I Mostri contemporanei cominciano ad affiorare in Laguna e noi sprofondiamo nei mondi ossessivi dell’oggi: i corpi alieni (Bugonia), i femminicidi (La Gioia) e non meno gravi, benché più divertenti, le turbe della notorietà (Jay Kelly).

Come recita la citazione di Sylvia Plath in apertura di quest’ultimo film: «È una tremenda responsabilità essere se stessi, molto più facile essere qualcun altro o nessuno» e nei film citati tutti, più o meno di buon grado, preferiscono esser qualcun altro. O immaginarlo.

Bugonia

A cominciare dall’apocalisse annunciata del film di Lanthimos, che comincia lieve sulle api a rischio di estinzione, ma dietro l’angolo dell’alveare due complottisti paranoici, dissociati dal mondo, l’ottimo Jesse Plemons e il commovente Aidan Delbis, rapiscono la potente Ceo di una multinazionale tossica, Emma Stone, e la rinchiudono nel seminterrato ritenendola un’aliena, la regina dell’impero ET.

Truculento e disperato, una gara di sopravvivenza per la torturata, abile nel cambiare continuamente versione, passando dalla negazione alla seduzione alla rivelazione che, sì, è davvero un’extraterrestre (attenzione: non è uno spoiler!)! Jeu de massacre estremo e il corpo di Stone è come sempre il proiettile più pericoloso dell’arma impropria Yorgos Lanthimos, l’avanguardia delle donne che divorano prima di farsi divorare.

La carne può essere maciullata, ma il finale visionario ci coglie assolutamente di sorpresa. E le api non spariranno: leggere il significato di bugonia. Abbastanza imperdibile.

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Stringente è anche l’occhio di Nicolangelo Gelormini, regista di La Gioia, puntato sugli interni soffocanti in cui vive la professoressa cinquantenne e complessata, Valeria Golino, sedotta e massacrata per i soldi dall’alunno torbido e spietato Saul Nanni.

Il fatto di cronaca aveva agghiacciato tutte, il film rende in parte giustizia all’ingenuità così fuori moda della vittima.

Jay Kelly

È ben più piacione il film di Noah Baumbach, che inizia benissimo con una lunga panoramica nei meandri chiassosi di un set hollywoodiano, alla scoperta di George Clooney superstar, con corredo di security e publicist (Adam Sandler), divo a cui sta ormai stretta la mancanza di privacy e di empatia, e chissà come, per redimersi, fra visioni e flashback (un po’ troppo di tutto), si imbarca su un treno di terza classe verso la Toscana dove gli consegnano il Tributo alla carriera.

Qualche dialogo irresistibile, Clooney molto in parte, anzi è se stesso, ma quel sorriso un po’ “what else?” gli resta incollato. E, certo, può dare di più.