Quattro rottamazioni in meno di dieci anni, 33 miliardi di euro effettivamente incassati e 47 miliardi mai versati. È la fotografia impietosa della Corte dei Conti che arriva dopo le nuove promesse da parte del governo per la rottamazione quinquies. I numeri presentati sollevano dubbi sull’efficacia delle definizioni agevolate usate come strumento di politica fiscale.
Dai dati, infatti, sembra emergere che lo Stato sì riesca a recuperare gettito, ma gli inadempienti sono più di quelli che pagano. Questo per il ben noto “gioco” dei cosiddetti furbetti: molti contribuenti usano la rottamazione per guadagnare tempo, versando solo la prima rata per poi sparire.
I numeri delle rottamazioni: a chi conviene
Dal 2016 a oggi le rottamazioni fiscali si sono ripetute con cadenza quasi biennale, ma i risultati, come evidenzia la Corte dei Conti, restano deludenti. Il sistema che ne emerge è utile a recuperare delle cifre, ma non agevola del tutto la riscossione.
Andiamo ai numeri. La prima definizione agevolata, varata nel 2016, prevedeva entrate per 19,6 miliardi ma ne sono stati incassati solo 9,2, mentre 10,5 sono andati persi. Con la seconda, la cosiddetta “bis” del 2017, lo Stato attendeva 9,3 miliardi, ma ne ha visti arrivare poco più di 3. Tradotto: quasi il 70% è rimasto insoluto.
La “ter”, nel 2018, prometteva 29,3 miliardi, ma ne sono entrati appena 8,5, mentre 19,5 non sono mai arrivati nelle casse pubbliche. Infine la “quater”, avviata nel 2022 e ancora in corso, segna al 2024 incassi pari a 12,2 miliardi, ma già 11,2 miliardi di rate sono state saltate.
Il “gioco” dei furbetti
Il meccanismo è ben noto, ma non scoraggia molti dal praticarlo. Alcuni contribuenti, troppi se si considerano i numeri riportati, aderiscono alla rottamazione solo per guadagnare tempo. Pagano la prima rata e poi smettono, bloccando nel frattempo pignoramenti, fermi amministrativi e ipoteche. Per la Corte dei Conti è un vero e proprio uso “strumentale e dilatorio” delle definizioni agevolate.
Il risultato è duplice, perché da un lato lo Stato incassa qualcosa e lo strumento viene visto come “utile”, ma dall’altro cresce l’idea che non pagare subito convenga, perché una nuova rottamazione arriverà sempre a sanare, in parte, il debito. Non è un caso se emerge la necessità di rompere il circolo vizioso e la prossima rottamazione quinquies dovrebbe presentare dei criteri più stringenti.
Il sistema delle rateizzazioni
Accanto alle rottamazioni, la Corte dei Conti mette in evidenza anche il boom delle rateizzazioni. Alla fine del 2024 erano oltre 6 milioni le richieste attive, per un carico complessivo di 53,5 miliardi, in aumento del 26% rispetto all’anno precedente. Dal 2008 l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha gestito 15,5 milioni di istanze, muovendo cartelle per oltre 260 miliardi di euro.
Nel 2024 i soli incassi da rateizzazione hanno toccato i 4,7 miliardi, quasi la metà del gettito ordinario. Un segnale positivo, ma anche fragile: se il meccanismo funziona per chi vuole davvero rimettersi in regola, resta elevato il rischio che diventi un altro strumento per rinviare i pagamenti. La Corte dei Conti avverte che modifiche normative frequenti e poco coordinate hanno trasformato le rateizzazioni e le rottamazioni in “strumenti percepiti dai cittadini come una possibilità per procrastinare”, più che per chiudere i conti con il Fisco.