di
Cesare Giuzzi
Le conclusioni dei consulenti di parte sulla traccia nell’intonaco, già attribuita a Sempio dai pm: sarebbe il risultato di «un contatto palmare intenso, certamente non superficiale/sfuggevole/strisciato». Tesi contestata dai legali di Poggi, secondo i quali l’impronta continua ad essere non utilizzabile
L’impronta 33 sul muro delle scale di casa Poggi è stata lasciata da una mano «imbrattata di sudore e materiale ematico». Sono le conclusioni sperimentali dei consulenti dei legali di Alberto Stasi, condannato a 16 anni per il delitto di Chiara Poggi, consegnate alla procura di Pavia dagli avvocati Giada Bocellari e Antonio De Rensis. Una consulenza che va in direzione opposta rispetto a quelle già depositate dai legali di Andrea Sempio, il nuovo indagato, e dalla famiglia Poggi. Secondo gli esperti della difesa Stasi (Oscar Ghizzoni, Pasquale Linarello e Ugo Ricci), invece, non solo l’impronta 33 – che per i pm pavesi è di Andrea Sempio –, sarebbe stata lasciata da una mano imbrattata di sangue misto a sudore ma il procedimento utilizzato nel 2007 dai Ris avrebbe inibito i test per la ricerca del sangue, in particolare l’Obti. La calce e la reazione della ninidrina spruzzata sul muro, infatti, anche nelle prove sperimentali hanno reso vana l’efficacia dei test.
Gli esperti hanno effettuato varie prove sperimentali su un muro con una mano imbrattata di diverse sostanze e sono giunti alla conclusione che per ottenere – una volta spruzzata la ninidrina – un’immagine simile a quella della impronta 33 occorre «un contatto palmare intenso, certamente non superficiale/sfuggevole/strisciato» e «non risulta compatibile con una normale discesa per le scale». Secondo i consulenti l’impronta «può essere stata lasciata sporgendosi dalla soglia (gradino zero) della scala che conduce alla cantina, atteso che è la posizione più naturale per esercitare la pressione riscontrata».
Secondo i consulenti di Stasi, «l’analisi tecnica-dattiloscopica attuata sull’impronta n. 33, unitamente alle prove sperimentali effettuate sul muro con intonaco a diverse condizioni, consentono di ritenere che tale impronta fosse imbrattata di sudore e materiale ematico, atteso che solo in tale situazione si riscontrano i depositi di materiale organico rinvenuti sull’impronta n. 33». Ora manca solo il parere della procura che, a quanto risulta, sta completando una consulenza specifica su questo tema a cura del Racis dei carabinieri.
Nei giorni scorsi, rispondendo a una richiesta dell’avvocato Gian Luigi Tizzoni, il procuratore aggiunto Stefano Civardi aveva confermato che non è stato rinvenuto il campione di intonaco «grattato» dal muro in occasione del sopralluogo dei Ris del 2007. Circostanza che quindi non rende «possibile procedere ad accertamenti biologici» ulteriori. Tuttavia la procura diretta da Fabio Napoleone sta lavorando per ricostruire non solo la possibile origine dell’impronta (se c’è sangue o meno) ma anche per inserire quella traccia in una ricostruzione nuova della scena del crimine. Per i pm, forti di una consulenza dell’esperto dei Ris Gianpaolo Iuliano e del dattiloscopista Nicola Caprioli, quella impronta all’epoca giudicata inutilizzabile perché con solo 5/6 minuzie di confronto, invece ha 15 punti perfettamente sovrapponibili al tracciato palmare di Sempio.
Tesi contestata dai legali di Sempio, Angela Taccia e Massimo Lovati, che con Luciano Garofano (ex comandante dei Ris che all’epoca fece le indagini) e Luigi Bisogno, sostengono invece che la traccia abbia solo cinque minuzie e che le valutazione degli esperti della procura siano state sbagliate perché avrebbero scambiato segni dell’intonaco per caratteristiche dell’impronta. Parere simile quello dei consulenti Dario Redaelli e Calogero Biondi, scelti dai legali della famiglia Poggi (Gian Luigi Tizzoni e Francesco Compagna) secondo i quali l’impronta 33 continua ad essere non utilizzabile per un confronto e comunque è frutto di un contatto «veloce» e non «insanguinato».
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25 luglio 2025 ( modifica il 25 luglio 2025 | 17:11)
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