Una casa contemporanea a Essaouira, in Marocco, dal fascino vernacolare.
In parte residenza di artisti, in parte architettura integrata, la casa ospita una collezione di opere d’arte, design e libri rari, per lo più risalenti al XX secolo fino ai giorni nostri, che illustrano la storia dei numerosi scambi culturali tra il Nord Africa e il resto del mondo. Siamo a 30 minuti da Essaouira, in Marocco, su un terreno di 10 ettari che si affaccia su una vasta area agricola collinare. “Insieme al proprietario, abbiamo voluto costruire questa casa integrandola nel suo contesto umano e geografico” spiega l’architetto Othmane Bengebara. “Una tribù indigena, i Regraga, riunisce il know-how locale e noi ci siamo inseriti molto presto in questa realtà privilegiando i circuiti brevi e lavorando con artigiani il più possibile vicini alla terra”. In questa zona ricca di storia, Othmane Bengebara e il proprietario hanno optato per un’architettura paesaggistica semplice e vernacolare, che si integra con l’ambiente circostante. Il progetto di questa casa contemporanea prevede spazi abitativi, un lounge bar, una sala da pranzo, una cucina e due camere da letto. Il posizionamento dell’edificio sul sito è stato progettato per rivelare la vista, ma anche per proteggerlo dal sole e incanalare il vento, che soffia quasi tutto l’anno. “L’aspetto paesaggistico è essenziale e ci permette di integrare la casa in linea con i toni del terreno. C’è quindi una continuità organica tra architettura, paesaggio e cultura costruttiva locale. Questa coerenza si basa su scelte non solo estetiche, ma anche ecologiche, culturali e ricche di ricordi”.
L’altezza del soffitto del soggiorno è impressionante. I lucernari permettono la fuoriuscita dell’aria calda in un ciclo di ventilazione naturale basato su principi bioclimatici. Il soggiorno è organizzato come un conversation pit integrato, con cuscini rivestiti in tessuti chiari. Al centro, un tavolino Cigogne di Chafik Gasmi, del 1990, e tavolini di Mathieu Matégot, del 1950. Lampade a sospensione in ceramica di Sammy Bernoussi (Hall Haus) e Abdellah Outghit, commissionate da DDAR, 2024.
Architettura bioclimatica
Il vocabolario architettonico semplice e ritmico evoca il Douar, quel piccolo villaggio rurale marocchino in cui nulla è alla stessa altezza, né alla stessa larghezza, in una ricchezza architettonica unica. Allo stesso modo, la casa è stata progettata con l’aiuto di ingegneri bioclimatici per evitare la necessità di riscaldamento e condizionamento durante tutto l’anno. Produce elettricità a energia solare e applica una rigorosa strategia di gestione dell’acqua. Per proteggersi dal vento, ma anche per accoglierlo come vettore naturale di freschezza, le finestre e i bow window sono anche una soluzione bioclimatica per il raffreddamento della casa. L’altezza dei volumi – 6 metri sotto il soffitto del soggiorno – permette all’aria calda di salire e uscire dalla casa attraverso alte aperture che fungono da prese d’aria. Realizzate con l’aiuto di un falegname locale a meno di 2 km dal sito, alcune finestre si aprono a fisarmonica, mentre altre ruotano per far entrare l’aria. È così che gli ingegneri guidano la progettazione delle pareti e dei volumi, con una lettura precisa dei flussi di aria calda e fredda.
Un camino aperto sembra sospeso nell’aria. Insieme al divano incassato, conferisce un’atmosfera contemporanea alla casa, costruita con architettura e competenze tradizionali, proprio come i muri di argilla spatolati all’interno e all’esterno. Davanti al camino, un antico lavabo in ceramica della regione di Essaouira. Sopra un tavolino Cigogne di Chafik Gasmi, lampade a sospensione in ceramica di Sammy Bernoussi (Hall Haus) e Abdellah Outghit. Sullo sfondo, tra le finestre, su un tavolo di Ronald Cecil Sportes per il Movenpick Hotel Malabata di Tangeri, 1997, tre vasi (Hall Haus).
Non mancano le aperture, anche in alto, per far circolare l’aria e mantenere una temperatura accettabile, anche in estate. Al centro del soggiorno scavato, un tavolino Cigogne di Chafik Gasmi e tavolini di Mathieu Mategot, 1950 circa. Lampade a sospensione in ceramica di Sammy Bernoussi (Hall Haus) e Abdellah Outghit.
Il savoir-faire degli artigiani locali
In questa casa color argilla, che scompare nell’ambiente circostante, tutto è fatto a mano: sono il gesto e gli strumenti a plasmare l’architettura esterna e interna, dalle facciate in argilla ai pavimenti, alle pareti e ai soffitti interni. Il proprietario, che proviene dal mondo dell’arte, stabilisce un legame prezioso tra artisti e artigiani. Poiché la casa è destinata a ospitare una comunità internazionale di creatori, invitati a dialogare, la sua costruzione si basa sullo stesso principio. I residenti locali e le persone che sanno usare le mani sono chiamati a far rivivere competenze tradizionali a volte dimenticate, in particolare nella creazione di oggetti e mobili, dando loro un ruolo centrale in questo processo creativo contemporaneo. Questa intelligenza collettiva serve a inventare un modo di vivere che sia al tempo stesso radicato nel passato e contemporaneo. Come il soggiorno, che è organizzato come come un immenso conversation pit dominata da un camino aperto, in un salto e ritorno tra le epoche in cui ogni cosa risponde all’altra. Questo vasto spazio aperto centrale è molto attuale e riflette il nostro desiderio di un luogo che sia al tempo stesso spazioso e protettivo. “Quando si è seduti più in basso rispetto al suolo, lo sguardo è a livello del paesaggio, quindi si è molto più integrati nel mondo naturale esterno. Questo punto di vista riflette un apprezzamento più fresco e contemporaneo dell’architettura del patrimonio”.