di
Massimiliano Jattoni Dall’Asén

Dal 27 agosto gli Stati Uniti hanno raddoppiato le tariffe sulle esportazioni indiane. Modi diventa osservato speciale: resisterà alle pressioni di Trump?

Con l’alba di oggi 27 agosto, l’India è ufficialmente entrata in uno stato di osservazione geopolitica senza precedenti: gli Stati Uniti, infatti, hanno raddoppiato i dazi sulle sue esportazioni, portandoli al 50%, una misura tra le più severe mai imposte da Washington a un partner strategico (dopo decenni di avvicinamento). Ora, Modi è ufficialmente un osservato speciale per capire quanto e se si può resistere a Trump.

Una rottura politica?

L’inasprimento dei dazi – solo poche settimane dopo che Trump aveva introdotto tariffe di base al 25% sui prodotti indiani – segna il momento più basso nei rapporti Usa–India, fino a oggi modellati su un dialogo strategico consolidato. La motivazione ufficiale di Trump – punire l’India perché continua ad alimentare la macchina russa nel conflitto ucraino, con l’acquisto ingente di petrolio da Mosca – è ora accompagnata da una crescente percezione a Nuova Delhi di un doppio standard diplomatico: la Cina, anch’essa acquirente di petrolio russo, non ha visto applicate sanzioni simili. Per l’India, la quinta economia mondiale, il richiamo alla «strategic autonomy» – un invito a difendere l’interesse nazionale – suona ora come dovere inderogabile verso una stretta tariffaria che il ministro degli Esteri indiano ha bollato come «ingiusta e irragionevole».



















































La resilienza come strategia politica

Il governo Modi si muove dunque con cauta determinazione. Niente ostentazioni ideologiche, solo linee di difesa: protezione delle micro e piccole imprese artigiane, rassicurazioni sulle filiere interne, slogan antichi come «swadeshi» (in sanscrito letteralmente “del proprio paese” o “del proprio territorio” e si riferisce all’ideale di autosufficienza economica) e uso di prodotti nazional rilanciati con pragmatismo politico.

Tra diplomatic juggling e ricerca di nuovi mercati

La risposta di Nuova Delhi è duplice: da un lato, riforme interne per offrire incentivi agli esportatori in difficoltà; dall’altro, diplomazia capillare verso altri mercati in Asia, Africa, Europa e America Latina. Questo pragmatico «pivot commerciale» potrà attenuare, ma non neutralizzare, la stretta americana. Il provvedimento trumpiano, infatti, rischia di decimare i flussi commerciali indiani verso gli Usa. Oltre il 50% degli 87 miliardi di dollari di export indiano verso gli Stati Uniti potrebbero essere travolti dalla stretta. Ma se la nuova ondata di tariffe avrà un impatto trasversale sull’economia indiana, è nei settori tradizionali ad alta intensità di manodopera che si misurerà il dolore maggiore. Le esportazioni di tessile, pelle e gioielleria — da sempre colonne dell’industria manifatturiera indiana — rischiano di diventare non competitive in un mercato americano reso improvvisamente ostile.

Rischio licenziamenti di massa

A Tiruppur, cuore pulsante della produzione di abbigliamento per grandi catene occidentali, gli imprenditori parlano già di ordini sospesi e di clienti che cercano alternative più economiche in Vietnam o Bangladesh, i cui dazi inflitti si sono fermati al 20%. A Kanpur, dove la lavorazione della pelle è parte integrante dell’identità locale, si teme un’erosione rapida dell’occupazione in un settore privo di reti di protezione sociale. A Surat, capitale mondiale del taglio dei diamanti e delle pietre preziose, gli operatori segnalano che i margini sottili delle esportazioni non potranno sopravvivere a tariffe del 50%. L’impatto potrebbe tradursi in licenziamenti a catena e in un calo delle entrate di interi distretti industriali, trasformando una disputa geopolitica in una crisi sociale diffusa.

Secondo gli economisti di Capital Economics, il raddoppio dei dazi potrebbe ridurre il Pil indiano dello 0,8% già nel corso dell’anno fiscale corrente e poi nel successivo. A tutto vantaggio di altre economie concorrenti a basso costo come Thailandia e Indonesia, le cui tariffe trumpiane sono al 19%.

​iPhone immuni… per ora

Al contrario, i prezzi degli iPhone nel mercato statunitense dovrebbero restare stabili nel breve termine. Apple ha infatti spostato gran parte della produzione in India solo recentemente e le esenzioni dalle tariffe per il settore dell’elettronica, voluta strategicamente dall’amministrazione Trump, offre un salvagente temporaneo al colosso tecnologico.

Intanto, l’India si prepara per un summit della Shanghai Cooperation Organisation, la prima visita di Modi in Cina in sette anni: è il segnale di un nuovo attivismo strategico del Subcontinente oltre il solo canale occidentale.

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27 agosto 2025 ( modifica il 27 agosto 2025 | 10:02)