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Da diversi giorni le acque al largo del Venezuela sono al centro di un inusuale scambio di annunci sul dispiegamento di navi militari. La scorsa settimana il presidente statunitense Donald Trump aveva ordinato l’invio di tre cacciatorpedinieri, un incrociatore lanciamissili e un sottomarino a propulsione nucleare verso le coste del Venezuela, con l’impiego di 4.500 militari, di cui 2.200 marines: sosteneva che i mezzi fossero necessari per contrastare il traffico di droga diretto verso gli Stati Uniti.
Il presidente venezuelano Nicolás Maduro aveva definito la mossa statunitense una «aggressione militare» e un tentativo di sovvertire il regime venezuelano e aveva annunciato a sua volta l’invio di navi da guerra nel golfo del Venezuela e nel mar dei Caraibi, che fanno parte delle acque territoriali del paese. Ora il ministro della Difesa venezuelano, Vladimir Padrino, ha annunciato l’inizio delle operazioni di pattugliamento navale, che verranno realizzate anche con l’impiego di droni.
Il cacciatorpediniere USS Sampson, una delle navi mandate verso il Venezuela (U.S. Pacific Command via AP)
Secondo l’amministrazione Trump, le navi militari avranno come obiettivo le barche e le navi che portano negli Stati Uniti il fentanyl (tra gli oppioidi più potenti in circolazione). Il Venezuela è un paese di passaggio nel traffico di cocaina, ma non ci sono indicazioni di produzione di fentanyl nel suo territorio.
Da tempo Trump accusa vari paesi dell’America Latina, incluso il Venezuela, di non fare abbastanza contro il narcotraffico e di essere responsabili dell’ingresso di droghe negli Stati Uniti. A febbraio la sua amministrazione aveva classificato come terroristiche alcune organizzazioni criminali attive in vari paesi della regione, tra cui le venezuelane Tren de Aragua e Cártel de los Soles. Gli Stati Uniti accusano Maduro e il ministro dell’Interno venezuelano Diosdado Cabello di essere direttamente collegati al Cártel de los Soles, e pochi giorni fa avevano aumentato le ricompense per chi offre informazioni utili ad arrestarli: 50 milioni di dollari per Maduro, 25 per Cabello.
Un membro dell’esercito mostra le armi a persone che hanno firmato per entrare nelle milizie popolari (AP Photo/Ariana Cubillos)
Oltre all’ordine di mandare navi da guerra nelle acque territoriali, Maduro ha risposto annunciando una mobilitazione generale di «quattro milioni e mezzo di miliziani». Le milizie popolari sono truppe composte da civili volontari e riservisti che vengono posti sotto il comando dell’esercito. Furono fondate dal predecessore di Maduro, Hugo Chávez, e sono ritenute poco addestrate e preparate. Il numero di miliziani dichiarato da Maduro appare inoltre improbabile: dopo molti anni di pesante emigrazione la popolazione venezuelana è attualmente stimata in 28 milioni di persone.
I reali obiettivi dell’operazione statunitense non sono chiari: l’impiego di navi militari per fermare il narcotraffico è totalmente inusuale e l’amministrazione non ha fornito dettagli su come si svolgeranno i controlli. L’invio di navi da guerra potrebbe anche essere una manovra dimostrativa e intimidatoria nei confronti del regime di Maduro. Anche la mobilitazione dei miliziani e i pattugliamenti marittimi da parte del Venezuela sembrano decisioni perlopiù dimostrative, forse utili a livello di propaganda interna.
Già durante la sua prima amministrazione Trump aveva provato a sostenere l’opposizione a Maduro nel tentativo di mettere fine al suo regime, ma senza ottenere risultati. A luglio 2024 Maduro si era autodichiarato vincitore delle elezioni presidenziali, nonostante documentati brogli, e aveva iniziato un terzo mandato da presidente.