di Chiara Maffioletti

Paolo Cevoli, con il suo «Andavo a 100 all’ora», è il primo protagonista di «Comedy Club», sul Nove. «Facevo il manager, compravo e vendevo locali. Poi sono arrivati quelli di Zelig, ed è cambiato tutto»

C’è sempre un gran bisogno di ridere. Mai come in questi tempi un po’ bui. Ecco perché non perdere la nuova stagione di questa trasmissione dedicata proprio alla comicità nella sua forma più pura: l’incontro con il pubblico a teatro. Protagonisti Giuseppe Giacobazzi, Antonio Ornano, la stand up comedy di Roberto Lipari e il duo Marta e Gianluca: cinque settimane di divertimento con i loro show. Si parte con Andavo ai 100 all’ora di un veterano come Paolo Cevoli: un tuffo nel passato, tra battute, ricordi e affettuosi confronti generazionali.

Come è nata l’idea dello spettacolo?
«Dalla canzone di Morandi Andavo a 100 all’ora perchè ho pensato che se oggi vai ai 100 stai andando pianissimo, ti suona anche il camion del letame. Per questo ho deciso di raccontare un pezzo della mia vita, di quando ero a Riccione con i miei genitori che avevano un albergo, la pensione Cinzia, e di come sia tutto diverso rispetto ad allora».



















































Far ridere è una dote naturale o si può anche imparare?
«Penso sia un po’ e un po’. Sicuramente ci vuole un po’ di dote naturale, ma il lavoro è fondamentale. Quando ho iniziato a Zelig, Bisio e Gino e Michele mi hanno subito consigliato di mettermi a fare teatro, così a 44 anni ho iniziato a collaborare con un regista e ho cominciato a imparare tutto quello che potevo imparare».

I social e, in generale, le nuove tecnologie, hanno cambiato la comicità?
«Cambiato non lo so, sicuramente hanno contribuito a portare avanti una evoluzione. Conosco tanti comici giovani che grazie ai social hanno potuto mettersi in gioco e provare a tentare questa carriera. Anche perchè una volta c’era la televisione, mentre oggi il mezzo di comunicazione principale è quello».

Far ridere è un grande potere: una risata può cambiare qualcosa?
«Una risata può cambiare tutto. Ad esempio io mi ricordo il mio babbo Luciano: quando eravamo alla pensione, a me e a mio fratello ci faceva ridere tanto, perchè diceva che se lavoravamo contenti avremmo trasmesso quella gioia anche ai clienti, e ho scoperto col tempo che aveva davvero ragione».

Ma quando ha capito di essere un comico? O, comunque, di avere questo talento?
«In realtà non l’ho proprio capito io, io facevo il manager, compravo e vendevo locali. Una sera, in un mio locale vennero quelli di Zelig che mi dissero: Cevoli hai questo talento di essere un cretino, perché non vieni a fare televisione dove i cretini come te li cerchiamo come il pane. E mia moglie subito ha detto loro: “Sì sì è un cretino, prendetelo!!”. E così ho iniziato».

30 agosto 2025