Prima missione, primo fermo. A due giorni dall’arrivo a Trapani, dove Mediterranea, la nuova nave dell’omonima ong, è approdata sabato dopo aver disobbedito all’ordine di raggiungere Genova, è arrivato il blocco deciso dal Viminale. Ancora non è chiaro per quanto la nave rimarrà ferma in porto: al durata del fermo, come l’entità della multa saranno decise e comunicate dal prefetto nei prossimi cinque giorni. “Un provvedimento osceno”, per la presidente dell’ong Laura Marmorale, “nel quadro attuale, alla luce di quello che abbiamo assistito nella Sar libica, cioè una vera e propria escalation di provocazioni e violenze da parte di milizie finanziate e addestrate anche dal governo italiano, ancora meno accettabile”, sottolinea il capomissione Beppe Caccia.

Insieme al comandante Pavel Botica, dopo aver ripetutamente chiesto la riassegnazione del porto di sbarco alla luce delle precarie condizioni dei naufraghi,nei giorni scorsi hanno deciso di fare rotta verso il porto sicuro più vicino per questioni di sicurezza. “Salute, cura e diritti delle persone per noi saranno sempre una priorità”, aveva spiegato Caccia.

Nella decisione, ha pesato anche la certificazione Rina, l’ente internazionale di classificazione delle navi, che impone a Mediterranea di non superare le 200 miglia dal punto in cui il soccorso è stato effettuato. Indicazioni – hanno confermato dalla Germania, che è Stato di bandiera – che il comandante deve tenere in considerazione, pena l’obbligo di affrontare a titolo personale la responsabilità di qualunque cosa succeda a bordo, a naufraghi o equipaggio. E per il comandante Botica le condizioni per affrontare in sicurezza altri tre giorni di navigazione non c’erano.

A dimostrarlo, anche il malore che uno dei ragazzini soccorsi e sbarcati la notte di sabato a Trapani – ha avuto non appena ha toccato terra. Lui e gli altri, fra cui tre adolescenti di 14,15 e 16 anni, nella notte fra mercoledì e giovedì sono stati letteralmente tirati fuori dalle onde. In piena notte, gli uomini alla guida del motoscafo militare su cui viaggiavano, li hanno scaraventati in acqua per poi allontanarsi a tutta velocità e solo per miracolo i team di soccorso sono riusciti a rintracciarli tutti fra onde alte più di un metro e mezzo.

“Fermano noi, ma collaborano con quelle milizie che in Libia sono responsabili di ogni genere di abuso e violenza nei campi di detenzione e, in mare – , attacca Marmorale – sparano addosso alle navi umanitarie come avvenuto ieri contro la Ocean Viking. E in Italia sanzionano chi soccorre”. La nave di Sos Méditerranée, adesso in rotta verso Siracusa anche per riparare i gravi danni subiti, è stata attaccata da una motovedetta della Guardia costiera libica a colpi di armi da fuoco. Per oltre venti minuti, Ocean Viking è stata colpita da raffiche di mitra sparate ad altezza d’uomo, che solo per miracolo non hanno provocato feriti, o peggio morti. Nei giorni precedenti, anche Mediterranea era stata prima circondata e minacciata da otto motovedette, gommoni e motoscafi libici, poi marcata a uomo da una motovedetta, che l’ha seguita per oltre trenta ore.

“Quello che sta succedendo è evidente a chiunque ne faccia una lettura in buona fede”, ragiona Beppe Caccia. “Una serie di elementi – tra il rilascio e il rimpatrio di Almasri e i continui viaggi e incontri di Piantedosi e Meloni a Tripoli – hanno creato un clima di impunità in cui sguazzano queste milizie, che pensano di poter fare qualsiasi violazione certi della protezione del governo italiano. Che siano sanzionate le navi di soccorso, è un totale rovesciamento della realtà e dei valori”