L’ex team manager di KTM e Pramac ha ripercorso varie fasi della sua avventura nel motomondiale, in cui ha incontrato piloti fortissimi
28 agosto 2025
Quest’intervista a Francesco Guidotti risale a qualche settimana fa, ma molti degli argomenti sono ancora attuali, o sono comunque ricordi che si possono leggere in qualsiasi momento.
L’intervista, qui trascritta per la prima parte, è anche VIDEO. Il video lo trovate qui sotto, ma una raccomandazione: siccome l’audio non è perfetto, si ascolta meglio senza cuffie, perché con cuffie e auricolari si amplia il rumore di sottofondo.
La prima domanda è su Max Biaggi, con cui di fatto hai iniziato o quasi a frequentare questo mondo. Max in quegli anni venne fuori praticamente quasi dal niente, tutti sapevano che aveva provato la moto un giorno, per caso, ed era risultato subito veloce. Tu l’hai vissuto da vicino. Che tipo era?
“Diciamo che in quell’epoca lì era un po’ più facile vedere il talento, perché le moto da corsa, erano veramente difficili da guidare, da portare in quel range di utilizzo in cui poi la facevi scorrere e veniva fuori il tempo. Lui aveva fatto vedere alla Sport Production, all’epoca fucina di piloti, però dopo da pilota a campione la differenza è abbastanza grossa… a Misano ci fu una stage per selezionare i piloti per il Team Italia dell’anno successivo e ci furono diversi che andarono forte, ma lui andò particolarmente forte. Fu abbastanza facile capire che quello era un pilota-campione”
Max Biaggi
Tu hai lavorato con tanti campioni. Max è uno fra quelli più forti con cui hai lavorato…
“Sì, indubbiamente. Perché poi comunque lui ha anche delle particolarità che per l’epoca non erano così comuni come adesso. Stava molto molto attento sia alla forma fisica che all’alimentazione, cosa che 30 e passa anni fa era un po’ una novità. Invece lui ha sempre dedicato molta attenzione alla preparazione fisica che venne un po’ fuori anche per caso ed è sempre stato uno che ha mangiato pochissimo, ha abituato il suo corpo ad aver bisogno di poco cibo”
Ed è ancora così…
“È ancora così, mi ricordo l’ultimo anno che abbiamo lavorato insieme, 2010-2011, l’epoca della Superbike con Aprilia, lui veramente non è maniacale, non è quello che soffre perché non mangia, perché si è talmente abituato che gli viene naturale, però mangia veramente poco.
È incredibile dove possa trovare così tanta energia anche durante il giorno”
Secondo te si può dire che è stato un po’ sottovalutato, nel valore che ha portato e per la classe che aveva?
“Ma no, sottovalutato secondo me no. Più che altro gli manca la ciliegina che è un mondiale di 500 o di MotoGP. Perché comunque ha fatto tantissime cose che ora magari non ci si ricorda, perché il tempo passa, però tipo andare a Suzuka con la 250 e pensare di
vincere era una roba fuori da ogni logica. Chi vinceva il mondiale veniva via da Suzuka con un sesto-settimo posto doveva essere contentissimo, c’erano tutti i piloti giapponesi… l’anno in cui Biaggi vinse a Suzuka con l’Aprilia 250 è una roba… mi viene la pelle d’oca. Vincere con la 250 Aprilia a casa dei giapponesi in quell’epoca era una roba fuori dal normale. Poi Max ha vinto all’esordio in 500 sempre a Suzuka, che è pari del Mugello, in quanto a difficoltà di interpretazione. Vincere all’esordio in 500 vuol dire proprio essere un fuoriclasse. Secondo me gli è mancato quel qualcosa per vincere un mondiale in classe regina, però sottovalutato no. C’ha un carattere un po’ particolare a volte, però lui ha un carattere davvero forte e non ha mai avuto un manager. Penso che le sue soddisfazioni se le sia tolte e se le sia guadagnate”
Gli inizi in MotoGP di Pecco e Martin
Venendo all’attualità, nel 2021 è stato l’ultimo anno che eri in Pramac, l’anno da rookie di Martin. Jorge vinse una gara al primo anno, dopo un grave incidente.Tu pensavi che poi sarebbe diventato campione del mondo?
“Sì, sì, perché Jorge aveva dato già un segnale forte, fortissimo, nel primo giro del primo test. Quell’anno praticamente non avevamo fatto il test in novembre perché eravamo in pieno Covid. L’anno successivo il primo test fu in Qatar. Sia lui che Enea fecero il primo test in Qatar senza aver assaggiato prima la MotoGP. Da lì a 15 giorni c’era la prima gara, quindi tutto molto compresso. Ricordo sia lui che Enea fecero il primo giro in assoluto della loro vita in MotoGP e alla staccata della prima curva staccarono come se fossero dei veterani, a una velocità sostenuta. Frenata e inserimento come dei veterani. Tutti e due, ma in particolar modo Jorge. Lui e Zarco ereditarono le moto di Pecco e di Miller, che avevano le moto ufficiali l’anno prima. Jorge fece vedere subito una velocità incredibile. Molta sfortuna nella caduta di Portimao, una curva molto molto particolare e un circuito che ancora si conosceva poco, era solo il secondo anno che ci si correva”
Bagnaia, da 2021 al 2024, era sempre stato il primo pilota, sia nell’epoca Miller che in quella Bastianini. Invece quando era con te, nei due anni con Miller, l’australiano era andato meglio, no?
“Ni, ni. Pecco è sempre stato un po’ superiore, quello che aveva più potenziale, aveva un metodo, un’altra generazione rispetto a Miller, che non è mai stato strutturato, né come allenamenti, né alimentazione, spostamenti vari. Jack viene dall’altra parte del mondo, ha un modo di fare completamente diverso dal nostro e ha fatto miracoli per rimanere così a lungo nella nostra categoria. Pecco invece viene da un contesto molto più inquadrato, anche a livello familiare, culturalmente parlando e lui è molto metodico. Si capiva che sarebbe arrivato, che capiva, è un carattere che non tira il cappello per aria, è uno che prima di fare un passo deve capire. Infatti ci ha messo un po’, ma io dicevo ‘ragazzi questo se inizia a vincere non smette più’. Aveva fatto vedere una velocità incredibile a Sepang e anche a Jerez. Magari durava poco, mangiava le gomme, però era velocissimo. La velocità non la insegni, puoi insegnare la traiettoria, ma la velocità deve averla il pilota, non si insegna. Ha rischiato di vincere a Misano, poi è passato nel team ufficiale e ha fatto l’ultimo gradino, ed è tutt’ora il pilota Ducati con più vittorie”
Marquez, Acosta, Miller
E di questa situazione, in cui gli arriva un Marquez nel box, vince gare e sprint che dici?
“Marc ha sicuramente qualità diverse, è uno che si adatta meglio alla moto, ha una guida molto più versatile e una capacità di adattamento diversa da tutti i piloti. Per Ducati è stata una grandissima fortuna”
E invece Pedro Acosta dove lo mettiamo, dopo aver parlato di tutti questi campioni?
“Giovane, lo metterei fra le giovani promesse, grande talento che ha vinto due mondiali in tre anni, uno lo ha perso perché si è fatto male in allenamento, sennò ne vinceva forse due in due anni. In MotoGP ha fatto benissimo nel primo anno, ma gli è mancata un po’ di umiltà, secondo me. Ha continuato a fare sbagli, ha fatto dei podi, è caduto in delle gare in cui era in testa, ma poteva far secondo, risultato importante che gli avrebbe dato più sicurezza. Quest’anno KTM in inverno sembra non abbia potuto lavorare come gli altri, aspetto che ha un po’ pagato, ma è un ragazzo su cui punterei”
Quanto è il rammarico per essere stato vicino a lavorarci insieme a Pedro e poi è sfumata?
“Ci ho lavorato abbastanza l’anno scorso, non sono riuscito a convincerlo a fare certe cose piuttosto di altre, ma sono anche ragazzi che arrivano da una serie di risultati super positivi e si sentono… Pecco stesso eh, ricordo una volta che partì male e si trovò dietro a Pol Espargaro a Jerez e cadde, tornò al box e disse “ho dovuto rischiare perché non mi faceva passare!”. Perché doveva farti passare? Perché in Moto2 ci sono dei piloti che hanno un po’ di sudditanza, in MotoGP perché dovrebbero farti passare? Non devi innervosirti, ma capito, arrivano con uno slancio e poi dicono ‘oh, aspetta, qui è un po’ più difficile'”
Torno un attimo al 2022-2023… tra tutti i piloti prendeste Miller? Che contributo vi dette?
“Devi vedere lo stato dello sviluppo di KTM, tutti i piloti arrivati in KTM erano rookie, a parte Zarco che però durò poco, e Petrucci, che però era in Tech3, che però non era strutturata per portare avanti quel tipo di discorso. Io, appena arrivato, dissi ‘qui c’è bisogno di qualcuno che monta sopra e ha una velocità dimostrata’. A quel tempo c’era ancora il discorso sul telaio in ferro, in tubi in acciaio, troppi punti interrogativi dove avevamo bisogno di certezze per prendere una strada. Miller era l’unico forse in scadenza e che KTM conosceva bene, aveva le caratteristiche che KTM voleva, e aveva l’entusiasmo di venire, veloce, perché comunque è veloce. Aveva tutte le caratteristiche giuste e aveva una gran voglia. E infatti ha impostato la moto come poi si è evoluta”
2023 rimane la stagione più bella?
“Sì, abbiamo fatto secondo posto nei costruttori e quarto posto con Binder, vittorie nella Sprint, c’è mancata la vittoria in gara lunga, ne potevamo vincere almeno quattro”