La Russia ha aperto una battaglia legale contro la F1 presso l’Alta Corte di Londra. Quella del paese euroasiatico è un risposta al “ban” susseguente l’avvio delle operazioni di guerra in Ucraina. La richiesta attuale non è più soltanto una disputa economica, è l’epilogo di una relazione mai davvero compiuta, esplosa nel momento in cui la politica ha travolto lo sport, lasciando dietro di sé un contenzioso che oggi vale 57 milioni di euro.
La vicenda affonda le radici negli anni in cui Bernie Ecclestone cercava nuovi mercati per globalizzare la serie a ruote scoperte. La Russia, con il suo pilota Daniil Kvyat e con il debutto del Gran Premio di Sochi nel 2014, rappresentava allora un terreno fertile. Otto stagioni consecutive non hanno però mai trasformato quell’appuntamento in un evento di rilievo internazionale: poco pubblico, poca atmosfera, una cornice più politica che sportiva.
F1 – Gp Russia, Sochi
L’invasione dell’Ucraina, nel 2022, ha troncato bruscamente ogni progetto di espansione. Liberty Media ha cancellato unilateralmente il GP, mettendo fine a un contratto che avrebbe dovuto spostare la gara da Sochi a San Pietroburgo. Da allora, le parole di Stefano Domenicali hanno ribadito l’impossibilità di immaginare un ritorno della Formula 1 in Russia.
Eppure il promotore locale, Ano Rosgoniki, sostiene che l’annullamento abbia violato gli accordi. Alexey Titov, amministratore delegato e uomo vicino al Cremlino, accusa Liberty di aver piegato lo sport alla geopolitica, ribadendo che il debito “esiste, è confermato e deve essere rimborsato”, si legge su SoyMotor. Le sanzioni occidentali hanno congelato ogni trasferimento, ma Mosca pretende la restituzione di quei 57 milioni, portando la disputa nelle aule di Londra.
Dietro questa vicenda vi è una frattura evidente. Da un lato, la Formula 1 che negli ultimi anni ha assunto un profilo sempre più politico, prendendo posizione su temi globali e scegliendo lecitamente di allontanarsi da certi scenari. Dall’altro, una Russia che rivendica un diritto contrattuale, ma che paga il prezzo della sua stessa guerra.
Vladimir Putin mentre consegna il trofeo del vincitore a Lewis Hamilton al Gran Premio di Russia nel 2015
Al di là del risultato giudiziario il cui esito è impronosticabile, la causa aperta a Londra sancisce la fine di un’illusione. Non si tratta più di quando – o se – la Formula 1 tornerà in Russia. La vera questione è se lo sport più globale al mondo potrà mai, in futuro, riannodare i fili con un Paese che ha visto nello spettacolo delle corse non tanto un palcoscenico sportivo, quanto un esercizio di potere. Dinamica che, bisogna essere onesti, non contraddistingue la sola nazione in questione ma che si allarga a palcoscenici in cui il fenomeno dello sportwashing si palesa con forza.
Foto copertina: Reuters
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