Roma, 26 agosto 2025 – Per ora parlano ancora le armi e il rumore è quello della battaglia anche se si susseguono i tavoli di trattative verso la pace a cavallo tra l’America e l’Europa. Ma prima o poi si dovrà definire nei dettagli il piano di sicurezza per l’Ucraina (allo studio) che potrà, forse, prevedere la presenza di uomini e mezzi europei come forza di rassicurazione. Rimbalzano progetti e ipotesi, Mosca frena, eppur qualcosa si muove. I generali degli Stati maggiori dei Paesi Nato riuniti l’altro giorno a Bruxelles in videoconferenza ne hanno parlato a lungo, ma senza poi fornire informazioni ai media sugli aspetti presi in considerazione.
Le opzioni sono però già sui tavoli dei governi interessati, soprattutto quelli della Coalizione dei volenterosi. Prima o poi, e nemmeno tanto tardi, le parole, i confronti, le discussioni si devono tradurre in piani d’azione, mappe di dispiegamento delle forze in campo, uomini e mezzi.
I territori contesi fra Russia e Ucraina: la mappa
Il veto della Russia sulle forze Nato
Tutto però parte dal presupposto che, attualmente, la Russia dice no a truppe Nato sul terreno e chiede, o pretende, che semmai siano presenti singoli Paesi europei con la presenza aggiuntiva di Cina e India.
Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Mark Rutte, non si presta al botta e risposta, ma sottolinea che solo i ‘boots on the ground’, cioè una forza di interposizione in teatro, può garantire sicurezza dell’Ucraina post conflitto. E se si concretizzerà probabilmente sarà a trazione franco – britannica. Con l’incognita di regole d’ingaggio tutte da definire. In linea di massima nel piano da proporre a Mosca ci sono tre ipotesi.
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Le truppe dentro i confini
La prima prevede 15 -18mila uomini stabilmente messi in campo da singoli Paesi europei, che potrebbero essere una decina.
Si pensa a turni di quattro mesi e quindi nel giro di un anno serve una turnazione di oltre 60 mila uomini preparati, addestrati e pronti a partire. Sul campo ci sarebbero tre Brigate dotate di tank, blindati, pezzi di artiglieria e un contingente da impiegare nell’addestramento delle truppe ucraine.
Serve poi una poderosa macchina logistica alle spalle di questa forza, come ha spiegato più volte il generale e analista –i già comandante del Corpo d’Armata italiano di Reazione rapida della Nato, per garantire rifornimenti, manutenzione dei mezzi, assistenza medica e alimentare. Facile a dirsi, un po’ più difficile a farsi, ma comunque possibile. E dove collocare le truppe di interposizione? Altro rebus ancora in alto mare. Tra le varie e ancora vaghe possibilità c’è la cintura della capitale Kiev, l’area di Sumy, Kharkiv, Kramatorsk, e i genere sui confini verso il Donbass. Tutto da vedere, tutto da studiare. Inghilterra, Germania e Francia potrebbero essere coloro che offrono il contingente, almeno all’inizio.
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La task force esterna
Una seconda opzione sarebbe quella di mandare due sole Brigate leggere prive di artiglieria e tank e non sui confini. A questo si aggiungerebbe però un rinforzo sostanzioso di uomini di più Paesi in Polonia e in Romania, una task force di pronto intervento ma fuori dall’Ucraina con la partecipazione probabile di Norvegia, Danimarca, forse i Baltici e gli italiani.
Soldati ucraini impegnati in un’esercitazione (Ansa)
La missione ‘in volo’
Sui tavoli c’è, infine, una terza ipotesi, ipotesi meno “invasiva” già valutata anche dai militari europei. Si valuta una missione ‘in volo’, solo di polizia aerea a carattere interforze a garanzia dell’inviolabilità dello status quo lungo la linea di contatto e nelle retrovie. Una missione aerea però è comunque necessaria anche con le truppe schierate sul terreno e per questa si è reso disponibile pure Donald Trump durante il vertice di Washington. Le basi per caccia e aerei da ricognizione possono essere posizionate in Romania e Polonia dove in realtà già ci sono anche con presenza italiana. Oggi, ovviamente, fanno da sentinella e non violano i confini ucraini.
Grazie alla tecnologia avanzata una task force di velivoli può fungere da apparato di intelligence perché in grado di tracciare movimenti, mappare territori, fotografare alterazioni dello status quo, attivare radar sofisticatissimi, decrittare segnali. Gli F35 americani, se ingaggiati, insieme alle squadriglie europee sono una garanzia d’acciaio. E sul piano della sicurezza lo scudo aereo può consentire la ripresa di regolari voli commerciali e civili in un’ottica di ricostruzione dell’Ucraina.
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Intervento militare entro 24 ore
I leader europei stanno discutendo di un meccanismo che impegnerebbe gli alleati dell’Ucraina a valutare entro 24 ore la fornitura di assistenza militare a Kiev in caso di futuri attacchi da parte della Russia. Lo riferiscono fonti citate dall’agenzia Bloomberg, secondo cui l’iniziativa, promossa dalla premier Giorgia Meloni, punta a fornire a Kiev una difesa collettiva simile a quella dell’articolo 5 della Nato.Il piano italiano prevede che i Paesi con accordi con l’Ucraina possano coordinarsi su una risposta che includerebbe appoggio militare, assistenza economica, rafforzamento dell’esercito ucraino e sanzioni a Mosca. Per ora è tutta teoria.