di
Paolo Mereghetti

Nel film con Jude Law nei panni di Putin troppi elementi lo trasformano in una lezione. Jim Jarmusch porta all’estremo il suo proverbiale minimalismo

Troppo. L’avverbio aiuta a dare una forma a quello che si prova uscendo da Le Mage du Kremlin (Il mago del Cremlino) che Olivier Assayas ha tratto con Emmanuel Carrère dal romanzo omonimo di Giuliano da Empoli (da noi Mondadori). A un professore americano (Jeffrey Wright), a Mosca per scrivere la biografia di Zamjatin, il misterioso Vadim Baranov (Paul Dano) dice poco sull’autore di Noi ma inizia a raccontargli la sua vita e come è passato in fretta da regista teatrale a consigliere dell’oligarca Baris Berezovskij, che si impossessa del Canale Primo della tv russa e sogna di indirizzare la politica del suo Paese: vede giusto nel puntare sul capo dell’FSB, cioè dell’ex KGB, Vladimir Putin (Jude Law), ma sbaglia nel pensare di poterlo controllare. 

L’ex spia scala velocemente il potere sempre con al fianco Baranov e il film diventa la storia di come la Russia è diventata quella di oggi, trent’anni di manipolazioni, di inganni, di lotte intestine. Troppo dicevo, perché questa specie di fluviale confessione assomiglia a una lezione (sul potere, i suoi inganni, i suoi orrori) più che a un racconto per immagini. Non basta l’intrusione della bella Ksenia (Alicia Vikander) per farci appassionare all’ascesa e alla ritirata di Baranov: forse Assayas avrebbe avuto bisogno di una lunghezza maggiore (come per Carlos), forse doveva puntare su meno episodi, ma alla fine ringrazi per il bigino di storia russa ma la folgorazione cinematografica non arriva. E se non parlavano tutti solo in inglese sarebbe stato meglio. 



















































All’opposto, il film di Jim Jarmusch Father Mother Sister Brother (Padre madre sorella fratello) avrebbe avuto bisogno di un po’ più di carne al fuoco. Nel raccontare tre storielline – figlio e figlia fanno visita al padre (Adam Driver, Mayim Bialik, Tom Waits), due sorelle alla madre (Cate Blanchett, Vicky Krips e Charlotte Rampling) e due gemelli (Indya Moore e Luka Sabbat) all’appartamento che era stato dei genitori morti tragicamente – il regista distilla ancora di più il suo già proverbiale minimalismo, costringendo lo spettatore a fare i conti con un «anti-film d’azione» (ipse dixit). Ma con tutto l’amore per il regista, si fa francamente fatica ad accontentarsi.

31 agosto 2025 ( modifica il 31 agosto 2025 | 19:57)