di
Valentina Santarpia
L’appello del docente dell’università di Palermo: «Lasciamoli soli». La reazione delle istituzioni. La ministra dell’università: «I conflitti si superano con il dialogo». Nivarra si difende: «Il post travisato, mai stato antisemita: condanno solo il silenzio degli israeliani su Gaza. E la valanga di insulti e minacce che mi sono arrivati non testimoniano un dialogo civile»
«Cominciamo a far sentire gli amici ebrei soli, togliamo loro l’amicizia su Facebook»: è la proposta choc che arriva da un docente della facoltà di Giurisprudenza dell’università di Palermo, il professore Luca Nivarra. «Un’iniziativa personale culturalmente pericolosa e lontana dai principi del nostro ateneo», commenta scandalizzato il rettore Massimo Midari. Ma andiamo con ordine. Le iniziative di boicottaggio contro Israele, per protestare contro l’assedio di Gaza, si moltiplicano in questi ultimi giorni: dal sostegno degli artisti alla flotta che vuole portare aiuti umanitari al rifiuto dei farmaci prodotti in Israele, dagli artisti “no bavaglio” all’appello di Venice4Palestine, poi accolto, per escludere dalla Mostra del cinema di venezia due attori ritenuti sostenitori della politica di Israele a Gaza. Ma il docente è andato decisamente oltre, proponendo una forma di censura che dovrebbe coinvolgere chi è israeliano in quanto tale, indipendentemente dalle sue idee e dal suo impegno nel conflitto. «Non voglio intromettermi in questioni che non mi riguardano direttamente ma, avendo a disposizione pochissimi strumenti per opporci all’Olocausto palestinese, un segnale, per quanto modesto, potrebbe consistere nel ritirare l’amicizia su Fb ai vostri «amici» ebrei, anche a quelli «buoni», che si dichiarano disgustati da quello che sta facendo il governo di Israele e le IdF- scrive Nivarra, che nel 2017 era stato arrestato poco prima di una lezione all’università di Trento dalla Guardia di finanza con le accuse di peculato e falso- Mentono e con la loro menzogna contribuiscono a coprire l’orrore: è una piccola, piccolissima cosa ma cominciamo a farli sentire soli, faccia a faccia con la mostruosità di cui sono complici».
«Prendo le distanze da quanto dichiarato dal professore Luca Nivarra – contesta il rettore di Palermo – la sua è una proposta che rischierebbe di alimentare le stesse dinamiche che afferma di voler contrastare. Su temi complessi come il conflitto in Medio Oriente, la strada da percorrere deve essere quella del dialogo e del confronto critico, non dell’isolamento e di ciò che si avvicina a una censura ideologica». Del resto, nel corso del 2024, e confermato anche nel 2025, il Senato e il Cda dell’Ateneo hanno approvato diverse mozioni sul conflitto in Palestina, «condannando sia il brutale e insensato attacco di Hamas dello scorso 7 ottobre, sia la successiva azione militare di Israele a Gaza». L’ateneo – ricorda Midiri – «ha condannato e condanna con fermezza le atrocità commesse dal governo israeliano in Palestina, ribadendo la più decisa opposizione e la più aspra denuncia contro la prosecuzione di un conflitto che continua a ledere i diritti umani e a colpire programmaticamente un’intera popolazione». Ma «l’appello di Nivarra» è lontano dai principi dell’ateneo, conclude il rettore, che considera quell’invito «un’iniziativa pericolosa».
Una «presa di distanza netta e doverosa da affermazioni inaccettabili», commenta la ministra dell’Università Anna Maria Bernini, che ritiene che le dichiarazioni del professore non offendano «solo il popolo ebraico ma tutti coloro che si riconoscono nei valori del rispetto e della convivenza civile». I conflitti, sottolinea Bernini, «si superano con il dialogo, non con l’isolamento, ed è solo attraverso questa via che si può costruire un autentico percorso di pace, obiettivo al quale l’Italia e la comunità internazionale continuano a dedicare il proprio impegno».
Nivarra però si difende spiegando al Corriere: «Ci sono vari punti da chiarire: per primo, che il post è stato caricato di significati che non aveva, non è un post antisemita. L’antisemitismo pressupone che gli ebrei siano malvagi in quanto tali, mentre qui si critica un comportamento specifico, una mancata presa di posizione degli ebrei su Facebook. Mi sarei aspettato da queste persone, alcuni dei quali miei colleghi, che non lasciassero dubbi sul modo in cui giudicare ciò che sta accadendo a Gaza. Accusarmi di antisemitismo è una panzana. Punto secondo: non capisco il perché di tanto scandalo, tenuto conto che in questi mesi ci sono stati appelli a boicottare prodotti israeliani, appelli alla interruzione o non instaurazione a nuovi rapporti con università israeliane, non capisco perchè gli appelli rivolti agli utenti di Facebook a interrompere i rapporti siano considerati manifestazione di antisemitismo. Si può discutere della forma, ma è una questione un po’ capziosa. Gli israeliani rappresentano una società che rispetto a quello che accade nel loro Paese sta dando una risposta flebile: io ho solo stigmatizzato il silenzio degli israeliani, così come avrei fatto con qualsiasi altro popolo, generalizzando. Gli ebrei e israeliani vengono criticati in quel post in quanto non si sono con energia opposti all’operato del loro governo, invece l’antisemita giudica l’ebreo come malvagio senza possibilità di scampo. Oggi le persono vengono giudicate con troppa facilità».
Nivarra si «dispiace che sia accaduto, al di là di tutto», anche alla luce della sua «biografia personale che ripugna l’antisemitismo: ero iscritto al Pc dagli anni 70, e per noi il rifiuto dell’antisemitismo era una precondizione. Con la mia coscienza sono a posto, poi se si vuole montare un caso sul nulla, pazienza. Sono stato travolto da una valanga di insulti e minacce, che non mi sembra il modo giusto per regolare un dibattito civile».
26 agosto 2025 ( modifica il 26 agosto 2025 | 21:35)
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