(di Luciano Fioramonti)
Una Violetta Valèry sola fino alla
fine che vede svanire il sogno di ”essere amata amando” dopo
una vita di rapporti basati soltanto sul denaro. La Traviata
muore senza nessuno accanto su un letto d’ ospedale, a
sostenerla non c’ è il suo Alfredo, che è a distanza da lei
accanto al padre. Una grande Corinne Winters ha dato voce e
corpo alla protagonista del capolavoro verdiano del 1853,
ispirato alla Signora delle Camelie di Alexandre Dumas figlio,
messo in scena al Caracalla Festival dalla regista Sláva
Daubnerová. Nonostante una leggera indisposizione, il soprano
americano ha voluto calcare il palco delle magnifiche Terme
regalando al pubblico della prima una prova notevole anche per
le sue capacità di attrice intensa e appassionata, già
applaudite nella capitale in Madame Butterfly al Circo Massimo
nel 2021, e poi in Dialogues des Carmelites e Káťa Kabanová,
fino alla più recente Suor Angelica lo scorso aprile. La Parigi
che fa da sfondo al dramma è solo evocata nel debutto italiano
della regista slovacca, apprezzata per le sue visioni molto
concentrate sul tema della femminilità. Qui, più che l’ amore
tormentato tra Violetta e Alfredo, è la morte il tema centrale,
‘spoilerato’ già nel preludio dall’ entrata in scena di medici e
infermieri e da una lettiga con il corpo della protagonista
coperto da un lenzuolo. L’ esito tragico è scandito
continuamente, dal ballerino che simboleggia la morte alle due
danzatrici nel ruolo di cigno bianco e cigno nero, al brindisi
del celebre ‘Libiamo…’ – che procede con un ritmo più lento
rispetto al brio che ci si aspetterebbe da un invito a godere
dei piaceri della vita – ai personaggi che sfilano come in un
corteo funebre, alle zingarelle-veggenti qui velate di nero,
all’ enorme busto di donna senza testa che incombe sulla scena e
alla fine si apre per accogliere il letto dell’ addio alla vita
della protagonista. L’ impressione è che si sia voluto caricare
il racconto di momenti simbolici a volte trascurabili. come il
riferimento all’ asta dei beni messi messi in vendita dopo la
morte nel 1847 della giovane prostituta morta di tisi, alla
quale Dumas restò legato quasi un anno e che gli ispirò la trama
del romanzo. ”Violetta è l’archetipo della donna ‘caduta’ – ha
spiegato Daubnerová -. Anche il rapporto romantico ed erotico
con Alfredo è un ultimo tentativo si sottrarsi alla morte, un
istinto basilare che lega eros e thanatos”.

   
Tra gli interpreti ha spiccato il Germont di Luca Micheletti.

   
Meno convincente è parso il tenore polacco Piotr Buszewski nel
ruolo di Alfredo. Alla fine, applausi per tutti, al coro
istruito da Ciro Visco, alla regia e al direttore Francesco
Lanzillotta sul podio. Anche in questa occasione però, dopo
Resurrezione alla Basilica di Massenzio e West Side Story alle
Terne, la nota davvero negativa resta l’ amplificazione
assolutamente non all’ altezza di produzioni tanto impegnative
che non rende giustizia ai cantanti e all’ orchestra con l’
appiattimento e lo squilibrio di voci, sfumature, dinamiche e
colori. Si sa che all’ aperto tutto risulta più difficile ma si
può fare sicuramente molto meglio. La Traviata avrà cinque
repliche: il 23 e 27 luglio, il 1°, 2 e 3 agosto. Il 1° e 3
agosto Violetta è interpretata da Hasmik Torosyan e Alfredo da
Oreste Cosimo. Il 27 luglio e il 2 agosto Germont è Gustavo
Castillo. Le coreografie di Ermanno Sbezzo sono interpretate da
Alessio Rezza e Michele Satriano (la morte), Alessandra Amato
(cigno nero), Federica Maine (cigno bianco) e dal Corpo di Ballo
del Teatro dell’Opera di Roma.

   

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