Roma. Il ministro Schillaci? Un tecnico perbene e competente ma circondato da persone che gli fanno imboccare delle strade politiche che danneggiano l’Italia. Walter Ricciardi, direttore dell’Istituto di Igiene e Sanità pubblica all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ex presidente dell’Istituto Superiore di Sanità e consigliere di Roberto Speranza quando era lui a ricoprire il ruolo di ministro della Salute durante la complicata fase del Covid, mette in guardia dai rischi che la politica può compiere se si occupa di questioni tecniche come i vaccini.

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È diventato un caso l’azzeramento del comitato vaccini da parte del ministro Schillaci. È stata una scelta giusta?
«Il Nitag è una commissione tecnica. Deve essere composta solo da persone competenti che supportino il ministro in decisioni che sono complesse. È necessario che la selezione dei componenti rispetti questi criteri, quindi ha fatto bene il ministro a correre ai ripari perché quelle due persone non erano all’altezza né in termini di competenza né di professionalità».

Il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini ha accusato il ministero dicendo che qualcosa non funziona se un ministro firma delle nomine e poi fa marcia indietro. Che ne pensa?
«Penso che quello che non funziona nel ministero sia stato prendere alcune decisioni in materia di politica sanitaria come non aver votato il piano pandemico o essersi astenuto insieme con Russia e Iran a maggio quando l’Oms ha adottato un nuovo accordo sulle pandemie che contiene norme giuridicamente vincolanti che affrontano le carenze nella capacità globale di affrontare le emergenze sanitarie emerse durante la pandemica di Covid. Sono scelte non tecniche che isolano l’Italia».

Ma, secondo lei, il ministro Schillaci poteva non conoscere le posizioni dei componenti del Nitag?
«Conosco il ministro Schillaci da molto tempo. È una persona perbene, competente nel suo campo, molto professionale e valido. Anche accademicamente ha espresso al meglio le sue capacità. Come ministro mi sembra circondato da persone che gli fanno imboccare delle strade che, quando non sono tecniche ma politiche, porterebbero l’Italia verso l’isolamento internazionale nel caso in cui si verificasse una pandemia».

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Insomma, il ministro si fa condizionare dalla politica. E, nel frattempo, la Lega vorrebbe andare oltre e abolire l’obbligo vaccinale.
«Quando la politica entra in decisioni tecniche e scientifiche si creano problemi seri. L’introduzione dell’obbligo fu deciso nel 2017, nel momento in cui l’Italia era diventata un paria a livello internazionale. Eravamo il secondo Paese dell’Ue per l’aumento dei contagi, c’erano Paesi che minacciavano di lanciare un allarme internazionale chiedendo di non venire in Italia. Si è dimenticato che le coperture vaccinali sono risalite solo grazie alla legge, mettendo in sicurezza molti bambini. Purtroppo i vaccini non vengono trattati in quanto argomento tecnico e questo confonde i cittadini, li porta a prendere le distanze e quindi a mettere in pericolo la popolazione, in particolare chi è più debole. Lo stesso sta avvenendo negli Usa dove la politica detta le regole e si stanno creando seri problemi dal punto di vista sanitario».

La Lega sostiene che l’obbligo presente in Italia sia un’eccezione.
«Assolutamente no. Anzi, dopo che abbiamo reintrodotto l’obbligo vaccinale ci hanno seguito francesi e tedeschi, e persino gli inglesi hanno cominciato a rivedere le loro posizioni».

La disinformazione colpisce ancora?
«Insisto: si tratta di argomenti tecnici che necessitano di persone che studino con serietà e continuità».

Che cosa accadrebbe se venisse cancellato di nuovo l’obbligo vaccinale?
«In questo momento stiamo già rischiando perché il numero di casi di morbillo è di nuovo in forte aumento. Se non esistesse l’obbligo torneremmo alle cifre precedenti al 2017 con migliaia di casi l’anno e morti».

Invece l’Italia si divide sul Nitag e, per evitare di alimentare uno scontro poco opportuno alla viglia della campagna elettorale per le regionali, il governo potrebbe anche decidere di fare a meno del comitato. Che cosa accadrebbe in questo caso?
«Il Nitag è un organismo tecnico che si occupa di vaccini, un tema difficile da seguire. A comporlo devono essere persone adeguate che abbiano le migliori competenze scientifiche per essere in grado di portare al ministro, nel momento in cui deve prendere una decisione, le evidenze scientifiche più aggiornate. Se il Nitag non fosse nominato, il ministro agirebbe senza questo supporto su una materia complessa, quindi con la possibilità di compiere errori».

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Che influenza avrebbero potuto avere sulle decisioni del ministro i due componenti che hanno portato all’azzeramento del comitato?
«A prescindere dal problema creato dall’aver espresso in modo plateale posizioni scettiche sui vaccini, si tratta di persone che non hanno competenze in materia, non hanno fatto studi, non hanno pubblicato su riviste serie. Persone di questo tipo in un contesto scientifico in cui sono richieste competenza e professionalità, sono semplicemente fuori luogo».