Definire Marc Marquez un ‘Cannibale’ rappresenterebbe un cliché, una frase fatta, lontana dalla verità. Perché ‘Cannibale’ è colui che mangia i propri simili e Marquez, di simili, non ne ha. O meglio, non ne ha attorno a sé. I suoi simili o hanno lasciato questa Terra (John Surtees e Mike Hailwood), o si godono la pensione (Giacomo Agostini, Eddie Lawson, Mick Doohan) o corrono in altri ambiti (Valentino Rossi).
Sono questi i simili di Marquez, ultimo dei “Magnifici Sette” della storia del Motociclismo. Sette, un numero ricorrente. Perché il settimo titolo nella classe regina è ormai cosa fatta e perché ha inanellato sette back-to-back consecutivi tra Sprint e Gran Premi, una sequenza impressionante, ma fortemente voluta. Perché per conseguire alcuni successi ha dovuto prendersi i suoi rischi, come accaduto ieri.
El Trueno de Cervera non è un Cannibale. Semmai è il Crono della mitologia greca e il Saturno di quella romana. Il Titano che divorava i suoi figli. È esattamente quanto sta facendo il trentaduenne catalano, fortunatamente solo in senso simbolico e concettuale, poiché il suo rendimento nel 2025 sta inevitabilmente spolpando la consistenza dei titoli di chi gli è succeduto al trono. Almeno provvisoriamente.
Non è normale quanto sta facendo Marquez. Lo ha detto lui stesso. Si riferiva alla sequenza di 14 vittorie consecutive tra Sprint e GP, ma in realtà è un concetto valido in generale. Non è normale tornare a vincere un Mondiale dopo sei anni nel modo in cui lo sta vincendo. Portando letteralmente a scuola tutti i rivali più giovani (e in salute).
Francesco Bagnaia è stato il più grande interprete che Ducati abbia avuto nell’epoca corrente. Tra il 2021 e il 2024 ha conquistato due Mondiali ed è stato due volte vice-Campione. Jorge Martin è stato il solo a tenere un rendimento comparabile, almeno nell’ultimo biennio, con un titolo vinto e un altro sfiorato.
Tuttavia, né l’uno né l’altro hanno saputo fare quanto realizzato da Marquez. Neppure se li si mette assieme! Anche cercandola, non si trova una serie di 7 weekend di fila in cui Pecco e Martinator si sono spartiti tra loro Sprint e Gran Premi.
Non basta derubricare questa supremazia con il cliché “ha la moto migliore”. Certo, MM93 ce l’ha, nessuno lo mette in dubbio. Cionondimeno, sta parlando una lingua che conosce lui solo. Quella dei Titani del Motomondiale, forgia di cui lui è legittimo rappresentante, a differenza di chi lo circonda attualmente e deve ancora dimostrare di potersi elevare alla medesima statura. Sempre che possa riuscirci.