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Stefania Ulivi, inviata a Venezia
Il regista presenta alla Mostra il suo ultimo film sul classico di Mary Shelley
Frankenstein? Per Guillermo Del Toro che torna in gara a Venezia con la sua versione di 149 minuti del classico di Mary Shelley, l’approdo di una scintilla scattata quando aveva 7 anni, di fronte al film di James Whale. «Più di un sogno quasi una religione. Sono stato cresciuto da cattolico fervente, quando ho visto Boris Karloff mi è sembrato il Messia. Ho cercato per trent’anni di trovare il modo giusto per farlo, mi ha accompagnato tutta la vita, come la mia Bibbia. E ora che l’ho fatto, mi sento come in depressione post parto». Per il suo Frankenstein dove Karloff il regista messicano premio Oscar ha scelto, al posto di Andrew Garfield (che dovette dare forfait) Jacob Elordi, l’Elvis Presley di Priscilla di Sofia Coppola, mentre il suo creatore è Oscar Isaacs e Elizabeth Mia Goth. «Li ho scelti per il loro sguardo. E comunque anche Boris Karloff era un uomo molto bello». Elordi si è sottoposto a dieci ore di trucco («Mi sono servite tutte, quasi come un rito»): nessun punto di sutura, una bellezza da statua. «Lo volevo bello e ultraterreno».
Una parabola attualissima quella del Mostro. «È una storia che parla a tutti noi. Ci spinge a domandarci: chi sono? Perché sono qui? Qual è il mio scopo? Cos’è il mondo. È una storia che ha colpito al cuore di me bambino. Il mio dna si è fuso con quello di Shelley. La creatura, il mostro sono sempre stato io. Ma nel corso degli anni sono stato anche Victor Frankenstein e Elisabeth. Grazie a questo romanzo ho imparato cosa significa essere figlio e poi essere padre. Mi sembra che tutto quello che fatto, Tutto quello ho fatto da Cronos in poi – correva l’anno 1993, ndr – è stato uno strumento di apprendimento per arrivare a questo. Sono contento di aver aspettato, di non averlo fatto prima. Volevo fare un film da Pinocchio e da Frankenstein, l’ho sempre detto».
Non un horror il suo Frankenstein, piuttosto un «melodramma», sull’amore e la forza del perdono, dell’accettazione dell’altro. «L’amore è il motore del mondo, solo con l’amore possiamo salvarci». Ancora più importante ricordarlo oggi che all’epoca in cui fu scritto il libro. «Oggi i media ci spingono a concentrarci sul terrore e siamo presi in una spirale di paura. Con il film voglio fare un elogio all’imperfezione, alla possibilità che i diversi si incontrino, si parlino, sappiamo perdonarsi». Non ha dubbi su chi siano oggi i veri mostri: «Quelli in giacca e cravatta. Non quelli frutto di effetti speciali». Il film avrà un’uscita in sala dal 22 ottobre e arriverà su Netflix dal 7 novembre.
30 agosto 2025 ( modifica il 30 agosto 2025 | 16:25)
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