«Un giorno guadagnerò abbastanza da poterti portare con me in Italia». La promessa fatta alla madre a 16 anni si avvera il 29 agosto, data del suo primo concerto italiano. E non solo ha mantenuto la parola, ma l’ha trasformata in un sogno a occhi aperti, condiviso da migliaia di persone.

Questa al Forum di Assago è stata la prima delle 4 date italiane di Aubrey Drake Graham, rapper e cantautore canadese, oggi tra gli artisti più ascoltati e premiati al mondo. Con oltre 80 milioni di ascoltatori mensili su Spotify si colloca all’11º posto della classifica globale, più di 170 milioni di album venduti. Ha vinto cinque Grammy Awards e sei American Music Awards. Un mito, ascoltato e riascoltato, da sola, con gli amici, condiviso sui social e adesso, lì a pochi metri da me.

Le tribune, le gradinate ed il parterre sono gremiti. L’attesa aumenta il desiderio e Drake si fa attendere. Un’ora carica di tensione e di emozioni che crescono, pronte a esplodere. Anche per me è stata una “prima volta”: il primo concerto da sola e che, adesso posso dirlo, non scorderò mai.

Ammetto che una volta ritirato il mio biglietto, ero esitante e mi sentivo spaesata, abituata a condividere con gli amici l’emozione dei concerti dal vivo. Ti chiedi anche come gli altri vedono una ragazza solitaria, come dovresti comportarti, ma siccome non è da me provare disagio in mezzo alla gente, mi sono detta che provare vale sempre la pena e che soprattutto era il regalo che mi ero dedicata per i vent’anni in arrivo. Quindi niente storie: solo sorrisi, gratitudine e via in pista.

È stata una serata di svolta perché quel che è accaduto mi ha dimostrato che le paure e i cliché non devono paralizzarci, perché oltre c’è un mondo da scoprire. Ho imparato che non sempre tutto ha bisogno di essere condiviso, spesso noi stessi siamo i migliori compagni e a volte nuovi incontri saranno sorprendenti.

Entrata in parterre mi sono guardata attorno e ho subito notato come il palco fosse allestito in modo inusuale. Una piattaforma sopraelevata e trasparente, simile a una pista, accerchia completamente il parterre e permette al cantante di muoversi incessantemente da una parte all’altra e di raggiungere il pubblico ovunque si trovi. Fiamme si alzano ai lati più stretti del palazzetto, mentre le luci dei telefoni creano un cielo di scintille durante le canzoni più appassionate.

Durante l’esecuzione dell’intro del concerto, Marvins room, e di quelle successive tra cui la mia preferita Passionfruit,  mi trovo nel punto esattamente opposto al palco in cui Drake sta cantando e faccio avanti e indietro, in punta di piedi, per cercare di vederlo.

Dopo qualche tentativo decido di aspettare senza fretta il momento in cui si avvicinerà e intanto godermi la musica, tanto Drake non sarebbe scappato. Trovo un angolino libero vicino alla transenna che separava me, Kevin Durant ed altri VIP presenti. Poco dopo, non saprei quanto, l’emozione è troppo grande per riuscire a mantenere coordinate temporali, sento un picchiettio sulla spalla, da qualcuno oltre la transenna: «Con chi sei qui?». «Sono da sola, scriverò un articolo sul concerto». «Un articolo? Da sola?». «Sì, ma sto bene. È un sogno per me vedere e sentire Drake». «Eh ma da qua non lo vedi». «No, in effetti ahaha». «Beh allora vieni». Questo è come sono finita in console, nella console di Drake, circondata da volti famosi americani e dai suoi amici più cari.

Tra migliaia di persone, in un parterre infinito e stracolmo, a me è capitato questo incontro. A quel ragazzo oltre la transenna devo un momento che porterò con me per sempre. La sua gentilezza improvvisa mi ha ricordato che, anche tra sconosciuti, possono nascere gesti che lasciano il segno. E che gli incontri, come la musica, sanno arrivare dritti al cuore.