Martedì è stato reso noto il risultato di una seconda perizia psichiatrica su Alessia Pifferi, la donna condannata all’ergastolo a maggio del 2024 per aver lasciato morire di stenti la figlia di 18 mesi nel luglio del 2022: come la prima perizia, anche questa ha stabilito che Pifferi è capace di intendere e di volere.
Il processo di primo grado si era soffermato molto sulle capacità cognitive della donna, dopo che due psicologhe del carcere di San Vittore, dove era detenuta, avevano sostenuto che Pifferi avesse un quoziente intellettivo troppo basso per comprendere le conseguenze delle proprie azioni. Il pubblico ministero Francesco De Tommasi aveva contestato quelle conclusioni e la buona fede delle due psicologhe, e con metodi contestati e inusuali aveva aperto un’indagine a loro carico per falso ideologico.
Entrambe le perizie sono state commissionate dai tribunale di Milano durante i processi di primo grado e di appello, su richiesta della difesa di Pifferi. I suoi avvocati sostengono che Pifferi abbia un ritardo cognitivo e che dovrebbe essere processata per abbandono di minore e non per omicidio volontario aggravato (il reato per cui è stata condannata). Per questo avevano fatto ricorso in appello.
– Leggi anche: Il caso di Alessia Pifferi, dall’inizio