Sandro Sabatini25 lug 2025, 14:40

Ultimi aggiornamenti: 25 lug 2025, 14:56

Forse è vero che le squadre di calcio hanno un loro DNA, storicamente riconoscibile. Ma non tanto nel gioco o nei risultati, perché ormai è fuori moda raccontare ancora che l’Inter sia rigorosamente “pazza” secondo consuetudine morattiana. Oppure il Milan dedito al “bel giuoco” – con la “u” dell’esatta pronuncia berlusconiana. O infine la Juventus sobria e vincente cioè “made in Agnelli”. È finito da un pezzo anche il Napoli di tutti gli ingredienti pop, tipo “a’ pizza e o’ sole”, perché da più di un decennio ai luoghi comuni si aggiungono coppe e scudetti, vittorie davvero fuori dal comune.

Magari i tifosi sono più riconoscibili e legati alle tradizioni. Ma soprattutto i comportamenti fanno la differenza. Però anche qui qualcosa sta cambiando e sfuggendo di mano. All’Inter non si ricordano più le presentazioni con folle festanti da grattacieli e balconi metropolitani. Al Milan quest’anno è sparito il trofeo Berlusconi (prima Luigi e poi Silvio), cioè l’ultra-trentennale appuntamento di Ferragosto che puntualmente radunava a San Siro gli ottantamila milanesi che non erano in vacanza. Alla Juventus non c’è più Villar Perosa, giardino di famiglia. E da oggi nemmeno la consuetudine che alla foto di presentazione ci si presenta in giacca e cravatta, entrambe scure e meglio ancora se blu. O almeno in camicia bianca, rispettata perfino da McKennie very american style o addirittura da Vidal che poi in verità non fece un figurone in altre uscite extra campo.