di
Davide Frattini

Nel progetto presentato da Blair e Kushner negozi e resort. L’allarme del Programma mondiale alimentare sulla carestia

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
GERUSALEMME – Sette metri quadrati a testa. Le mappe che i militari distribuiscono tra la popolazione mostrano che il milione e duecentomila persone ammassato nella città di Gaza dovrebbe evacuare verso un’area limitata e dove sono accampati già altri rifugiati. I calcoli del quotidiano Haaretz confermano come l’ordine di occupare la metropoli in macerie non potrà che rendere ancora più catastrofica la situazione per la popolazione, schiacciata dall’ennesima deportazione interna in pochi chilometri quadrati.

I portavoce dell’esercito annunciano che verranno costruiti due nuovi centri per la distribuzione del cibo, la gestione resta però in mano alla Gaza Humanitarian Foundation, una società americana senza esperienza in questo tipo di operazioni. I punti dove la gente affamata potrebbe recuperare gli aiuti diventano sei in totale. «La situazione è alla rottura», lancia l’allarme Cindy McCain, direttrice del Programma mondiale alimentare. E implora il governo a Gerusalemme di permettere la riapertura dei 200 centri per il cibo che erano stati allestiti dall’organizzazione delle Nazioni Unite, oltre a quelli coordinati da altri gruppi di soccorso. Le associazioni per i diritti umani, tra cui l’israeliana HaMoked, denunciano che in questi mesi ci sono stati casi di palestinesi portati via dai soldati non lontano dalle aree sotto il controllo della Ghf e alcune famiglie non hanno più saputo nulla. Gli americani smentiscono che sia successo nelle loro zone.



















































Mentre alla Casa Bianca il presidente Donald Trump riunisce i consiglieri per discutere il dopo guerra e il futuro di Gaza, i generali egiziani starebbero già addestrando — rivela il Wall Street Journal — 10 mila soldati che prendano il controllo del territorio. Ne farebbero parte le forze di sicurezza dell’Autorità nazionale palestinese in Cisgiordania e anche uomini del Fatah, la fazione del presidente Abu Mazen, provenienti dalla Striscia. Previsto anche un contingente da altri Paesi arabi. Netanyahu si è sempre opposto alla presenza dell’Autorità alla fine del conflitto. I piani del presidente americano sono, nel suo stile, più immobiliaristi: il genero Jared Kushner e Tony Blair, l’ex premier britannico e già inviato del Quartetto per il Medio Oriente, avrebbero presentato al vertice un progetto per sviluppare i 363 chilometri quadrati tra centri commerciali e residenze sul mare.

I mediatori egiziani e del Qatar chiedono alla comunità internazionale di esercitare pressione su Netanyahu: «Sta ostacolando e ritardando la possibilità di raggiungere un cessate il fuoco». È la proposta accettata da Hamas che prevede una tregua di 60 giorni in cambio della liberazione di 10 ostaggi in vita, a Gaza ne restano altrettanti sopravvissuti e una trentina morti in cattività. Itamar Ben-Gvir, il ministro per la Sicurezza nazionale, vuole invece ostacolare le proteste quotidiane dei famigliari dei sequestrati. Ha presentato richiesta alla procuratrice generale per vietare ai cortei di bloccare le strade principali, quelle dove si sono svolte le manifestazioni in questi mesi. Il piano del ministro di estrema destra vuole limitare il diritto di protesta e coincide con l’appello per una contestazione massiccia davanti alla residenza di Netanyahu a Gerusalemme.

La guerra perpetua del premier prosegue su più fronti. L’aviazione e le forze speciali sono intervenute a sud di Damasco per smantellare delle apparecchiature di intelligence che sarebbero state posizionate anni fa dai turchi. Dopo il lancio di due droni esplosivi dallo Yemen, i jet hanno bombardato una serie di appartamenti a Sana’a dove i vertici militari degli Houthi erano riuniti: l’intelligence calcolava che si sarebbero trovati insieme per ascoltare il discorso del presidente. 

29 agosto 2025 ( modifica il 29 agosto 2025 | 00:17)