A proposito di libri che non si comprano o che si comprano di meno, ricordo la dritta che il conduttore Luciano Rispoli dava ai telespettatori a fine puntata di un programma (1985-88) da lui condotto: «La televisione è la televisione, ma un buon libro è sempre un buon libro». Avesse tolto televisione e messo smartphone se questi ci avessero già ammaliato, la dritta non sarebbe stata da meno. Perché il libro (buono lo giudica il lettore) è sempre il libro? Principalmente perché dopo l’acquisto lo si porta a casa e una volta a casa ne diventa parte significativa (non solo arredo). E poi il libro è paziente, non esige di essere letto contro voglia. Dopo letto viene riposto, ma non abbandonato. Prova ne è che spesso lo si rilegge (Lectio quae placuit decies repetita placebit). Il suo odore richiama le indimenticate aule scolastiche e (ahimè) le orecchie delle pagine del sussidiario che la maestra aborriva tirandoci, per punizione, quelle vere. A chi acquista libri antichi capita di trovarvi ancora dentro erbe rinsecchite (un trifoglio, una stella alpina, una primula) a fare da segnalibro o a ricordo delle letture sui prati. Il libro lo si può prestare, scambiare, donare. A me (studente) capitò che mio padre me ne tirasse uno dietro facendomene assaggiare il peso. Ma non era quello il suo intento.Voleva avvertirmi che se non avessi studiato potevo scordarmi il motorino, il luna park, il circo Togni, la patente a 18 anni. Che in fondo voleva dire: trovati un’altra strada, lo studio non fa per te. Capii che il libri non sono fatti solo di carta. Per questo resisteranno. E se non resisteranno, io me li farò resistere.Alessandro Prandi
28 agosto 2025
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