alle 21. 

«Io e il comandante ci assumiamo la piena responsabilità di questa scelta – ha dichiarato lo stesso Caccia – la nostra prima e unica preoccupazione sono le condizioni delle persone a bordo. Non possiamo tollerare giochetti politici sulla pelle di dieci ragazzi che stanno male e devono essere curati. Che il governo se la prenda con noi, non con i naufraghi superstiti. Disobbediamo – conclude il capomissione di Mediterranea – a un ordine ingiusto e inumano del Ministero dell’Interno. Ma così facendo obbediamo al diritto marittimo, alla Costituzione italiana e alle leggi dell’umanità».