di
Greta Privitera

Kim Kardashian: «La prima volta che sono andata alla Casa Bianca, mi sono chiesta: “Devo vestirmi in modo diverso? Postare cose diverse?”. La risposta è: assolutamente no. Devi solo essere te stessa e lottare per ciò in cui credi»

DALLA NOSTRA INVIATA
VENEZIA – Sembra un’aliena in visita sulla Terra, precisamente al Teatro Goldoni di Venezia. Un’ora e trenta di apparizione sul nostro Pianeta per poi scomparire di nuovo, verso un mondo lontano di cui noi vedremo solo cartoline su Instagram e TikTok. Non è tanto quella tuta-body-mantello color argento che indossa a darle le sembianze dell’extraterrestre, è più l’aura che Kim Kardashian emana in mezzo ai mortali. A ogni sguardo incrociato ripete «Hello, how are you». China il capo, sfoggia sorrisi, ma evita strette di mano, o troppa vicinanza: nessuno ha il coraggio di chiederle una foto. Ogni suo passo è preceduto da «men in black» che sgombrano il percorso, mentre un parrucchiere la rincorre per sistemarle qualche ciocca che si ribella alla perfezione. 

Chi sia Kim Kardashian dipende dagli anni della persona a cui lo si chiede. Per i millennial è l’ex assistente di Paris Hilton, la protagonista del reality show Al passo con i Kardashian, la regina delle influencer, la ex moglie di Kanye West. Ma è la generazione Z che la incorona. Dicono: «È una donna indipendente, un’imprenditrice di successo che ama i suoi quattro figli. Non è crollata nonostante le follie del marito. È la prima ad averci detto che un corpo con le curve è meraviglioso: è una diva». Con un gruppo ristretto di giornalisti, siamo nel backstage della sedicesima edizione dei DVF Awards, i premi della stilista e filantropa Diane von Furstenberg dedicati alle donne che si sono distinte per coraggio e leadership. Nel maggio del 2025, Kardashian si è laureata in giurisprudenza e su questo palco veneziano viene premiata per il suo impegno per cambiare la riforma del sistema giudiziario penale statunitense. A consegnarle il riconoscimento è l’uomo che le deve la libertà. Si chiama Chris Young, è del Tennessee e a 22 anni è stato condannato a due ergastoli per spaccio di droga. Se è fuori è anche grazie a lei. L’ultimo giorno del suo primo mandato, Donald Trump gli ha concesso la grazia.

Quando ha scoperto il senso di giustizia? E cosa ha imparato da suo padre, l’avvocato Robert Kardashian?

«Crescendo, ho sempre pensato che questo fosse solo il mestiere di papà. La passione per la giurisprudenza è nata sette anni fa, quando per la prima volta ho aiutato una donna (Alice Marie Johnson, ndr) a uscire di prigione. Prima di allora, il concetto di giustizia non aveva nessun significato per me. Sono stata ingenua riguardo al nostro sistema giudiziario, non sapevo come funzionasse, oggi voglio comprendere come cambiare le politiche a riguardo».



















































Chi è per lei Chris Young?
«È una parte importante del mio cammino, per lui ho lottato e sono entrata per la seconda volta alla Casa Bianca per chiedere la grazia. Chris è un giovane che per anni ho cercato di far uscire dalla prigione collaborando con varie amministrazioni. Si è preso l’ergastolo per reati di droga di basso livello. È stato dentro per più di 10 anni. Lui voleva solo studiare, uscire e avere una vita migliore».

Pensa che potrebbe tornare alla Casa Bianca per i fratelli Menendez (in carcere per avere ucciso i genitori, hanno affermato di aver commesso il crimine dopo anni di abusi da parte del padre)?
«Lo vorrei davvero. Ma loro sono in una prigione statale, quindi la decisione spetta al governatore. Busserei la porta di qualsiasi amministrazione per combattere per i diritti delle persone in cui credo. Se fosse un caso federale, chiederei di aiutarli».

Crede che il potere della voce delle persone famose possa ottenere qualcosa di significativo sulle grandi questioni come Gaza, per esempio?
«Prima non capivo che avrei potuto usare la mia voce nel modo in cui ho fatto poi. Ma una volta che realizzi che hai la possibilità di cambiare le cose, ti viene voglia di farti sentire. Penso che ci siano diverse persone chiamate a farlo. Al pranzo dei DVF Awards, ho ascoltato una madre di Gaza e una di Israele che insieme hanno fondato un’organizzazione: è stato potente. Ho ascoltato una donna sudanese che lotta per i diritti; Christy Turlington per le madri in tutto il mondo. Ho visto donne di Paesi diversi unirsi, ed è Diane che ci ha messe insieme».

Come fa a bilanciare il suo ruolo di star con l’attivismo? Quando è andata alla Casa Bianca, si è preoccupata che non la prendessero sul serio?
«Mai. La prima volta che sono andata alla Casa Bianca, mi sono chiesta: “Ora devo vestirmi in modo diverso? Postare cose diverse?”. La risposta è: assolutamente no. Voglio che la gente veda il lavoro che faccio e si relazioni anche alle mie cose che non sono legate all’attivismo e poi magari si incuriosisca. Devi solo essere te stessa e lottare per ciò in cui credi. Si sente quando qualcosa è autentico».

Lei si è espressa anche sulle politiche che riguardano l’immigrazione del suo Paese.
«Quando si parla della stretta sull’immigrazione, spesso si dice che riguarda persone che hanno commesso crimini. Poi però nella realtà ci si accorge che queste politiche toccano la vita di uomini e donne che conosci, che ami e che non hanno fatto nulla di male. È una questione davvero complessa, ma penso che dobbiamo fare il possibile per proteggere coloro che sostengono e contribuiscono a costruire il nostro Paese».

30 agosto 2025