Il ministro dell’Ambiente è intervenuto al Meeting di Rimini sul tema dell’energia nucleare. Secondo Gilberto Pichetto Fratin è necessario includere nel mix energetico italiano anche il nucleare. Si tratta, ha ricordato, di un passaggio fondamentale in vista della crescita della domanda elettrica che, secondo le stime, raddoppierà nei prossimi 15-20 anni.

Il tema torna così al centro del dibattito politico a pochi giorni dalla ripresa dei lavori parlamentari. Il governo prepara infatti una legge delega per rilanciare il nucleare e avviare un piano che dovrebbe affrontare criticità e opportunità legate a questa tecnologia: nuovi posti di lavoro, percorsi formativi, una possibile spinta economica. Restano però aperte molte questioni, dai costi alla gestione delle scorie.

Il futuro energetico italiano è un mix con il nucleare

Fratin ha sottolineato che l’Italia oggi produce circa 250 terawattora di energia elettrica a fronte di una domanda di 305, importando la differenza soprattutto dalla Francia, dove il nucleare copre gran parte del fabbisogno. Con l’elettrificazione dei consumi, l’aumento dei data center e il peso crescente dell’intelligenza artificiale, la domanda nei prossimi due decenni potrebbe superare i 600 TWh.

Per rispondere a questa crescita, il ministro sostiene che le sole rinnovabili non sarebbero sufficienti. Servirebbe integrare nuove fonti, incluso il nucleare di ultima generazione, che secondo le sue parole sarebbe in grado di garantire “energia sicura, pulita e a costi competitivi”. Un reattore modulare da 300 MW, ha detto, equivarrebbe a migliaia di ettari di fotovoltaico.

I nodi dei costi: davvero il nucleare è competitivo?

Qui emergono i primi dubbi. Il nucleare comporta costi iniziali enormi e tempi di realizzazione molto lunghi, ben superiori a quelli di eolico e solare. In Italia, dove non esistono più centrali attive e questo significherebbe ripartire quasi da zero.

Le analisi disponibili mostrano che fino al 2050 il nucleare resterà più costoso delle rinnovabili, mentre fotovoltaico ed eolico continueranno a ridurre i costi grazie ai progressi tecnologici e all’accumulo. I costi del nucleare, al contrario, tendono a crescere per requisiti di sicurezza e manutenzione.

Il confronto diretto mette quindi in luce un rischio, ovvero il nucleare potrebbe arrivare troppo tardi e con spese più alte, rispetto a tecnologie già mature e in grado di ridurre emissioni e costi nel breve periodo.

Rinnovabili rischiose per “accumulo”

Secondo il ministro, il solo fotovoltaico non potrà soddisfare i 600 TWh futuri perché richiederebbe enormi superfici e costi di accumulo. Ma i dati disponibili mostrano un quadro diverso: le tecnologie di stoccaggio stanno avanzando rapidamente e l’Italia ha ancora ampi margini di crescita nelle rinnovabili, essendo sotto la media europea.

Eolico e solare sono già oggi più rapidi da installare, meno costosi e più scalabili del nucleare. Ogni euro investito in queste tecnologie restituisce benefici ambientali ed economici maggiori, mentre il nucleare richiede tempi di ritorno troppo lunghi per affrontare l’urgenza climatica.

La filiera industriale italiana:

Un punto di forza per l’Italia sul nucleare c’è e riguarda la filiera industriale. Infatti oltre 70 aziende specializzate coprono gran parte della supply chain, dall’ingegneria alla componentistica. Inoltre, il Paese è leader mondiale nella ricerca sui reattori raffreddati a piombo, con ENEA e diversi centri universitari in prima linea.

Resta però il nodo più complesso: la gestione delle scorie. L’Italia non è ancora riuscita a individuare un deposito nazionale sicuro, e senza un piano concreto per i rifiuti radioattivi parlare di nuove centrali rischia di trasformarsi in un salto nel buio.