Mentre in Europa si discute di settimana corta, in Olanda è già una realtà diffusa grazie al part-time. Un modello che unisce benessere e ricchezza (e nasconde anche qualche insidia)
28 Agosto 2025
@Canva
Nei Paesi Bassi, la settimana lavorativa media è la più corta d’Europa: poco più di 32 ore. Un risultato raggiunto non attraverso una legge nazionale, come si discute in altri Paesi, bensì tramite il più alto tasso di lavoro part-time tra le economie avanzate. Questo modello sociale ed economico, unico nel suo genere, produce risultati apparentemente contraddittori: da un lato, il Paese vanta un’altissima produttività e un tasso di occupazione dell’82%, collocandosi ai vertici mondiali anche per la felicità percepita. Dall’altro, l’analisi rivela criticità come una bassa percentuale di donne in ruoli manageriali e una crescente carenza di manodopera in settori chiave. L’esperienza olandese offre così un caso di studio cruciale sui complessi compromessi tra benessere individuale e sfide collettive.
Un patto sociale, non una legge
La vera chiave del “miracolo” olandese non sta in una riforma calata dall’alto, ma in una scelta culturale ed economica diffusa: il part-time. Questa transizione è stata resa possibile da un ecosistema favorevole: una produttività oraria eccezionale, una grande flessibilità contrattuale e un salario minimo che nel 2025 supererà i 2.300 euro netti al mese, permettendo di considerare un orario ridotto con maggiore serenità. Non è una legge a imporre di lavorare meno, ma un intero sistema che lo rende un’opzione praticabile e desiderabile per una larga fetta della popolazione.
I benefici di una vita a ritmo diverso
I risultati di questo approccio sono la migliore risposta ai più scettici. L’Olanda non solo è una delle economie più ricche e solide d’Europa, ma vanta anche un tasso di occupazione altissimo, ben superiore a quello di Stati Uniti (72%), Francia (69%) e soprattutto Italia (62,9%). La prova che lavorare meno ore non significa necessariamente produrre di meno o essere meno competitivi. Anzi, il benessere generale sembra trarne un enorme vantaggio: secondo l’Unicef (dati 2025) i bambini olandesi sono i più felici del mondo e il Paese è stabilmente nella top 5 della classifica della felicità globale (World Happiness Report 2025). Un altro dato sorprendente è l’età pensionabile effettiva, 66,6 anni, tra le più alte d’Europa. Lavorare in modo più sostenibile permette evidentemente di rimanere attivi più a lungo, sfatando il mito che orari ridotti equivalgano a scarso impegno.
Questo modello affonda le sue radici in un cambiamento sociale iniziato negli anni ’80, quando le donne sono entrate in massa nel mondo del lavoro, prevalentemente con contratti part-time. È nato così il “modello del genitore con un reddito e mezzo”, che oggi si è evoluto. Anche gli uomini ricorrono sempre più all’orario ridotto, prendendosi il cosiddetto “giorno di papà” per dedicarsi alla cura dei figli e della casa. La settimana corta è così radicata che l’economista Bert Colijn della banca ING ha rivelato a Daily Mail: “Lavoro cinque giorni, e a volte vengo esaminato per aver lavorato cinque giorni!”. Alla base c’è un approccio culturale invidiabile: la vera fobia degli olandesi è il terrore di essere stressati. Lavorare meno ne è la logica e vincente conseguenza.
Le sfide da affrontare per un modello d’ispirazione
Naturalmente, un cambiamento così profondo non è esente da criticità. Perché questo modello possa essere davvero d’ispirazione, è fondamentale essere consapevoli dei nodi da sciogliere. Il primo è il rischio che il part-time, soprattutto per le donne, diventi una “gabbia dorata” che frena la carriera: solo il 27% dei manager nei Paesi Bassi è donna, una delle percentuali più basse tra i Paesi sviluppati. Il secondo è la carenza di manodopera che colpisce settori cruciali come la sanità e l’insegnamento.
Non vuoi perdere le nostre notizie?
Ti potrebbe interessare anche: