Papa Leone XIV all’udienza generale di oggi, 27 agosto 2025 – Reuters
Una voce chiara, netta, senza confini. «Torno oggi a rivolgere un forte appello sia alle parti implicate che alla comunità internazionale affinché si ponga termine al conflitto in Terra santa, che tanto terrore, distruzione e morte ha causato», ha detto con determinazione papa Leone XIV stamattina, al termine dell’udienza generale del mercoledì in aula Paolo VI. «Supplico che siano liberati tutti gli ostaggi, si raggiunga un cessate il fuoco permanente, si faciliti l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari e venga integralmente rispettato il diritto umanitario». Poi il riferimento al piano militare israeliano che prospetterebbe l’evacuazione forzata dei civili della Striscia di Gaza. «In particolare – ha sottolineato – si rispetti l’obbligo di tutelare i civili e i divieti di punizione collettiva di uso indiscriminato della forza e di spostamento forzato della popolazione».
Insieme ai patriarchi di Gerusalemme
Tutta la meditazione di Prevost, sul brano del Vangelo di Giovanni (18, 4) in cui Gesù si “consegna” ai soldati sul Getsemani per vivere la Passione, è sembrata riferirsi stamattina, come un abbraccio di tenerezza per infondere coraggio, in particolare ai sacerdoti, alle suore e ai cristiani tutti di Gaza. Il filo diretto è al comunicato pubblicato ieri, in cui il patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa e il patriarca greco-ortodosso Teofilo III, hanno affermato insieme che «le Chiese non lasceranno la gente di Gaza». «Mi associo alla dichiarazione congiunta dei patriarchi che ieri hanno chiesto di porre fine a questa spirale di violenza, di porre fine alla guerra e di dare priorità al bene comune delle persone – ha aggiunto il Pontefice, ricordando la giornata di digiuno e preghiera per la pace vissuta dalla Chiesa cattolica, e da tanti fedeli di altre religioni, venerdì scorso -. Imploriamo Maria, regina della pace, fonte di consolazione e di speranza, la sua intercessione ottenga riconciliazione e pace in quella terra a tutti tanto cara».
Gesù non è vittima di arresto, ma autore di un dono
Il Papa, durante la catechesi, ha spinto a credere che anche nel «cuore delle sofferenze più ingiuste» si nasconde «il germe di una vita nuova». In questo consiste la «vera speranza che non cerca di evitare il dolore». Parole, quelle di Leone, difficili da non collegare a quanto sta accadendo in Terra santa e alla presenza dei cristiani, che vivono la possibilità del martirio. Nel gesto del Dio che si consegna liberamente ai soldati sul Getsemani, come si legge nel Vangelo, «si incarna una speranza di salvezza per la nostra umanità: sapere che, anche nell’ora più buia, si può restare liberi di amare fino in fondo».
Commentando le scene dell’arresto di Gesù nell’orto degli Ulivi, Prevost, che sta continuando le catechesi giubilari in aula Nervi davanti a migliaia di fedeli e pellegrini, ha tenuto a sottolineare più volte la libertà di «amare fino in fondo». «L’evangelista», ha detto il Pontefice accolto in aula da lunghi applausi dei presenti, «non ci presenta un Cristo spaventato, che fugge», al contrario «ci mostra un uomo libero, che si fa avanti e prende la parola, affrontando a viso aperto l’ora in cui si può manifestare la luce dell’amore più grande». Nella domanda del Signore ai soldati giunti per arrestarlo, «Chi cercate?», c’è l’essenza di un Dio che si pone a difesa di tutti gli uomini e le donne del mondo, è il suo modo di liberare tutti, soprattutto i sofferenti. E’ lui che «non indietreggia», ma si «consegna», per amore, ha sottolineato papa Leone. «Non è vittima di arresto, ma autore di un dono».
Dio si manifesta dove l’umanità sperimenta l’ingiustizia
Quando Gesù risponde «sono io», i soldati cadono a terra. La sua potenza divina, disarmata, basta ad annientare il male e a farsi presente. Qui il Signore «rivela che la presenza di Dio si manifesta proprio dove l’umanità sperimenta l’ingiustizia, la paura, la solitudine. – ha detto definendo uno stile preciso davanti alle violenze del mondo – Proprio lì, la luce vera è disposta a brillare senza timore di essere sopraffatta dall’avanzare delle tenebre». Prevost torna, ancora una volta, sull’immagine della “notte”. Che è quella in cui Cristo si consegna agli uomini per essere ucciso, e oggi è la notte di morte dei soccorritori e dei giornalisti di Gaza, dei bambini e degli anziani malnutriti nella Striscia. Ma anche quella delle famiglie ucraine, sotto il fuoco russo da ormai quasi quattro anni, degli sfollati per la guerra civile in Sudan.
Avere la forza di non cercare una via di fuga
Ancora una volta, il Papa sembra voler parlare ai cristiani di Terra santa, una Chiesa che ha “scelto” il Gestemani. «Nel cuore della notte, quando tutto sembra crollare», però, «Gesù mostra che la speranza cristiana non è evasione, ma decisione». Questo atteggiamento, ha aggiunto, «è il frutto di una preghiera profonda in cui non si chiede a Dio di essere risparmiati dalla sofferenza, ma di avere la forza di perseverare nell’amore, consapevoli che la vita liberamente offerta per amore non ci può essere tolta da nessuno». Parlando del “turbamento” di Cristo, che pure è presente, il Pontefice ha anche ricordato che tutta la sua vita è stata una preparazione alla Passione. «Per questo, – ha sottolineato – quando essa arriva, ha la forza di non cercare una via di fuga. Il suo cuore sa bene che perdere la vita per amore non è un fallimento, ma possiede una misteriosa fecondità». Come il chicco di grano che proprio cadendo a terra non rimane solo, ma muore e diventa fruttuoso. Proprio ai fedeli di lingua araba, alla fine della catechesi, Leone XIV ha ricordato che «il cristiano è chiamato a consegnarsi alla volontà del Padre che ci ama, perché con Lui siamo in pace e tranquillità».
Nel Vangelo si legge anche che Gesù chiede ai soldati di “prendere lui” ma di lasciare andare i suoi amici, «perché si compisse la parola che egli aveva detto: “Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato”». Occorre, dunque, per gli uomini e le donne di tutto il mondo, in qualunque situazione essi si trovino, imparare a “consegnarsi” come ha fatto Gesù, «alla volontà buona del Padre». «Nella vita non serve avere tutto sotto controllo», ha concluso il Vescovo di Roma prima di salutare i presenti provenienti da varie Paesi e di impartire la benedizione. «Basta scegliere ogni giorno di amare con libertà. È questa la vera speranza: sapere che, anche nel buio della prova, l’amore di Dio ci sostiene e fa maturare in noi il frutto della vita eterna».
I saluti finali
Al termine della catechesi, il Pontefice ha salutato e benedetto i fedeli arrivati a Roma da Canada, Stati Uniti, Italia, Francia, Inghilterra, Portogallo, Polonia, Irlanda, Scozia, Malta, Germania, Sud Africa, Indonesia, Taiwan, Timor Est, Vietnam, Sud America. Ai pellegrini di lingua spagnola ha ricordato che «oggi si celebra la festa liturgica di Santa Monica e domani di suo figlio, Sant’Agostino». A loro una preghiera di intercessione per imparare ad amare e dare la vita in maniera libera e gratuita come Cristo, nostra speranza”. Infine, ai pellegrini di lingua cinese, spesso perseguitati, il Papa ha chiesto di «perseverare nel cammino della fede», affidandosi alla protezione della Madonna.