di
Paolo Mereghetti

Valérie Donzelli firma il il ritratto di un uomo che lascia una vita agiata per dedicarsi alla scrittura, diventando povero. Mentre Park Chan-wook mette a fuoco la disumanizzazione del lavoro

Un tema simile — vivere dopo aver abbandonato il proprio lavoro, chi volontariamente e chi no — unisce i due film del concorso À Pied d’œuvre (Al lavoro) di Valérie Donzelli e No Other Choice (Senza nessun’altra scelta) di Park Chan-wook, raccontati in due modi che più differenti non potrebbero.

La regista francese ha scelto la storia vera di un fotografo (nella realtà Frank Courtès, nel film l’ottimo Bastien Bouillon) che ha lasciato un lavoro ben retribuito per scrivere e si trova a dover fare i conti con la povertà. Testardo e determinato non vuole arrendersi, nonostante l’editor (Virginie Ledoyen) respinga i suoi manoscritti, e così si industria come tuttofare a pagamento.



















































Il film racconta questa piccola odissea senza pietismo né retorica, reinventando ogni volta una storia senza ripetersi e difendendo con pudore e determinazione quella scelta di vita. Con due momenti indimenticabili: l’imbarazzato incontro con la cliente di Uber con cui è salito in casa e la commovente telefonata del figlio dal Canadà.

Il regista coreano, invece, sceglie la commedia farsesca, con sfumature noir, per seguire uno specialista nella produzione della carta che viene licenziato dopo 25 anni e poi umiliato quando si presenta ai colloqui di lavoro. A cui non resta che «eliminare» chi può avere le sue stesse caratteristiche professionali.

Alla base c’è il film di Costa-Gavras Cacciatore di teste (a sua volta ispirato a un romanzo di Donald Westlake) che Park declina con un più insistito gusto del paradosso, preoccupato di sottolineare da una parte la disumanizzazione del lavoro che oggi sembra fare a meno anche dell’uomo e dall’altra la disumanizzazione dei coreani stessi, ingabbiati in un sistema di regole e formalismi che cancellano ogni umanità.

Ci sarebbe ancora da riflettere sui modi in cui la «vecchia» Europa e il «nuovo» Oriente affrontano il tema del lavoro (e della sua perdita), chi con misurata empatia chi con paradossale divertimento, ma il discorso ci porterebbe troppo lontano.

30 agosto 2025