di
Andrea Priante
Sui social si chiama Pieroad, 31 anni, era partito nel 2020 da Vicenza, è tornato ieri in Italia: «Non ero soddisfatto: era come se sentissi la mancanza di una storia che valesse la pena di raccontare. E ora ce l’ho»
«Noi giovani italiani spesso ci lamentiamo».
Molte volte a ragione: i problemi della scuola, il precariato, la mancanza di certezze sul futuro…
«Tutto vero. Ma quando si tratta di rischiare in prima persona, in pochi azzardano. Invece è importante mettersi alla prova, dosare le proprie forze per poi scoprire che farcela da soli è possibile».
A 31 anni, per Nicolò Guarrera, alias @Pieroad — barba lunghissima, camicia di cotone e una sorta di gonna «perché è fresca e più pratica dei pantaloni» — è tempo di bilanci. Se si guarda indietro vede la lunga strada che ha percorso negli ultimi cinque anni. Letteralmente: 35mila chilometri, qualcosa come 40 milioni di passi. Il 9 agosto del 2020 (in pieno Covid) lavorava nel marketing per un’azienda milanese, ma ha mollato tutto: lavoro, famiglia e amici. È partito dalla casa dei genitori a Malo (Vicenza) per fare il giro del mondo a piedi. Ieri, 1.849 giorni dopo, ha finalmente rimesso piede in Italia. L’arrivo a casa è fissato per il 13 settembre, con una grande festa.
Com’è nata l’idea di partire?
«La vita è una sola, dovrebbe essere la migliore possibile. Ma non ero soddisfatto: era come se sentissi la mancanza di una storia che valesse la pena di raccontare».
Prima meta, Genova. Poi la Francia, il Cammino di Santiago e la Via de la Plata fino a Huelva, da dove si è imbarcato per le Canarie.
«Ho attraversato l’Atlantico in catamarano, un viaggio difficile: gli altri passeggeri erano spesso ubriachi e il capitano sembrava mentalmente instabile. Per fortuna siamo arrivati sani e salvi. Qui ho attraversato lo stretto di Panama a piedi. Al confine tra Perù e Cile ho rischiato di finire nei guai, con la polizia cilena che voleva portarmi via tutto ciò che avevo…».
Volevano sequestrarle Ezio?
«(Ride) Sì, Ezio è il soprannome che ho dato al “passeggino” che spingo, carico di cibo, abiti e di tutto quel poco che serve: è più comodo che viaggiare con uno zaino sulle spalle».
Anche in Australia è stata dura…
«Nel deserto ho avuto momenti di grande sconforto: per attraversarlo mi sono serviti sei mesi. Lì ho imparato una grande lezione: siamo nell’era della velocità, del tutto e subito, ma se ti sposti a piedi non puoi evitare quel che sta in mezzo. Sei costretto ad affrontarlo. E spesso scopri che il percorso è più bello della destinazione».
Dopo tre anni di cammino, ecco l’Asia: l’India, l’Oman, l’Iraq, fino in Turchia. Il ponte per l’Europa e l’Italia.
«Ho visto posti stupendi, altri davvero degradati. E conosciuto tante persone che mi hanno aiutato. Alcune già seguivano la mia avventura sui social e mi contattavano offrendo il divano di casa o luoghi sicuri dove piantare la tenda. Ogni popolo ha le sue specificità. I turchi sono molto orgogliosi, ad esempio. Ricordo un ragazzo iraniano che vendeva frutta per la strada: mi raccontò che un turista gli aveva chiesto un’informazione e lui non era riuscito a rispondergli perché non conosceva l’inglese. Si era sentito umiliato, e per questo s’era messo in testa di imparare, da autodidatta, quella lingua sconosciuta: oggi si mantiene insegnando l’inglese ai connazionali».
Quanto ha speso?
«Direi circa 10 euro al giorno, ma dipende molto dal Paese. L’Europa è costosissima».
Durante il viaggio le è capitato di innamorarsi?
«Sì, di una biologa cilena. Mentre attraversavo la sua terra, mi raggiungeva ogni due settimane per fare un pezzo di strada insieme, in mezzo alla natura. È stato bello».
Vi sentite ancora?
«Al momento di lasciare il Cile, la storia non poteva continuare: lei ha sempre saputo quanto importante sia, per me, finire questo viaggio».
E adesso?
«Voglio godermi gli ultimi giorni di cammino: non vedo l’ora di tornare ma non ho fretta. Rivedrò le persone a cui voglio bene, scriverò un libro e in futuro spero che la passione per il viaggio si trasformi in un lavoro».
Com’è la sua vita?
«A 31 anni mi resta ancora tanta strada da percorrere. Ma ora, almeno, ho una storia da raccontare».
31 agosto 2025
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