di
Danilo Taino

Il 31 agosto e il 1 settembre si terrà la riunione annuale della Shanghai Cooperation Organisation, con cui Pechino proverà a segnalare che l’egemonia americana sta svanendo. Prima di far sfilare – il 3 settembre – le sue truppe

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Chissà se Donald Trump registrerà tra i suoi successi anche il summit che si aprirà a giorni in Cina. Forse dovrebbe, in fondo è grazie a lui se l’incontro si prospetta come un notevole successo internazionale. Il solo guaio è che il 31 agosto e il 1° settembre a Tianjin non ci sarà lui, non ci saranno americani, nemmeno europei: solo leader del cosiddetto Sud Globale, più Vladimir Putin, più il segretario generale dell’Onu António Guterres e parecchi altri a segnalare che l’egemonia americana sta svanendo. 



















































Si tratterà della riunione annuale della Shanghai Cooperation Organisation (Sco), un’entità voluta più di vent’anni fa da Pechino che quest’anno è diventata importante perché mostrerà al mondo almeno due cose: che gli Stati Uniti rischiano seriamente di essere isolati, per scelta loro, nel panorama internazionale; e che la Cina di Xi Jinping è al centro di un gruppo di Paesi eterogeneo ma determinato a opporsi alle politiche unilaterali di Washington. Xi terrà un discorso che si prospetta rilevante: criticherà, forse senza citarlo, il presidente americano, ma in cuor suo lo ringrazierà per il favore che gli fa irritando il mondo. Più di una ventina di leader ascolteranno le sue parole e, chi di loro vorrà, potrà fermarsi un paio di giorni in più per assistere alla grande parata militare che si terrà a Pechino il 3 settembre.

La Sco è nata ufficialmente nel 2001 come incontro tra Paesi asiatici sui temi della Sicurezza. Si è via via rafforzata, ora discute un po’ di tutto per quel che riguarda la cooperazione internazionale e l’incontro di fine mese sarà il più rilevante da quando l’organizzazione esiste: diplomazia in azione a tutti i livelli, sotto gli auspici della leadership di Pechino. 

Gli oltre venti capi di governo e i dieci capi di organizzazioni internazionali discuteranno sulla traccia annunciata dall’assistente ministro degli Esteri cinese Liu Bin: «Nel mondo di oggi, vecchie mentalità di egemonismo e di politiche di potere hanno ancora influenza, con certi Paesi che cercano di imporre i loro interessi agli altri Paesi, minacciando seriamente la pace e la stabilità». Giusto per non citare Trump per nome.

All’ombra di questa impostazione “cinese”, assieme a Xi discuteranno tra gli altri Putin, il primo ministro indiano Narendra Modi (che non andava in Cina da sette anni), il presidente iraniano Masoud Pezeshkian, non si sa ancora chi dalla Turchia, i leader di Malesia, Indonesia, Vietnam, Bielorussia, Kazakistan e altri. Sarà difficile definire la riunione un «asse del male»

Dopo la praticamente certa vittoria diplomatica, Pechino mostrerà anche i muscoli: la parata militare del 3 settembre, per l’ottantesimo anniversario della fine della Seconda guerra mondiale in Cina, si annuncia come la maggiore presentazione mai fatta degli avanzamenti cinesi in campo militare; a 360 gradi, cielo, mare e terra. Trump e noi europei la potremo vedere in tv. 

26 agosto 2025