In questo scampolo di agosto è legittimo avere di meglio da fare che andare al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini. Ma fino a pochi giorni fa il programma del festival riportava la presenza del ministro della salute, Orazio Schillaci, all’incontro «La salute, un bene per tutti» previsto per le 17 di ieri. Invece a Rimini Schillaci non ci è andato, si è limitato a inviare un video-messaggio. È rimasto a bocca asciutta il capannello dei microfoni pronto a carpire ogni sfumatura nelle dichiarazioni di Schillaci sul suo delicato rapporto con Giorgia Meloni e la sua maggioranza.
Nessun incontro chiarificatore tra premier e ministro si è tenuto dopo il pasticciaccio ferragostano del Nitag, il comitato tecnico sui vaccini varato e poi revocato in blocco per la presenza di Paolo Bellavite e Eugenio Serravalle, gradita al mondo no vax e invisa alla comunità scientifica. Lega e Fratelli d’Italia (ma non Forza Italia) hanno protestato contro la sottomissione al «diktat dei ricercatori», e anche membri di peso dell’esecutivo come il vicepremier Matteo Salvini e il capodelegazione Fdi a Palazzo Chigi Francesco Lollobrigida hanno attaccato il collega. Sul destino di Schillaci pesa soprattutto la puntualizzazione di Giorgia Meloni, che ha descritto la revoca come una «scelta non concordata». La sindrome di Stoccolma ha spinto l’opposizione a difendere il ministro, nonostante le critiche alla sua gestione della sanità pubblica fino a ieri si sprecassero. Se il ministro è ancora al suo posto deve però ringraziare l’allergia della premier a un avvicendamento che scatenerebbe gli appetiti dei partiti della maggioranza e condurrebbe inevitabilmente a un rimpasto e a un Meloni bis. Al meeting è intervenuto il fedelissimo Galeazzo Bignami fornendo la versione ufficiale per calmare le acque: «Il ministro deve continuare a pensare a fare bene». Lo scontro quindi è congelato almeno fino alla nomina del Nitag 2.0, rinviata a un vaghissimo «settembre». Schillaci a Rimini avrebbe potuto riaprire i giochi a mezzo stampa.
Invece, ha preferito attendere il prossimo incontro con la premier, verosimilmente la riunione del Consiglio dei ministri di giovedì. Come se non bastasse, nell’ultimo Cdm di inizio agosto era rimasta in sospeso un’altra questione divisiva che andrà riaffrontata: lo scudo penale per i medici, richiesto a gran voce dall’Ordine dei medici. Darebbe un taglio alla «medicina difensiva», gli esami inutili prescritti per evitare possibili cause da parte dei pazienti con uno spreco stimato in 10 miliardi. Schillaci caldeggia lo «scudo» e una bozza di ddl è pronta. Ma non ha convinto la premier e i ministri leghisti, che non vogliono passare per difensori della «casta» dei camici bianchi. Risultato: discussione aggiornata a dopo la pausa estiva. La riunione di giovedì si annuncia complicata.
Nell’intervento virtuale, il ministro ha girato al largo dai temi spinosi. Ha ribadito che per la sanità nel 2026 ci saranno «ulteriori risorse» oltre ai 4 miliardi già previsti in legge di bilancio. Per le cifre reali bisognerà però attendere il Documento programmatico da trasmettere all’Europa a metà ottobre. Schillaci ha anche annunciato un accordo con i medici di base, che garantiscono la presenza nelle case di comunità 7 giorni su 7 per 12 ore al giorno. Quanto alle liste d’attesa, ha riferito «un miglioramento medio del 21,3%» nell’erogazione delle «prestazioni prioritarie».
Non una parola sui vaccini. «È la conferma che la questione del Comitato Nitag è incandescente e il governo, come sempre in queste circostanze, tenta di nascondersi» commenta la vecchia volpe Osvaldo Napoli, che dopo mezzo secolo e quattro legislature passate nel centrodestra oggi milita nella segreteria di Azione. Al ministero della salute invece negano ogni relazione tra l’assenza di Schillaci e le spaccature della maggioranza: «il video-messaggio era stato concordato giorni fa e anche l’anno scorso il ministro era intervenuto con la stessa modalità».