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Una Panda che sembra un videogioco, una sfida impossibile e un traguardo che nessuno aveva mai conquistato prima.

Affrontare uno dei rally più imprevedibili al mondo a bordo di una Panda degli anni Ottanta, trasformata in una sorta di esperimento futuristico, sembrava un azzardo. Eppure questo progetto, ribattezzato Cyberpandino, è riuscito a portare a termine il Mongol Rally.

Panda da record

La Panda anni ’80 più tecnologica di sempre coglie il record (Cyberpandino) reportmotori.it

Non si tratta di una semplice competizione tradizionale: qui non contano né velocità né tempi da battere, ma la capacità di resistere alla fatica di migliaia di chilometri attraverso Paesi sconosciuti, strade inesistenti e imprevisti che obbligano a ingegnarsi ogni giorno. In 17.000 km, la vecchia utilitaria italiana ha superato confini, deserti e montagne trasformandosi da curiosità meccanica in simbolo di determinazione, fantasia e ostinazione.

Il Cyberpandino e il Mongol Rally

Il Mongol Rally è noto per mettere alla prova auto e piloti più delle competizioni tradizionali. Non ci sono classifiche, ma la sfida di attraversare mezza Eurasia senza certezze e senza assistenza. Questa volta protagonista è stata una comune Fiat Panda 1.100 cc, acquistata per 800 euro a Roma e poi radicalmente modificata. La base era semplice: la carrozzeria squadrata della citycar rimaneva riconoscibile, mentre il resto assumeva un aspetto che ricordava un Cybertruck in miniatura.

Il viaggio ha toccato 20 Paesi e ha costretto l’equipaggio a riparazioni continue: sospensioni rinforzate sul momento, elettronica riassemblata con quello che si trovava per strada, motore rimesso in marcia dopo guasti imprevisti.

Nessuna prova pianificata, solo improvvisazione e intuito. Eppure, nonostante ostacoli e dogane interminabili, il traguardo è stato raggiunto: il Cyberpandino, dopo settimane di viaggio, è arrivato a destinazione trasformato in qualcosa che somiglia più a un simbolo che a un’automobile.

La vera particolarità però non era all’esterno, ma all’interno. L’abitacolo nascondeva uno dei progetti più sorprendenti messi in piedi dai due giovani romani che hanno dato vita alla trasformazione. A bordo, infatti, è stata montata una plancia digitale progettata ad hoc, alimentata da un sistema operativo inedito battezzato Panda OS.

Si trattava di una piattaforma open source in grado di gestire funzioni di infotainment totalmente artigianali: mappe per la navigazione, musica e persino videogiochi, il tutto assemblato con componenti ordinati online e rielaborati per funzionare con la piccola Panda.

Il risultato finale è stato un ibrido unico, tra il fascino di un’auto popolare anni Ottanta e l’audacia tecnologica di un laboratorio viaggiante. Un progetto che non aveva bisogno di essere perfetto: doveva semplicemente dimostrare che anche un’idea nata per gioco poteva superare prove reali molto più dure di quanto previsto.

Il Mongol Rally, nato nel 2004, premia proprio questo: non chi arriva per primo, ma chi riesce ad arrivare. E il Cyberpandino, con la sua combinazione di ingegno, resistenza e ironia, ha scritto una pagina che nessuno prima era riuscito a firmare al volante di una Panda così trasformata.