A 81 anni Franco Berrino continua a essere una delle voci più autorevoli in Italia sugli stili di vita legati alla prevenzione e alla longevità. Il 16 settembre uscirà il suo nuovo libro, Il nostro veleno quotidiano (Solferino), dedicato a quelli che definisce i «nemici invisibili» a tavola. In una lunga conversazione con il Corriere della Sera ha anticipato alcune delle sue riflessioni, che intrecciano scienza, esperienza personale e «filosofia» di vita.
Alla domanda se l’alimentazione sia la medicina più potente che abbiamo, Berrino risponde: «Anche. In questo periodo della vita, però, è l’amore a sorprendermi. Sa, mi sono risposato. Lei si chiama Cinzia (Borino, ndr), un’anima cristallina. In due facciamo 150 anni». Dopo la perdita della compagna di una vita, Jo, il medico ha celebrato un matrimonio intimo a Milano. «Le gioie autentiche hanno più gusto se restano intime», racconta. Con la nuova moglie condivide anche passioni inattese, come il tango, «appassionante, come le arti marziali. Impari la tecnica, poi vai di fantasia».
Questa nuova stagione della sua vita lo porta a riflettere sul significato della vecchiaia. «Molti pensano che gli anziani siano ai margini di ogni possibilità di crescita e miglioramento. Macché! Le grandi culture del mondo hanno sempre cercato le chiavi di un’esistenza felice con un obiettivo: quello della longevità». E aggiunge che oggi in Italia non mancano centenari in salute, più vigorosi di molti settantenni: la differenza sta nello stile di vita. «Io voglio immaginare un’altra fine: invecchiare bene, senza pesare su società, famiglia, figli. Si può, con cibo sano, movimento e meditazione».
La giornata tipo di Franco Berrino è un intreccio di rituali semplici ma significativi. Inizia con il saluto al sole per risvegliare il corpo, seguito da qualche passo di tango, una doccia e i Cinque Tibetani, «esercizi antichi che aiutano a mantenere elastiche le articolazioni. Basta poco per ritrovare energia e centratura. Viviamo di corsa, ma dieci minuti al giorno, anche solo per un saluto al sole, possiamo ritagliarceli».
Naturalmente c’è l’attenzione al cibo, che per Berrino è una scelta consapevole da oltre cinquant’anni, da quando nacquero i suoi figli Gilles e Jacopo. «Mi chiesi cosa fosse giusto mettere nei loro piatti e così ho scoperto il biologico quando ancora era agli esordi. Negli anni Novanta ho incontrato la macrobiotica: mi ha fatto capire che l’alimentazione non è solo una somma di nutrienti, ma energia vitale». Significa scegliere prodotti della terra, a km zero e di stagione. «Abbiamo una biodiversità invidiabile in Italia: approfittiamone».
Tra le regole: evitare gli zuccheri aggiunti, limitare il caffè, privilegiare cibi come muesli, kefir, legumi, cereali integrali, frutta e verdure. «Sulla carne la scienza è chiara: come tutti i cibi di origine animale, va consumata con prudenza. Io la mangio un paio di volte all’anno: pollo ruspante. L’ultima? A memoria dello yak, sull’Himalaya, con i miei amici Sherpa». La cena, invece, dovrebbe essere «frugale», se non addirittura saltata: «Io ho scelto di fermarmi alla merenda». Quando non è possibile, meglio optare per minestre, creme di verdure, legumi leggeri o piccole porzioni di cereali.
Ma l’alimentazione non è l’unico punto del suo pensiero. Per Berrino la vera emergenza riguarda la sanità pubblica, in crisi «dopo anni di scelte politiche che hanno favorito la sanità privata, nella cieca illusione neoliberista che il mercato potesse aggiustare tutto. Oggi la sanità non previene: ripara organi danneggiati da stili di vita scorretti». Per questo insiste sulla necessità di affrontare i grandi nodi: «La vera prevenzione sta nel coraggio di togliere le cause delle malattie: tabacco, zuccheri, alimenti industriali, tutti veleni di cui parlo nel nuovo libro. Ma questo significa toccare interessi enormi. Nessun politico ha la forza di farlo».
Anche le sostanze ultraprocessate sono pericolose: seducono il palato, ma logorano il corpo. Da qui l’idea che la resistenza a questa epoca inizi dai piccoli gesti quotidiani. Non solo cosa mettiamo nel piatto, ma cosa coltiviamo, fisicamente e metaforicamente. «Abbiamo avvelenato terra, acqua, aria e mente. Viviamo nel tempo del cambiamento più rapido della storia, ma il corpo non può seguirlo. Lo stress e il cibo spazzatura ci ammalano, i farmaci creano nuovi danni, i pesticidi vietati vengono sostituiti da altri che presto faranno la stessa fine». E conclude con un monito che guarda al futuro: bisogna «investire in scuola, cultura, informazione libera».