La discussione sui sintomi di astinenza dagli antidepressivi si arricchisce di nuove prospettive grazie a una ricerca dell’Imperial College di Londra, che ha analizzato 49 studi controllati randomizzati. I risultati indicano che tali effetti collaterali potrebbero essere meno frequenti di quanto si sia ipotizzato in passato, almeno tra chi assume questi farmaci per periodi brevi. Tuttavia, la comunità scientifica resta divisa sull’interpretazione dei dati, considerando che la maggior parte delle ricerche esaminate riguarda trattamenti di durata limitata.
Una nuova analisi dei dati disponibili
Il team guidato da Sameer Jauhar ha adottato un approccio rigoroso per stimare l’effettiva incidenza dei sintomi di astinenza. Confrontando i pazienti che interrompevano gli antidepressivi con quelli che sospendevano un placebo o proseguivano la terapia, i ricercatori hanno rilevato che chi cessava l’assunzione dei farmaci manifestava, in media, un sintomo in più rispetto agli altri gruppi, dopo una settimana dall’interruzione.
L’analisi ha evidenziato che il disturbo più frequente è rappresentato dalle vertigini, che colpiscono il 7,5% dei pazienti che interrompono gli antidepressivi, contro l’1,8% nel gruppo placebo. Seguono nausea, irritabilità e giramenti di testa, tutti con un’incidenza inferiore al 5% nei soggetti trattati con antidepressivi e sotto il 2% in quelli del gruppo placebo.
Il confronto con le stime precedenti
Questi dati si discostano nettamente da stime precedenti, che delineavano un quadro più allarmante. Una revisione del 2019 aveva infatti suggerito che oltre il 50% dei pazienti sperimentasse sintomi di astinenza, ma quella stima si basava anche su sondaggi online, potenzialmente influenzati da una maggiore partecipazione di chi aveva vissuto esperienze negative.
I sintomi di astinenza potrebbero essere meno comuni del previsto
Un altro studio, pubblicato lo scorso anno, stimava la prevalenza dei sintomi al 31% tra chi interrompeva i farmaci, contro il 17% nei gruppi placebo. Tuttavia, quella ricerca non specificava la natura dei disturbi segnalati, limitando la possibilità di valutare la gravità del fenomeno.
Le criticità metodologiche sollevate dagli esperti
Nonostante il rigore metodologico, la nuova analisi non è esente da critiche. John Read, dell’Università dell’East London, evidenzia una limitazione centrale: la maggior parte degli studi considerati coinvolgeva soggetti che avevano assunto antidepressivi per otto-dodici settimane, mentre nella pratica clinica molti li utilizzano per anni.
Questa differenza è fondamentale. Mark Horowitz, dell’University College London, ha utilizzato una metafora efficace per sottolineare il problema: “È come far schiantare un’auto contro un muro a 5 chilometri orari e concludere che sia sicuro, ignorando che nella realtà si guida a 60.”
L’importanza della durata del trattamento
Il legame tra durata del trattamento e intensità dei sintomi di astinenza emerge come punto cruciale del dibattito. Gli esperti concordano nel ritenere che più a lungo si assume un antidepressivo, maggiore è la probabilità di sviluppare sintomi alla sospensione. Per questo motivo, gli studi a breve termine risultano poco rappresentativi della realtà clinica.
Nonostante i limiti, Susannah Murphy dell’Università di Oxford riconosce il valore della nuova ricerca, definendola “davvero importante per il settore”, perché raccoglie e sintetizza dati da studi ampi e metodologicamente solidi. La sfida futura sarà realizzare analisi più rappresentative dell’uso a lungo termine degli antidepressivi, per comprendere meglio i rischi associati alla loro sospensione nella pratica quotidiana.