di
Lorenzo Cremonesi

Viaggio nella città simbolo ancora sotto il controllo delle forze di Kiev: «Qui vivono anche famiglie con bimbi, tornate perché stanche di vivere nel precariato dei centri per sfollati»

KRAMATORSK (DONBASS) – La novità più immediatamente visibile sono le reti antidrone. Arrivando da Kharkiv le incontri subito ai posti di blocco di Sloviansk: nere ragnatele che creano come dei tunnel ondeggianti sulle teste dei soldati di guardia. Ma le più massicce sono proprio quelle al ponte che immette nel territorio della municipalità di Kramatorsk. «Se sentite il ronzio nell’aria è già troppo tardi», scherza, ma non troppo, una sentinella. «Significa che il drone kamikaze russo vi ha già individuato e tra pochi secondi colpirà l’abitacolo. Non fanno più differenze tra veicoli militari e civili, mirano su tutto quello che si muove», mette in guardia.



















































                         UCRAINA-RUSSIA, LA GUERRA IN DIRETTA

Jammers

Dopo questo inquietante benvenuto non è difficile trovare la spiegazione alle antenne di ogni forma che stanno sui tetti delle camionette militari. Sino a un anno fa erano molto rare. Adesso spuntano da uno ogni due o tre veicoli. Sono i jammers, i dispositivi necessari a interferire nelle comunicazioni russe e mandare in tilt i radar dei droni. «Senza di loro non potremmo neppure avvicinarci alle prime linee», dice un autista del battaglione Azov. Segue una strada semivuota di traffico che immette nei quartieri delle periferie industriali, si vedono parecchi capannoni colpiti dalle bombe. Le fabbriche meccaniche Nkmz costruite in era sovietica sono invase dalle macerie, alcune fresche. Le sirene dell’allarme suonano di continuo, i pochi passanti non ci fanno caso, l’area del centro sembra ancora relativamente intatta.

Il diktat di Putin

Venire a Kramatorsk significa incontrare una delle località che in questo momento sta al cuore della guerra tra ucraini e russi. È la città più importante della parte del Donbass ancora controllato dal governo di Kiev, circa il 25-30 per cento della regione. Putin esige che diventi interamente russa in cambio di una parvenza di accordo di pace. In poche parole, gli ucraini dovrebbero abbandonare le linee che ancora difendono dal 2014. Il presidente Zelensky non ci sta e negli ultimi tempi si stanno combattendo furibonde battaglie che hanno portato le avanguardie russe a circa 16 chilometri dalle periferie orientali di Kramatorsk. Il rombo dei cannoni si è fatto più vicino. 

Chi non è fuggito

La città era abitata da oltre 200.000 persone prima dell’invasione voluta da Putin nel febbraio 2022. «Oggi ne sono rimaste 53.000, forse meno. Tanti sono anziani che non sanno dove fuggire. Ma ci sono anche famiglie con bambini, che se ne erano andate un anno fa e sono tornate perché hanno finito i soldi e sono stanche di vivere nel precariato dei centri per sfollati nelle regioni occidentali», dice Olena, una 73enne ex impiegata comunale che sa ancora tutto della sua città.

Il chirurgo parà

Vicino al supermercato principale incontriamo Sergei «il paracadutista», come lo chiamano i suoi colleghi all’ospedale militare. Ha 57 anni ed è chirurgo: cura i soldati feriti del Donbass dal 2 marzo 2022. «Le cose non vanno bene. I russi stanno attaccando con tutto quello che hanno. In questi ultimi giorni ricevo tanti feriti da schegge, che arrivano dalla zona di Kostyantinivka, dove stiamo fermando le infiltrazioni delle pattuglie nemiche. Però sia ben chiaro che il nostro fronte ancora tiene, resta solido. Sino a un mese fa operavo nella zona di Chasiv Yar, che però è stata evacuata assieme all’ospedale avanzato», racconta. A suo dire il momento più delicato per le fanterie è quando si muovono dalle loro posizioni. «I droni russi spiano i nostri tutto il tempo. Appena ci sono gli avvicendamenti attaccano con i droni. Un inferno anche per gli addetti ai rifornimenti». E cosa pensa della scelta eventuale di lasciare il Donbass a Putin in cambio della pace? «In apparenza sembra una cosa fattibile, persino ragionevole. Ma non lo è affatto. I russi si prenderebbero il nostro Donbass con facilità e poi tra pochi anni tornerebbero ad attaccare come hanno già fatto in passato». 

Mamma con bambini

Un ragionamento più articolato lo offre Natalia Zubko, una 53enne agente immobiliare madre di due bambini che 11 anni fa era sfollata da Donetsk invasa dai filo-russi armati da Mosca. «Nel 2014 sono scappata a Kramatorsk per tre motivi principali. Primo: ho visto come i russi trattavano male gli ucraini nelle zone occupate, umiliazioni, violenze e povertà. Secondo: nelle zone ucraine si vive molto meglio e in libertà. Terzo: detesto la dittatura russa e Putin per me è un criminale con le mani sporche di sangue, non lo riconoscerò mai come nostro presidente», dice con voce calma e determinata. Conseguenze? «Vedo che la guerra si sta avvicinando a Kramatorsk, nell’ultimo mese qui si sono intensificati i bombardamenti russi, se dovessi capire che il nostro esercito si ritira farei le valige una seconda volta e mi sposterei nelle province attorno a Leopoli». Andreyi, il suo vicino di casa quarantenne, sembra più ottimista. Racconta: «I russi non sfonderanno, avanzano troppo lentamente. Se ne parla forse tra un anno. Nel frattempo io non penso ad andarmene. Quando le bombe cadono più fitte mi nascondo nella vasca da bagno della mia casa al pianoterra e attendo che finisca». 

Libera uscita

Vicino ai ristoranti ancora aperti è facile parlare con i soldati in libera uscita. Tanti tra loro hanno affittato gli appartamenti abbandonati, le isbe delle campagne sono quasi tutte abitate ormai. «La tattica russa non cambia. Prima di mandare avanti le pattuglie delle fanterie bombardano a tappeto — spiega il 38enne Vitaly, aggregato agli ingegneri che operano con la 109esima brigata della difesa territoriale —. Almeno il 40 per cento degli edifici di Kostyantinivka è stato demolito o reso inabitabile: è la stessa tattica di Bakhmut e delle altre aree urbane conquistate. Mancano luce e acqua. Prima lo facevano con le bombe plananti e le artiglierie, ma da metà maggio attaccano con i droni. Sono colpi più accurati, che avvengono in maggioranza durante la notte. Noi quando usciamo dalle trincee siamo costretti ad azionare sempre sia i jammers centrali della brigata che quelli montati sui nostri mezzi, altrimenti è un suicidio. Le strade sono ingombre di veicoli ucraini distrutti». Anche Andry, un ufficiale 29enne del battaglione Azov, parla con crudo realismo: «Non mi faccio illusioni. Lentamente, molto lentamente, i russi stanno avanzando nel Donbass. Forse lo prenderanno tutto prima o poi. Ma noi dobbiamo combattere, non ci sono alternative. Resistere e sperare negli aiuti dei nostri alleati».

25 agosto 2025 ( modifica il 25 agosto 2025 | 07:36)