La donna è accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di un anno e mezzo nel luglio del 2022. Il nuovo accertamento, che conferma la perizia effettuata nel primo processo, era stato disposto dalla Corte di Assise su istanza della difesa
Alessia Pifferi era pienamente capace di intendere e volere al momento dei fatti. Lo ha stabilito la perizia disposta nel processo di secondo grado a Milano a carico della donna, condannata all’ergastolo per omicidio volontario aggravato in primo grado per aver lasciato morire di stenti la figlia Diana di meno di un anno e mezzo.
“Il primo commento della famiglia è di soddisfazione perché è stato riconosciuto non solo quello che era stato già accertato in primo grado, ma anche ciò che era stato sempre sostenuto, ossia che si tratta di una persona assolutamente consapevole delle proprie azioni, non affetta da alcun disturbo”. Lo ha spiegato l’avvocato Emanuele De Mitri, legale della zia e della nonna della bambina che dal primo processo si sono costituite parte civile contro Alessia Pifferi.
Il parere della Corte d’Assise d’appello
Pifferi, nel luglio 2022, aveva lasciato la bimba sola in casa per sei giorni. Il nuovo accertamento conferma la perizia psichiatrica effettuata nel primo processo che aveva già accertato come la 40enne fosse capace di intendere e volere. Il secondo parere è stato disposto dalla Corte d’Assise d’appello che, su istanza della difesa, ha affidato a tre esperti un nuovo accertamento.
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La perizia
A fine febbraio, nel processo d’appello, la Corte aveva accolto l’istanza della legale Alessia Pontenani e affidato il nuovo accertamento allo psichiatra Giacomo Francesco Filippini, alla neuropsicologa Nadia Bolognini e al neuropsichiatra infantile Stefano Benzoni. Nelle conclusioni della perizia, da quanto si è saputo, gli esperti confermano la piena capacità di intendere e di volere al momento dei fatti della donna. I periti, da quanto si è appreso, hanno individuato un disturbo della donna relativo al periodo dell’infanzia, ma che non ha influito, stando all’analisi, sulla capacità di intendere e volere. Nessuno vizio di mente, dunque, come già aveva accertato lo psichiatra Elvezio Pirfo nel processo finito con la condanna all’ergastolo.
Legale parti civili: “Nessun disturbo invalidante”
“La perizia – ha spiegato l’avvocato Emanuele De Mitri, legale delle due parti civili – dice chiaramente che Pifferi è soltanto affetta da un disturbo del neurosviluppo, classificabile come immaturità affettiva, sostanzialmente una sorta di poca empatia a livello affettivo da adulta e che non è un disturbo invalidante, non ha avuto influenza sul funzionamento psicosociale”. Tale condizione, ha proseguito l’avvocato, “non ha compromesso la capacità di intendere e volere, neppure scemandola parzialmente”. Una capacità che la donna aveva sia quando è morta Diana, lasciata solo per sei giorni, “che in tutti i weekend precedenti in cui ha abbandonato la piccola”. La famiglia è soddisfatta anche perché ha sempre sostenuto che Alessia Pifferi è “una persona assolutamente consapevole delle proprie azioni, non affetta da alcun disturbo, ma solo una persona presuntuosa e arrogante nel comportamento di tutti i giorni”. E dalla perizia si evince anche, ha concluso l’avvocato De Mitri, “che non c’è stato alcun evento in età infantile che abbia potuto incidere sul suo comportamento futuro”.
Le parole di Pifferi ai periti
“La mia mente si era disconnessa”. Così Alessia Pifferi, come si legge nella relazione degli esperti, ha provato a spiegare ai periti quanto compiuto. Quella “presunta disconnessione” della mente di cui parla Pifferi, infatti, secondo i periti, non configura alcun vizio di mente. La donna, secondo la perizia, era in grado di “pianificare le azioni, di prevedere rapporti causa-effetto”. Era consapevole e comprendeva le “potenziali conseguenze dell’abbandono della bambina” e, dunque, le sofferenze che avrebbe patito. La presunta “disconnessione”, si legge, “riguarda il suo essere madre”. Tra l’altro, ha mantenuto “un ricordo dettagliato e molto partecipato sul piano affettivo di tutta la vicenda”. Nel corso dei colloqui, agli atti della perizia, ha raccontato pure che ancora “le capita di vivere momenti in cui la sua mente si disconnette, ma non è in grado di spiegare come e perché avvengano”. L’avvocata Alessia Pontenani, legale di Alessia Pifferi: “Attendo la valutazione del Prof Pietrini, mio consulente. Dalla lettura si confermano la fragilità intellettiva ed i problemi mnemonici. Anche la assoluta incapacità di simulazione. Le conclusioni verranno valutate dalla Corte”.
L’altro filone
Il 24 settembre, davanti alla Corte, ci sarà la discussione in aula degli esperti sull’esito degli accertamenti, alla presenza dei consulenti delle parti. Poi, il 22 ottobre, il processo d’appello potrebbe arrivare a sentenza. Col riconoscimento dell’assenza di vizi di mente, la donna rischia la conferma dell’ergastolo, se non le saranno concesse attenuanti. La difesa ha sempre sostenuto che la donna fosse affetta da un “disturbo cognitivo”, un deficit mentale. Intanto, l’11 settembre si torna davanti al gup per il procedimento, un filone bis del caso, a carico dell’avvocata Pontenani, di quattro psicologhe e di Marco Garbarini, psichiatra e consulente della difesa, su una presunta attività di “manipolazione” per aiutare Pifferi ad ottenere la perizia in primo grado e su un ipotizzato tentativo di indirizzare l’esito verso un “vizio parziale di mente”.
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