Tuttavia, la realtà si è rivelata più complessa. Molti interventi sono stati effettuati in reparti con poca o nessuna esperienza neurologica, inclusi chirurgia generale e plastica. In alcuni casi, le diagnosi non erano nemmeno confermate con test neuropsicologici standardizzati, sollevando preoccupazioni sulla correttezza dei trattamenti effettuati. Anche le valutazioni post-operatorie sono risultate spesso aneddotiche, basate su impressioni soggettive dei familiari piuttosto che su dati clinici rigorosi.
Invecchiamento e record di malati in Cina
Il tema è molto sentito in Cina. Con oltre 10 milioni di persone affette da demenza – la maggior parte delle quali con diagnosi di Alzheimer – si tratta attualmente del Paese con il più alto numero di casi al mondo, e le stime indicano che la situazione potrebbe peggiorare drasticamente nei prossimi decenni.
Il rapido invecchiamento demografico è il principale fattore alla base della diffusione dell’Alzheimer in Cina. Secondo i dati ufficiali, nel 2020 circa 264 milioni di cinesi avevano più di 60 anni (quasi il 19% della popolazione), una cifra che potrebbe salire a oltre 400 milioni entro il 2050, rappresentando più del 30% del totale. L’Alzheimer colpisce prevalentemente le persone oltre i 65 anni, il che rende il fenomeno particolarmente allarmante per il sistema sanitario cinese.
Le implicazioni della malattia non sono solo sanitarie, ma anche sociali ed economiche. Secondo uno studio pubblicato su The Lancet Public Health, i costi legati alla demenza in Cina – tra spese mediche, assistenza e perdita di produttività – hanno superato i 160 miliardi di dollari all’anno e sono destinati a raddoppiare entro il 2030. La gestione dei pazienti ricade in larga parte sulle famiglie, spesso impreparate e prive di supporto formale.
L’effetto “bandwagon”
Sul fronte dell’assistenza, la Cina è ancora lontana da una copertura adeguata: gli psichiatri e neurologi specializzati in demenza sono pochi, così come le strutture di assistenza residenziale per anziani con malattie neurodegenerative. Nelle aree rurali, la situazione è ancora più critica, con servizi ancora molto farraginosi, mentre nelle grandi aree urbane e zone costiere l’ìinnovazione ha raggiunto livelli impressionanti, con un ecosistema biotech altamente sviluppato.
Ecco perché in molti speravano che la LVA fosse la strada. Ma molti neurologi e neurochirurghi si sono detti preoccupati per la mancanza di basi scientifiche del trattamento. “Non si può semplicemente dire: ‘Sono bravo a suturare i vasi sanguigni, quindi posso farlo’”, ha affermato Ling Feng, capo neurochirurgo presso l’ospedale Xuanwu della Capital Medical University. Secondo lui, la procedura, se non correttamente eseguita o indicata, rischia di essere un danno travestito da cura.