di
Stefano Pancini

La veneziana si è trasferita in Val di Fiemme per amore della montagna: «La folgorazione dopo una visita alla bottega artigiana di Peter Kostner»

«Da quando ho scoperto la scultura, il legno è la mia vita». Federica Cavallin, veneta originaria di Martellago (Venezia), architetta, ha cambiato vita dopo avere scoperto la passione per il legno. La svolta è arrivata quasi per caso, dopo avere varcato la soglia della bottega di uno scultore in Val Gardena. Oggi Cavallin scolpisce il legno. Vive e lavora in Trentino, tra Predazzo e Ortisei, circondata dalle montagne, dal profumo del cirmolo e dalla passione per quella materia che ogni giorno plasma con le sue mani.

Cavallin, quando ha capito che sarebbe diventata scultrice?
«Dopo essermi laureata in Architettura, spinta dalla passione per la montagna, durante uno dei miei viaggi sono arrivata a Ortisei. Sono entrata nella bottega di uno scultore, Peter Kostner, che è poi diventato il mio maestro. E … sono rimasta incantata dalle sue opere. Ho lavorato nella sua bottega per cinque anni, lì è emerso il mio potenziale, grazie ai suoi insegnamenti. Eppure, già ai tempi del liceo artistico un professore aveva notato che avevo una certa predisposizione per la scultura, ma non l’avevo preso sul serio».



















































Quali sono gli strumenti principali del mestiere di scultrice?
«Il mio legno preferito è il cirmolo, tipico di questa zona. In particolare, uso quello abbattuto dalla tempesta Vaia: l’ho fatto stagionare per tre anni, così non si fessura e resta stabile. I miei “ferri del mestiere” sono: pialla, sega a nastro, motosega, accetta, scalpelli… Ho imparato all’antica, partendo dal disegno in proporzione e arrivando, se serve, alla rifinitura con carta vetrata. Per la colorazione, uso solo nero, marrone e bianco: tinte neutre, per mantenere un effetto naturale».

Qual è il confine tra arte e artigianato?
«Due opere non saranno mai identiche. Io cambio, cambia il mio modo di lavorare, cambiano le emozioni. È impossibile creare opere fotocopia. A volte mi capita di cominciare un lavoro, metterci l’anima, ma accorgermi che non funziona. Se succede, riparto da zero. Anche gli errori servono, aiutano a migliorarsi».

Il primo lavoro che ha realizzato?
«Quando il maestro mi diede un uovo di gallina e mi chiese di riprodurlo in legno, triplicandone le dimensioni. Mi sembrava venuto bene, ma lui non disse nulla. Solo anni dopo, sua moglie mi confessò che era rimasto colpito, perché “l’uovo era perfetto”».

Quanto è rimasta nella bottega di Kostner?
«Dovevo restare un mese e mezzo, poi fare ritorno a Venezia per la specializzazione. Ma quando il maestro mi disse: “Secondo me hai la stoffa per fare questo lavoro”, scoppiai a piangere: è stata l’emozione più bella della mia vita. E sono rimasta lì 5 anni».

E dopo quel praticantato?
«Mi sono trasferita a Predazzo, dove nel frattempo mi ero sposata. Ho aperto il mio laboratorio e ho cominciato a sviluppare uno stile personale, partendo dalle basi dell’arte sacra imparate in bottega, ma volendo esplorare anche il tema femminile, creando figure ispirate a una sorta di “ipertrofia vegetale”. Nel frattempo, ho insegnato alla scuola media di Predazzo e nel 2024 sono stata anche assessora all’Urbanistica a Predazzo, su incarico dell’allora sindaca Maria Bosin».

A quali progetti sta lavorando oggi?
«Sto collaborando con architetti che si occupano del restyling di chiese in tutto il mondo. C’è bisogno di un linguaggio nuovo per l’arte sacra, che comunichi anche con le nuove generazioni. Così, per la Queen’s University di Belfast sto realizzando un grande pannello absidale con Gesù risorto e San Tommaso, e anche una Madonna con il Bambino per una cappella laterale».

C’è un’opera a cui è particolarmente legata?
«Qualche anno fa ho realizzato per il Comune di Moena un soldato austroungarico inginocchiato: una scultura commemorativa per il centenario dall’inizio della Prima Guerra Mondiale, è stata installata in piazza de Ramon. I miei bisnonni, entrambi soldati italiani, avevano combattuto contro gli austriaci sul Monte Cauriol. Realizzare quell’opera è stato un momento intenso, che mi ha fatta riflettere».


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28 agosto 2025 ( modifica il 28 agosto 2025 | 18:05)