di
Enrica Roddolo

La regina avrebbe detto a tre mesi dal referendum: «Non dovremmo lasciare Ue». Le rivelazioni in un nuovo libro in uscita a Londra

La regina Elisabetta, in 70 anni di regno celebrati nel 2022 prima della morte l’8 settembre di quello stesso anno, è rimasta sempre fedele alla promessa di non interferire nella vita politica del Paese. Tanto da restare una figura enigmatica, una sfinge difficile da decifrare nei suoi più personali pensieri politici. 

Alla vigilia di un altro referendum, quello per l’indipendenza scozzese (poi rigettata dalle urne) Elisabetta aveva lasciato trapelare il suo pensiero consigliando alla folla davanti alla chiesa della messa della domenica: «pensateci bene quando votate». Un monito a non dire addio a Londra a cuor leggero.



















































Quanto alla Brexit, la regina arrivò alle Houses of Parliament l’indomnai la scelta pro-brexit nel 2017 vestita di blu con un cappello blu con una corona di fiori gialli che richiamavano la bandiera europea. Ma nessuna dichiarazione pubblica. Così ci si è a lungo interrogati su quale fosse il sentiment autentico della sovrana britannica a proposito della scelta se restare o uscire dal circuito europeo. 

Adesso emerge che un esponente di primo piano del governo britannico, parlando con la regina tre mesi prima del referendum del 2016 che avrebbe portato alla Brexit, l’avrebbe sentita dire a chiare lettere «Non dovremmo lasciare Unione europea». E aggiungere: «It’s better to stick with the devil you know». Meglio il male che già si conosce. Insomma, non una remainer per convinzione. Piuttosto per necessità come emerge dalle dichiarazioni raccolte da Valentine Low nel suo nuovo libro «Power and the Palace», in uscita a settembre.

Insomma una scelta di campo che l’avvicinerebbe alla posizione decisamente europeista del figlio Carlo che da quando è salito al trono nel maggio del 2023 non ha mai mancato occasione per ribadire la sua cifra europeista. A partire dalla scelta di primi viaggi di Stato, poi il sostegno al Windsor agreement che ha aperto la strada alla normalizzazione della complessa questione del confine con l’Irlanda del Nord post Brexit. Per non parlare degli accenti fortemente europeisti del so storico discorso in Parlamento a Roma ad aprile scorso durante la visita di Stato. 

«Il principe Filippo e pure la regina nel loro animo erano forse più per il leave, a differenza di Carlo che è sempre stato un remainer», come ci ha detto l’ex ministro e parlamentare conservatore Sir Richard Needham. Ma quel sentimento profondo di orgoglio nazionale non le avrebbe impedito di ragionare con il cuore della Realpolitik e vedere gli svantaggi di un abbandono di Bruxelles da parte di Londra. 

Dal libro di Low, serializzato sul Times, emergono anche risvolti inediti sulle negoziazioni che portarono al cambio di sistema di finanziamento della Casa Reale e del sovrano. Il cambiamento – appoggiato da re Carlo che come principe di Galles è sempre stato molto abile nel gestire managerialmente le sue tenute come racconto in «Carlo III il cuore e il dovere del re» (Cairo) – si è rivelato un affare per la casa reale. E alla vigilia del varo della nuova normativa ci sarebbe stato un tentativo di retromarcia da parte del governo ma il Keeper of the Privy purse insomma la persona incaricata delle finanze reali bloccò ogni ripensamento sul nascere: 

30 agosto 2025 ( modifica il 30 agosto 2025 | 15:37)