In un mondo che corre senza tregua, divorato dal culto della produttività e dalla frenesia del risultato immediato, l’arte sembra spesso relegata ai margini, quasi fosse un lusso per pochi o, peggio ancora, un passatempo elitario. Le sue pennellate faticano a trovare spazio nelle agende stipate, i suoi colori appaiono offuscati di fronte al bagliore artificiale dei nostri smartphone. Eppure, esistono storie che riescono a restituirle il posto che merita: storie che ricordano quanto l’arte non sia un orpello, ma un bisogno primario, un respiro dell’anima. La vicenda di Noemi Baro, classe 1999, originaria di Vische, è una di queste. Un percorso che dimostra come la pittura non sia soltanto tecnica o talento, ma soprattutto linguaggio universale, rinascita e comunità. E come il paesaggio del Canavese – con le sue colline, la sua luce mutevole, i suoi silenzi pieni di storia – possa diventare musa e radice di un cammino creativo.
“Fin da quando ho memoria, disegnare è stata la mia passione”, racconta con semplicità Noemi Baro, sottolineando come la sua crescita personale sia andata di pari passo con quella artistica. Da bambina, attratta da linee e colori, scarabocchiava instancabilmente, trasformando fogli bianchi in piccoli mondi personali. Col tempo, quella predisposizione naturale si è trasformata in una scelta consapevole: dipingere non era più un passatempo, ma una necessità interiore. Il liceo artistico è stato il suo primo approdo, la bussola che l’ha guidata tra entusiasmo e incertezze.
Come accade in ogni cammino autentico, però, non sono mancati i momenti bui. Sopraffatta da stress e dubbi sul futuro, Noemi ha conosciuto il silenzio delle tele chiuse in uno stanzino, il vuoto lasciato da pennelli accantonati. “Ho ritirato tutto il mio materiale in uno stanzino, decidendo di lasciar perdere”, confida. Eppure, proprio in quell’assenza si è rivelato il valore essenziale dell’arte: la sua capacità di essere rifugio e radice, di incarnare un equilibrio che nessun altro aspetto della vita poteva darle. Era come se una parte di sé fosse rimasta sospesa, in attesa di tornare a vivere.
Noemi Baro e la pittura
Il valore della sua arte
La svolta arriva in una sera di aprile del 2022. “È come se avessi avuto un’illuminazione”, ricorda. Da quel momento, decide di non sprecare gli anni di passione già coltivati: ricompra i materiali, torna ai pennelli e sceglie l’acrilico su tela come terreno di sperimentazione. All’inizio è un ritorno timido, quasi un esercizio di riscoperta; poi diventa un impegno crescente, che la porta a definire il suo stile e a riconoscersi artista.
Oggi Noemi si descrive come una pittrice realista, capace però di lasciarsi contaminare da suggestioni diverse. Non si lega a un’unica corrente, ma si ispira all’immediatezza degli impressionisti, alla loro urgenza di catturare l’istante. Così i suoi quadri raccontano paesaggi e stagioni, soprattutto la primavera e l’estate, quando la natura esplode di luce. “Il mio obiettivo è creare opere che trasmettono benessere, emozioni positive e un senso di pace”, spiega. Accanto a questo, esplora il tema della nostalgia, arricchendo le sue tele di dettagli fantasy, elemento che sente profondamente suo.
Il passaggio dalla dimensione intima alla condivisione è stato naturale. Dopo anni di “gavetta”, fatta di prove, errori e sperimentazioni, Noemi Baro ha scelto di condividere i suoi lavori su Instagram. “Oggi nel 2025 non si può far a meno dei social: sono uno strumento fondamentale per farsi conoscere”, afferma. Con la pagina @noemibaropainter, ha trovato un pubblico attento e incoraggiante, che l’ha spinta a ricevere le prime commissioni e a trasformare il sogno in un percorso concreto. Da lì, le soddisfazioni si sono moltiplicate: la partecipazione al concorso Dantebus, con i complimenti ricevuti direttamente dall’associazione, e la prima mostra personale al Castello della Rotta di Moncalieri, resa possibile grazie al progetto Artisti della Rotta.
Oggi è socia dell’associazione culturale Artificio di Chivasso, che le ha permesso di esporre le sue opere in contesti collettivi, come la mostra organizzata per la festa patronale di Mandria. E il calendario del futuro è già fitto: dal 30 agosto al 9 ottobre 2025 parteciperà alla collettiva L’arte con noi al Caffè Firenze di Chivasso, mentre l’11 ottobre inaugurerà nello stesso spazio la sua seconda personale. Il 13 ottobre terrà poi il suo primo seminario di pittura acrilica, un passo importante per trasformarsi non solo in artista, ma anche in divulgatrice della propria esperienza. “Ogni piccolo successo mi motiva a continuare e a migliorarmi”.
Nonostante i riconoscimenti, Noemi mantiene una lucidità rara: non vuole che la pittura diventi un obbligo. “Non dipingo per dovere, ma perché mi fa stare bene e mi permette di esprimermi”, ribadisce. Per lei, l’arte deve restare un gesto autentico, mai piegato a logiche esterne. Allo stesso tempo, coltiva il desiderio di crescere tecnicamente: si è da poco avvicinata alla pittura a olio, e non esclude di esplorare altri linguaggi. Il suo sogno è semplice e grande insieme: farsi conoscere di più, partecipare a eventi e mostre, costruire un contatto diretto con il pubblico per trasmettere, attraverso i suoi quadri, emozioni sincere.
La sua è una storia di rinascita, di fedeltà a se stessa e di amore per il territorio. Nelle tele di Noemi Baro, il Canavese non è solo sfondo, ma cuore pulsante: colline e campagne diventano simboli di bellezza silenziosa, fonte inesauribile di ispirazione. Ogni pennellata porta con sé un frammento di quella terra, trasformandolo in messaggio universale di pace e autenticità. E forse è proprio questo il dono più grande della sua arte: ricordarci che, anche nel mondo frenetico e distratto in cui viviamo, c’è ancora spazio per fermarsi, respirare e lasciarsi guidare dai colori.
Uno squarcio di natura
Il valore del paesaggio
La meravigliosità della natura