L’agenda delle mostre di questa settimana si apre ancora sulle pagine dell’estate. Un progetto espositivo restituisce, nelle tele di un artista, l’energia del suo gesto pittorico. Un’altra esposizione, invece, indaga i temi della magia, del sogno e della scomparsa del mito nella cultura contemporanea, invitando a entrare nel regno dell’esplorazione immaginativa per ritrovare la meraviglia perduta.
Tra gli appuntamenti di inizio settembre si inseriscono una collettiva, che si interroga su quale sia il rapporto con il tempo nelle nostre vite sempre più ‘digitali’, e la personale di un artista che, nei suoi dipinti, svela il suo mondo interiore, la sua complessità, mentre attraverso le sue sculture sconfina nella dimensione onirica.
La selezione delle mostre di Elledecor.it di questo mese prosegue con un progetto espositivo dedicato a uno tra i principali pittori astratti della scena britannica, mentre un altro approfondisce l’universo visionario di due artisti uniti da una profonda affinità artistica e da linguaggi complementari.
Quindi, un’esposizione, attraverso la fotografia, evoca le atmosfere vibranti e provocatorie di un movimento artistico, nato negli anni Sessanta, così come gli attimi e i frammenti delle performance ‘storiche’ che lo hanno caratterizzato. E ancora, un festival incentrato sui diversi linguaggi della fotografia contemporanea sceglie di esplorare ciò che va oltre l’apparenza.
Infine, tra le proposte di settembre spicca un intervento d’arte pubblica temporaneo, in stretta relazione con la memoria del luogo in cui è posto, pensato come strumento di bellezza e riflessione.
Richard Zinon. SOLO, Milano
Apre il 2 settembre un nuovo progetto espositivo pensato per gli spazi di CADOGAN SOLO, inserito nel programma della galleria milanese dedicato all’esplorazione di diversi linguaggi artistici e visioni internazionali. Le opere di Richard Zinon, nate dal dialogo stretto tra istinto e disciplina, restituiscono l’energia vibrante ed esplosiva del gesto pittorico, espressione insieme di ritmo e azione. Ognuna delle tele di Zinon è realizzata a partire da un processo fisico e mentale che attraversa la materia, evocando il limite tra costruzione e dissoluzione. Fino al 13 settembre.
Richard Zinon, Untitled 6, 2025
Firouz FarmanFarmaian. Voyage in inexistant land, Venezia
Un viaggio in paesaggi immaginari che invitano a esplorare i confini tra memoria, mito e realtà. Firouz FarmanFarmaian, protagonista della personale ospitata a Palazzo Dandolo a San Tomà, concentra nella sua pratica artistica — che comprende pittura, installazioni tessili ed esperienze immersive — l’indagine sulla memoria culturale e sulle narrazioni identitarie. Presentata in occasione della 19ª Mostra Internazionale di Architettura e dell’82ª Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Voyage in Inexistant Land, ispirata a una citazione da un dialogo di Casanova, segna il ritorno dell’artista — anche musicista, regista e produttore culturale — alla pittura e all’astrazione. L’esposizione veneziana approfondisce i temi della magia, del sogno e della scomparsa del mito nella cultura contemporanea, invitando a entrare in un non-luogo, un regno sospeso nella contemplazione, in cui le forme si dissolvono e le trame svaniscono. Qui, le tele diventano frammenti di rêverie dimenticate, e lo spettatore è invitato a ritrovare la meraviglia perduta. Nel silenzio emerge il tema dello sradicamento: un percorso necessario, come nei pensieri di Casanova durante il suo esilio finale, quando l’assenza diventa occasione per esplorare se stessi. Per le sue mostre e installazioni, FarmanFarmaian attinge ai materiali di due realtà: Essaouira (dove ha sede il suo atelier) e Venezia (dopo la sua partecipazione alla 59. Biennale di Venezia nel 2022), intrecciando entrambe le città nel suo processo creativo. “Voyage in Inexistant Land è il risultato di questo dialogo inaspettato, che cattura un momento cruciale della mia riflessione interiore, in cui la sostanza culturale e i progetti, frutto di un’intensa ricerca, lasciano spazio a un balzo etereo nel regno dell’esplorazione immaginativa”, spiega l’artista. Il suo stato d’animo, espresso anche nel titolo della mostra, è “uno spazio meditativo fatto di snodi e nuovi orizzonti. Rappresenta un momento di pausa, prima di ritrovare il cammino verso nuove forme”, prosegue FarmanFarmaian. Fino al 30 settembre.
firouzfarmanfarmaian.com/voyage-in-inexistant-land
Firouz FarmanFarmaian’s studio in Essaouira
NO GUERRA di Mario Cresci, Miglionico (Matera)
Un intervento d’arte pubblica temporaneo come strumento di bellezza e riflessione. Succede a Miglionico, dove l’installazione site-specific No Guerra di Mario Cresci, monumentale composizione di colori, forme e segni, trasforma il cantiere di restauro del serbatoio comunale dell’acqua, proponendosi nella sua funzione culturale e di dialogo con il paesaggio urbano. Per la sua opera, Cresci si è ispirato al Polittico di Cima da Conegliano (1499), custodito nella Chiesa di Santa Maria Maggiore di Miglionico. No Guerra reinterpreta in chiave contemporanea il Cristo Redentore, raffigurato al vertice nell’opera rinascimentale, attraverso il linguaggio riconoscibile dell’artista, che ne offre un’interpretazione astratta e simbolica. La figura del Cristo nell’atto di benedire esprime un gesto universale di pace, rafforzato dal messaggio “No guerra”, visualizzato nell’aurea delle lettere che lo compongono. Cresci si relaziona con la memoria del luogo — il serbatoio, attivato negli anni ’30 e originariamente dedicato all’approvvigionamento idrico, oggi oggetto di un importante intervento di recupero e rifunzionalizzazione per diventare spazio culturale — attraverso l’elemento dell’acqua, che, nelle mani del Cristo di No Guerra, diventa ponte tra cielo e terra, come in una nuova sacralità laica. L’installazione, che si estende per oltre 250 mq di superficie lungo la facciata principale del serbatoio, è stata realizzata grazie alla collaborazione di un gruppo di giovani artisti: Piero de Palma, Giuseppe Losapio, Fabrizio Riccardi, Michela Rondinone e Angelica Vitella. Il progetto è curato da Cantiere-evento (ideato da Gianfranco Dioguardi negli anni ’90 e oggi promosso dalla Fondazione Dioguardi) e Dioguardi Lab, con la direzione artistica di Francesco Maggiore e il coordinamento di Carlo Picerno. No Guerra è visibile fino al 21 settembre, anche in orario serale e notturno.
www.instagram.com/dioguardilab/
Mario Cresci, NO GUERRA
Time:lapse, Venezia
Qual è l’esperienza del tempo nella società tardo-capitalista? Il tema è al centro della collettiva Time:lapse, presentata da A plus A Gallery e curata dai partecipanti della Summer School della School for Curatorial Studies Venice. La mostra indaga l’impatto della tecnologia sulla nostra concezione cronologica, rispetto a vite sempre più digitali, regolate da un tempo che non solo sembra aver accelerato, ma essere diventato multiplo, simultaneo e asincrono. È un invito a ripensare il proprio rapporto con il tempo e a riflettere su come trovare ancora connessione, coerenza e cura nella cultura della distrazione permanente. In Time:lapse, la frammentazione cronologica è reinterpretata e riformulata da una selezione di artisti internazionali come un’opportunità di gioco, e la sua infrastruttura iperconnessa diventa uno strumento creativo. In particolare, i curatori hanno privilegiato un approccio sperimentale nella pratica espositiva, arrivando a decostruire la logica di consumo su cui si basa l’economia dell’attenzione, e mostrando pratiche alternative per affrontare l’eclettismo quotidiano, attraverso installazioni, performance, eventi e sedute di ascolto collettive. Una porzione della galleria si trasforma, infatti, in una stazione di ricerca, dove il pubblico è chiamato a partecipare allo stesso processo curatoriale. Grazie alla documentazione e ai materiali di lavoro resi accessibili al visitatore, sfuma la contrapposizione binaria produttore-consumatore. Gli artisti in mostra sono: Roma Bantik, Giovanni Borga, Robert Blatt, Camille Theodet, Raqs Media Collective, Kensuke Koike. Completano Time:lapse un programma pubblico di proiezioni e una selezione di video e opere di altri protagonisti della scena artistica contemporanea. Fino al 25 ottobre.
RAQS COLLECTIVE, Blood Moon 2025, VideoProjection 6′ 35′′
Leonor Fini / Stanislao Lepri, Venezia
L’universo visionario di Leonor Fini e Stanislao Lepri è il focus della mostra presentata da Tommaso Calabro a Palazzo Donà Brusa, sede veneziana della galleria. Questo progetto espositivo, che pone in dialogo i due artisti attraversando quasi mezzo secolo della loro ricerca, segue le monografiche dedicate a Fini nel 2022 e a Lepri nel 2023. Leonor Fini, figura di rilievo del surrealismo e artista dalla personalità complessa e sfaccettata, ha interpretato nelle sue opere un immaginario erotico e mitologico, rappresentando identità fluide e mutanti. Stanislao Lepri, dopo aver abbandonato la carriera diplomatica e politica per seguire Fini a Roma e poi a Parigi, ha sviluppato un linguaggio pittorico autonomo. Nei suoi lavori, paesaggi sospesi tra realtà e sogno fanno da sfondo ad architetture impossibili e figure enigmatiche, immerse in atmosfere oniriche. “Lontani dalle correnti e uniti da una profonda affinità, i due artisti hanno sviluppato nel tempo linguaggi complementari e un percorso artistico segnato da contaminazioni reciproche”, si legge nel testo che accompagna la mostra.“Leonor Fini / Stanislao Lepri” riunisce un nucleo di opere realizzate tra gli anni Trenta e Settanta: da un lato, disegni, studi teatrali e lavori grafici di Fini; dall’altro, paesaggi visionari e personaggi elusivi di Lepri. Nel percorso espositivo, i lavori dei due artisti non seguono un ordine cronologico o tematico, ma sono posti in dialogo, evidenziando proprio quei rimandi simbolici e quelle affinità formali nate dalla loro sintonia artistica, dalla lunga convivenza e dalla collaborazione. Fini e Lepri costruiscono scenografie mentali che non descrivono il mondo, ma lo reinterpretano attraverso l’immaginazione, creando un comune universo simbolico. Fino al 22 novembre.
Stanislao Lepri, Untitled
Antonio D’Agostino. Immagini Fluxus – Fotografie degli anni ’70, Rimini
Il Palazzo del Fulgor accoglie la mostra Immagini Fluxus – Fotografie degli anni ’70, dedicata ad Antonio D’Agostino, testimone visivo del movimento Fluxus in Europa attraverso i suoi scatti fotografici.Il movimento, fondato negli anni ’50 in America da George Maciunas, si è successivamente diffuso in Europa e in Giappone grazie a una rete di grandi artisti e figure internazionali, uniti dalla visione comune che l’arte dovesse uscire dai musei, confondersi con la vita, rompere le convenzioni per diventare esperienza partecipativa. Nella storia di Fluxus, un momento cruciale fu la partecipazione alla Fiera d’Arte di Basilea del 1974, durante la quale il movimento presentò performance provocatorie e happening liberi e sorprendenti, combinando musica, poesia, azione e il coinvolgimento diretto del pubblico. Antonio D’Agostino era presente e le sue fotografie in bianco e nero restituiscono quell’atmosfera carica e vibrante, cogliendo attimi e frammenti di performance ‘storiche’: un racconto visivo potente e unico, che celebra una scena artistica altrettanto irripetibile.Il progetto espositivo, a cura di Carmelita Brunetti con la collaborazione di Marco Leonetti, presenta 40 fotografie in bianco e nero, di varie dimensioni, che documentano la scena sperimentale Fluxus, con protagonisti come Nam June Paik, Charlotte Moorman, Giuseppe Chiari, Takako Saito, Joe Jones, Geoffrey Hendricks e altri esponenti di rilievo dell’avanguardia. “Le immagini di D’Agostino non sono semplici documentazioni, ma vere e proprie ‘poetiche fotografiche dell’istante’, cariche di forza visiva e tensione performativa”, si legge nel testo che accompagna la mostra. Completano il percorso espositivo video degli anni ’60 e alcune opere audiovisive più recenti. Fino al 30 settembre.
Antonio D’Agostino: Marina Abramovic assiste alla performance Bag di Yoko Ono eseguita da Charlotte Moorman
Alberto Barbadoro. Senza Rumore, Pesaro
La Falegnameria di Palazzo Mosca, nuovo spazio espositivo per l’arte contemporanea del Comune di Pesaro, ha aperto al pubblico inaugurando la sua programmazione con la personale Senza Rumore di Alberto Barbadoro, artista eclettico, poliedrico e colto, la cui pratica spazia dalla pittura alla scultura, dalla grafica alla fotografia digitale, dal disegno al design. A dieci anni dalla scomparsa dell’artista, il progetto espositivo — a cura di Elena Gramaccioni, con la collaborazione di Roberta Ridolfi e Viviana Bucci — presenta un nucleo importante del lavoro di Barbadoro, composto in prevalenza da pitture di grandi dimensioni e sculture, opere appartenenti a fasi diverse della sua produzione. Le tele “solcano spazi ideali apparentemente imponderabili, attraverso l’uso di colori vivaci e giustapposizioni di forme a volte di matrice realistica, altre volte di origine fantasiosa. Il segno pittorico non è passaggio grafico su un supporto, è costruzione estetica e solida di una suggestione, di un’emozione, di un pensiero”, scrive Roberta Ridolfi nel testo critico che accompagna la mostra. Nella pittura, Barbadoro non ricerca armonia o una bellezza fine a sé stessa, ma mette a nudo il suo mondo interiore, la sua complessità. Le sculture, invece, sono realizzate in carta, plasmata e stratificata fino alla nascita della forma. Si tratta di figure umane a grandezza naturale, piccole opere tridimensionali da muro, maschere, mezzi busti: un insieme di personaggi che sembrano abitare un mondo a parte, rappresentati con tratti decisi, linee del viso marcate, corpi filiformi, spesso colti in azioni o posture che interagiscono con lo spazio circostante. “Opere che abitano corridoi possibili della realtà, a volte popolati da incubi, altre volte da speranze e sentimenti, opere che appartengono a un mondo duro ma che sconfina spesso nella dimensione onirica”, prosegue Ridolfi. Fino al 28 settembre.
Alberto Barbadoro. Senza Rumore
IAN DAVENPORT. Holding our centre, Todi (Perugia)
Ha aperto negli spazi della Sala delle Pietre, all’interno del Palazzo del Popolo, la personale di Ian Davenport, tra i principali pittori astratti della scena britannica attivi dalla fine degli anni ’80 e riconosciuto a livello internazionale, già appartenente al gruppo Young British Artists. “I miei dipinti esplorano la materialità fisica della pittura, andando talvolta a evolvere oltre la bidimensionalità, assumendo dunque una forma scultorea che restituisce un intervento dinamico nello spazio espositivo”, sono le parole dell’artista. Il progetto espositivo, a cura di Marco Tonelli, riunisce una selezione delle celebri pitture-installazioni di Davenport, a metà tra bidimensionalità e scultura (‘Painting with floors’), oltre a lavori su carta (‘Splats’), caratterizzati da spruzzi colanti di colore. Le opere di Davenport “riescono a sedurre, quasi magicamente, e ad attivare lo sguardo grazie ai loro colori dinamici e ai processi del dipingere sempre in vista, come se lo spettatore fosse parte del farsi dell’opera e l’opera qualcosa di vivo e ancora in progress. Un’arte coinvolgente quindi, quasi partecipata, in cui lo scorrere del tempo e l’immediatezza dell’esperienza sembrano costituire la sostanza della pittura, tenendo in equilibrio apparenza e struttura”, commenta il curatore.La mostra è realizzata in collaborazione con la Fondazione Progetti Beverly Pepper. Fino al 5 ottobre. Inoltre, una video-installazione di Davenport è proiettata sul Palazzo del Capitano, in Piazza del Popolo, nel corso del Todi Festival (30 agosto – 7 settembre), di cui l’artista ha anche firmato il manifesto di questa edizione.
foto Prudence Cuming Associates
Ian Davenport, Lake No. 2 (Tetonic), 2023
Ragusa Foto Festival, Ragusa
Ibla, il bel quartiere antico dai palazzi barocchi di Ragusa, ospita il Ragusa Foto Festival, la rassegna internazionale dedicata ai diversi linguaggi della fotografia contemporanea e impegnata nel valorizzare i giovani talenti. Ideato e diretto da Stefania Paxhia, nell’idea di combinare la ricerca artistica e l’attenzione per il territorio siciliano, il festival, giunto alla sua tredicesima edizione, sceglie di approfondire il tema “Oltre l’apparenza” sotto la direzione artistica di Massimo Siragusa, proponendo un ampio spettro di mostre diffuse. All’interno dei bellissimi Palazzo Cosentini e Palazzo La Rocca, dell’Auditorium San Vincenzo Ferreri e del Giardino Ibleo — cuore verde e quartier generale del festival — sono allestiti i progetti espositivi degli artisti selezionati quest’anno: Jessica Backhaus, Stefano De Luigi, Charles Fréger, Maria Lax, Maud Rallière, Alessia Rollo, Johannes Seyerlein e Cristina Vatielli. Tutti gli autori, attraverso le mille forme dei loro lavori esposti, indagano il tema definito, proponendo una fotografia capace di rendere visibile ciò che spesso viene considerato scontato, offrendo letture e visioni diverse, così come prospettive inedite. Francesca Todde, giovane artista di respiro internazionale, in residenza a Ragusa, firma invece il progetto dedicato al territorio. La partecipazione si estende sempre di più alla scena artistica internazionale grazie anche al risultato significativo di due call. Attraverso la prima, rivolta alla fotografia analogica e realizzata insieme al collettivo Analog Milano, sono stati selezionati, tra 250 candidature, i fotografi: Andrew Rovenko, Danae Panagiotidi, Melisa Oechsle, O’Shaughnessy Francis e Cataldo – De Marzo. Per la seconda call, dedicata al Circuito OFF del Festival e curata da Alfredo Corrao e Emanuela Alfano, sono stati individuati 40 autori che espongono sia online, in una sezione del sito del Festival, sia sono ospitati dalle diverse realtà del Circuito Off del Ragusa Foto Festival. Il programma include molteplici appuntamenti tra talk, letture portfolio, premi, workshop, proiezioni, visite guidate e presentazioni di libri. Fino al 28 settembre.
Courtesy of Ragusa Foto Festival 2025
Alessia Rollo, Parallel Eyes
Guide ai borghi d’ItaliaSer edizioni I borghi più belli d’Italia. Il fascino dell’Italia rivelata. Guida 2024
Flaccovio Editore In viaggio tra i borghi d’Italia. Il fascino di 92 luoghi preziosi incastonati tra tutte le regioni, narrati da chi li vive e li ama
Società Editrice Romana I borghi più belli d’Italia. Il fascino dell’Italia nascosta 2022-2023