di
Guido Santevecchi
Dal summit iniziato ieri, l’intesa tra i due giganti, che fino a poco tempo fa erano nemici
Nell’estate del 2020 soldati cinesi e indiani si massacrarono in una battaglia sul confine himalayano. Lasciarono sul terreno conteso decine di morti, combattendo con bastoni, mazze chiodate e pietre, anche a mani nude per annegarsi reciprocamente in un torrente: l’unica intesa stabile trovata tra le parti in un contenzioso che dura da settant’anni, fu siglata nel 1996 e ha proibito l’uso di armi da fuoco tra le pattuglie schierate negli avamposti, per evitare un’escalation tra le due potenze nucleari. Non sono quindi frasi di poco conto quelle che si sono scambiati ieri Xi Jinping e Narendra Modi. Il presidente cinese ha detto che i due Paesi «debbono essere partner piuttosto che rivali e offrirsi l’un l’altro opportunità di sviluppo e non minacce». Xi ha elargito anche una delle sue frasi tra il retorico e il poetico, sostenendo che «la scelta giusta ora è di essere buoni vicini e amici, compagni nella ricerca del successo attraverso una danza del drago e dell’elefante» (le grandi creature simboliche dei due Paesi, ndr).
Il premier indiano ha osservato che la cooperazione tra New Delhi e Pechino «serve gli interessi di due miliardi e ottocento milioni di cittadini di India e Cina» e ha annunciato che al momento regnano «pace e tranquillità» sui 3.488 chilometri di confine.
Il nazionalista Modi è sbarcato in Cina per la prima volta da sette anni: durante la presidenza Biden si era avvicinato agli Stati Uniti proprio nell’ambito del grande gioco per contrastare Pechino, ma ora la sua India è stata colpita da Donald Trump con dazi fino al 50% sull’export verso il mercato americano. Vanno lette in questo senso le parole di Xi sui rapporti ispirati dalla comune volontà di successo e non dalle minacce. La Casa Bianca ha giustificato la punizione con l’acquisto di petrolio russo da parte dell’India. Modi ha detto che India e Cina perseguono autonomia strategica e che i loro rapporti non debbono essere visti attraverso la lente di un Paese terzo (evidente il riferimento agli Usa). Il premier indiano ha trattato il dossier del deficit commerciale nei confronti della Cina, arrivato a 99 miliardi di dollari, invocando un riequilibrio.
Un gioco di triangolazioni complesso, che chiama in causa Vladimir Putin, l’altro ospite d’onore di Xi in queste ore. Ennesimo, lungo colloquio. I russi dicono che si è parlato dettagliatamente del vertice tra Putin e Trump in Alaska. In un’intervista alla Xinhua, lo zar ha esaltato la «visione strategica e globale» del socio, ribadendo che le relazioni Russia-Cina hanno raggiunto un livello senza precedenti».
Teatro dei colloqui Tianjin, metropoli a poco più di cento chilometri da Pechino dove si tiene il vertice annuale della Shanghai Cooperation Organization (Sco): si tratta di un forum internazionale costituito nel 2001 dai cinesi con la Russia e quattro «stan» ex sovietici (Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan) ai quali si sono poi uniti India e Pakistan, Iran e Bielorussia. Ai dieci membri a pieno titolo si aggiungono altri 16 Paesi «partner del dialogo e osservatori», dalla Mongolia alla Turchia, all’Arabia Saudita e all’Egitto. Insieme varrebbero oltre il 40 per cento della popolazione mondiale e almeno il 25% del Pil globale.
La presenza di Modi, Putin e tra gli altri del turco Erdogan e del presidente iraniano Pezeshkian, ha offerto a Xi la possibilità di rilanciare la sua idea di ordine alternativo a quello occidentale dominato da Washington e scosso da Trump che ha bastonato l’Unione europea e somministrato forti dosi di dazi anche agli alleati asiatici.
Alla cena di gala ieri sera il presidente cinese ha puntato sulla formula della convergenza di interessi dei Paesi del «Sud globale», sostenendo che la Shanghai Cooperation Organization è matura per assumersi «grandi responsabilità» e portare «progresso e stabilità alla civiltà umana» in «un nuovo tipo di relazioni internazionali». Putin dice che a Tianjin si celebra una riunione della «Maggioranza globale». Oggi chiusura a Tianjin e poi molti degli ospiti andranno a Pechino per la parata militare di mercoledì che celebra gli 80 anni della vittoria cinese sul Giappone invasore. Putin sarà in tribuna, Modi no: anche questo ha un significato.
31 agosto 2025 ( modifica il 31 agosto 2025 | 23:03)
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