La più famosa saga dedicata alla criminalità organizzata, è tornata e le aspettative del pubblico erano altissime. Dopo un Mafia 3 che non aveva saputo cogliere nel segno, rivelandosi un titolo dimenticabile e ridondante, vi era necessità di un ritorno in grande stile, che sapesse far tornare con la mente alle emozioni di quei primi due Mafia, che avevano messo le basi per una stupenda saga videoludica.

L’annuncio di Mafia: The Old Country ha sicuramente attirato l’attenzione, dapprima in negativo con la mancanza del doppiaggio in italiano nonostante l’ambientazione sicula, poi in positivo grazie all’annuncio del doppiaggio in siciliano. Un doppiaggio che ha monopolizzato le discussioni, anche giustamente, trattandosi di un unicum nel mercato videoludico, che può e deve rappresentare un precedente importante.

Bisogna però tornare coi piedi per terra e non lasciarsi sopraffare dall’entusiasmo. Perché si, è vero, di lavoro pregevole dietro a Mafia: The Old Country ce n’è e non mancheremo di sottolinearlo. Bisogna però notare come Hangar 13 abbia optato per un titolo dall’impronta molto più vicina al concetto di doppia A: gioco venduto a prezzo budget, story driven, dalla durata compresa tra le 10 e le 12 ore, con pochissime attività collaterali e opzionali e un gameplay ridotto all’osso.

Ciò che in questa recensione cercheremo di raccontarvi, al netto dei limiti del titolo, è ciò che ha funzionato e ciò che sarebbe sicuramente potuto essere gestito meglio, pur nei limiti che il gioco si è imposto per evitare di fare il passo più lungo della gamba.

Un racconto di Sicilia

In Mafia: The Old Country si respira Sicilia, in un modo che lascia davvero senza parole.
Non è certo il primo gioco che cerca di riprodurre fedelmente un luogo, una popolazione, una cultura, un paesaggio. Eppure, la realizzazione di ogni aspetto ambientale, è forse la cosa che più impressiona, riuscendo a regalare degli spaccati di Sicilia incredibilmente fedeli.

Un gioco ambientato tra il 1904 e il 1907, aveva l’obbligo di riprodurre una Sicilia che esiste ormai solo parzialmente, sebbene molte cose siano rimaste, tristemente, molto simili. Il risultato è pazzesco: dalle abitazioni di campagna alle masserie, dalle miniere alle larghe vedute per montagnole verdeggianti, che disegnano il perimetro dell’isola.

La scelta della palette cromatica, degli abiti, degli oggetti di scena, dei materiali: tutto permette di percepire una Sicilia vera, viva, realistica più che reale. Nonostante il gioco sia ambientato nella zona di Palermo, tra paesini immaginari come quello di Collezolfo e San Celeste, la scelta del team di sviluppo è stata quella di creare una miscellanea di elementi tipici della sicilianità: il Vulcano che richiama l’Etna (presente nel catanese), la Valle Dorata, chiaro riferimento alla Valle dei Templi (nell’agrigentino), il Teatro dell’Opera di Palermo (ovviamente il Teatro Massimo di Palermo) e tanti altri punti cardine, che più una realtà geograficamente accurata, puntano a trasmettere sensazioni, riuscendo alla perfezione.

cassetta piena di limoni con all'interno una luparaUn racconto di Sicilia (player.it)

L’aria che si respira durante una festa di paese o semplicemente al mercato cittadino, magari appena fuori da una chiesa o durante una festa di famiglia allargata. E dato che la riproduzione del sentire siciliano era fin troppo accurata, la criminalità organizzata, quella ‘Cosa Nostra’ ancora così embrionale al tempo, funge da collante, mentre sullo sfondo si consuma la sfiducia del popolo verso uno Stato da cui si sente abbandonato, da forze dell’ordine viste come nemici, i sindacati e il ricordo di quei fasci siciliani, rovinosamente finiti in fretta.

La storia di Enzo Favara, protagonista del titolo, è fatta di tanti non detti, di segreti e di tradimenti. Una scalata al successo, solo per poi rendersi conto di cosa significhi avere successo come mafioso e di che vita attende un mafioso “di successo”.

Da siciliano, ho provato quel giusto mix tra l’ammirazione e lo sdegno, a riprova di quanto bene siano stati riprodotti tutti gli aspetti della Sicilia e dei siciliani, senza nascondersi dietro un dito, senza ipocrisia e il merito è necessario dividerlo tra Hangar 13 e il team di Stormind Games, studio con sede nel catanese, che ha collaborato alla realizzazione del gioco e che ha pure ospitato i dev di Hangar 13, per visitare da vicino le zone riprodotte nel gioco e per far respirare un po’ di vera cultura sicula, tra storia, contraddizioni, orgoglio e meraviglia.

Scrusciu i’Sicilia

Uno degli aspetti che aiuta sicuramente di più, per immergersi nel racconto, è l’audio. Ovviamente, ciò che risalta più di altro è il doppiaggio in siciliano. La chicca che ha sicuramente fatto maggiormente parlare del titolo, realizzato da attori di teatro e doppiatori, quasi tutti siciliani d’origine, almeno quelli scelti per i personaggi principali.

La paura che si arrivasse a quel siciliano alla Montalbano era forte, con accenti caricaturali e termini inesistenti, in una sorta di “sicilianish” inventato. Eppure, il lavoro fatto si rifà a una fedeltà lessicale, palermitana in particolare, che permette di scoprire il vero incedere del dialetto e il risultato è impressionante.

Solo in alcune sequenze, si nota come certi scambi di battute siano pensati e concepiti in inglese. Per il resto, va solo fatto un plauso non solo ai doppiatori ma alla stessa Hangar 13 e a chi ha curato direttamente il doppiaggio, per aver saputo riprodurre anche gesti, mugolii, intercalari e tanto altro. Un plauso particolare agli youtuber Raiden (Gianluca Verri) e Midna (Maria Elisa Calvagna) noti come Playerinside, parte del cast di doppiatori che, seppur in ruoli minori e seppur catanesi, hanno saputo regalare ottime interpretazioni, riuscendo a “sparire” dietro ai loro personaggi, cosa non da poco.

La cura si nota anche, forse soprattutto, in tutti i suoni ambientali che accompagnano l’avventura: trotto di cavalli, dialoghi di personaggi “sparlitteri” (pettegoli) sullo sfondo, rumori tipici delle località rurali dell’epoca, i “vanniaturi” (urlatori) del mercato. Il tutto, perfettamente mixato alla musica ambientale, che spesso accompagna le sequenze in auto o a cavallo, oltre ovviamente a molte cut scene, sebbene ogni tanto l’audio spaziale faccia le bizze, soprattutto durante le sparatorie e le fasi stealth.

Il gameplay… un ’48

Veniamo adesso alle note dolenti.
Mafia: The Old Country si propone come un’avventura story driven, senza vera esplorazione libera, senza open world, senza secondarie (se non minuzie), con pochi collezionabili molto difficili da mancare. Tutto ciò che il gioco vuole fare, è raccontare una storia, che ha un suo inizio e una sua fine, tutto già scritto, nessuna scelta vera da prendere. Ma è dunque questo l’aspetto negativo?

mafioso con camicia e gilet di profiloIl gameplay… un ’48 (player.it)

Ovviamente no. Si tratta semplicemente di una scelta, che in parte funziona anche molto bene: la storia, sebbene sia molto semplice, è in grado di colpire ed emozionare, con dei picchi abbastanza sentiti seppur decisamente prevedibili. Eppure non mi sarei aspettato nulla di diverso: la Mafia e le storie collegate a essa, sono spesso infarcite di personalità banali, ignoranti, che conoscono soltanto i linguaggi di violenza e intimidazione. Scrivere una storia di mafia, significa raccontare qualcosa di cui si conosce già il finale, con qualche doverosa eccezione.

Ciò che davvero funziona poco, è tutto ciò che concerne il gameplay.
Non è un certamente un titolo pregno di gameplay. Ciò che fa bene sicuramente, è la gestione del ritmo: si alternano, abbastanza in scioltezza, fasi stealth, fasi sparatutto, fasi di guida e cut scene. In generale dunque, il titolo fluisce bene. I problemi nascono quando si analizzano nello specifico i vari aspetti.

Ammucciarè (stealth)

Da non amante dello stealth, non posso certo dire di essermi divertito durante quelle fasi, che per fortuna passavano abbastanza in fretta. Il grande problema in questo caso, era rappresentato dall’intelligenza artificiale dei nemici.

Lo stealth infatti non è mai nulla di proibitivo (a meno che, come me, non cercate di rompere il gioco). Tutto ciò che bisogna fare, è capire i pattern di movimento dei nemici e compiere quei movimenti che triggerano determinate azioni, che vi permetteranno di coglierli di sorpresa ed eliminarli. Il funzionamento a trigger e non tramite routine di movimenti, è un moto decisamente… retro, che ha probabilmente permesso al team di risparmiare sullo sviluppa di un’IA decente, ma che regala troppo spesso la sensazione di star affrontando dei manichini. Sarà inoltre disponibile una sorta di “Occhio dell’Aquila” alla Assassin’s Creed, chiamato Istinto, che permette di vedere i nemici attraverso le pareti.

personaggio con coltello dietro porta, altro personaggio lo cercaAmmucciarè (stealth) (player.it)

Una volta che un nemico verrà abbattuto, potrete saccheggiare il cadavere o nasconderlo all’interno di convenientissime casse disposte per la mappa. Oltre a essere una meccanica a dir poco superflua, dato che il comportamento dei nemici alla vista di un cadavere sarà soltanto quello di avvicinarsi, chinarsi e attendere che li strangoliate, anche con questa meccanica emerge l’economia del nuovo Mafia: provando a infilare un secondo corpo in una cassa in cui ne avevo già infilato uno, ho notato come il primo fosse scomparso. Anche qui, una scelta che non appesantisce il gioco e il budget, ma che mina parecchio l’immersività.

Sono inoltre disponibili dei potenziamenti passivi da poter applicare, rccogliendo alcuni collezionabili sparsi per le mappe e, alcuni di questi, vanno proprio a migliorare la furtività durante le fasi stealth, rendendo triviali queste sezioni. Vi è la possibilità di distogliere l’attenzione dei nemici tramite lanci di bottiglie o monete e, in alcuni casi, anche se si viene scoperti, il gioco continuerà e si potrà procedere ad armi spianate. Ed è qui che si arriva alla parte di gameplay che ho preferito.

A lupara e u liccasapuni (il fucile e il coltello)

Lo shooting è sicuramente la parte migliore del gameplay.
Nonostante non si tratti di chissà che bellezza, costituisce comunque un ottimo modo per creare alternanza nel gameplay. Esistono due macro tipologie di armi da fuoco: pistole e fucili, a cui si aggiungono le granate da lancio. Col progredire della storia, nuovi modelli verranno resi acquistabili e sarà possibile cambiarli nell’hub di gioco. Ogni arma presenta un diverso livello di gittata, potenza e precisione.

Sparare in sé è abbastanza divertente e, sebbene non vi sia grande interazione coi grilletti aptici come potrebbe accadere in un FPS puro, il feeling è abbastanza convincente. Anche in questo caso però, l’IA dei nemici farà spesso cilecca e sarà semplice capire quali sono i percorsi prestabiliti che ogni nemico seguirà. Non vi saranno azioni casuali: anche ripetendo più volte uno scontro a fuoco, saprete esattamente quale nemico cercherà di stanarvi, quale rimarrà nascosto a spararvi da dietro una colonna, quale vi lancerà una granta e così via.

personaggio con casacca bianca con cltello in mano che minaccia personaggio di spalle, due personaggi con giletA lupara e u liccasapuni (il fucile e il coltello) (player.it)

L’effetto sorpresa, la paura o l’ansia di perdere uno scontro a fuoco, sono del tutto inesistenti. Tutt’al più, basta avere pazienza e imparare gli elementari pattern nemici. Non si tratta dunque di un gioco proibitivo, anzi: l’obiettivo, come detto, è semplicemente quello di raccontare una storia. Le sezioni di gameplay sono un buon passatempo tra un fatto e l’altro, ma mai rappresenteranno il motivo per cui Mafia: The Old Country merita attenzione.

Sono poi presenti anche dei combattimenti all’arma bianca, con il coltello. Anche di coltelli ne esistono di varie tipologie e, fuori dai combattimenti, possono essere utilizzati per abbattere nemici nelle fasi stealth. Non pensate però di poter sfidare chi vi pare a singolar tenzone: gli scontri col coltello sono praticamente delle boss fight, solo con alcuni nemici molto specifici e cruciali per il prosieguo della trama.

Gli scontri inoltre sono molto semplici: pochi comandi, tempismi dilatati, due tasti per attaccare (attacco debole, attacco forte), un tasto per la parata (parry), un tasto per la schivata (con possibilità di schivata perfetta con repost) e uno per rompere la guardia nemica. Nessuna meccanica nuova, per tutto il corso della run, nessuna sorpresa, nemmeno nelle fasi finali. Fila tutto liscio, fin troppo. Per fortuna però, anche in questo caso il team ha azzeccato il ritmo, riuscendo a piazzare gli scontri col coltello in momenti precisi, che aiutano a creare la tensione giusta, sebbene sia chiaro che non vi sia un vero pericolo.

Casa ranni, ghinchila ri spini

personaggio con casaccia bianca a cavallo in strada sterrataCasa ranni, ghinchila ri spini (player.it)

Vediamo adesso, in modo sparso, un po’ di problematiche tecniche che funestano il titolo:

  • Giocando su PS5, in modalità Qualità, si avverte un fastidioso input lag, mentre in modalità Prestazioni la resa grafica, già non eccelsa nella microscopia, perde tantissimo;
  • Molte animazioni risultano legnose e ingessate mentre molte animazioni facciali, spesso, non convincono quanto dovrebbero per riuscire a esprimere la tensione di determinate scene;
  • L’audio posizionale non sempre funziona perfettamente: a volte, anche allontanandosi dai gruppetti di persone che dialogano tra loro, li si sentirà allo stesso volume / nelle fasi stealth, utilizzando l’Istinto, i passi dei nemici si percepiranno molto più vicini e decentrati di quanto non siano;
  • Negli spazi più stretti, soprattutto da accovacciati, la telecamera tende a rimbalzare;
  • La guida delle auto risulta piuttosto fastidiosa e imprecisa, non aggiungendo granché né alle fasi d’esplorazione né alle “gare”, sempre state presenti in Mafia ma che in questo caso diventano un semplice pretesto di trama, che il giocatore vincerà necessariamente;

Conclusioni

Taliammuni n’facci, a mezza parola: Mafia nun è un capolavuru ma mancu si voli sentiri cacuocciola. Sapi fari lu sua, ti fa ridiri, ti fa chiangiri, ti cunta un cuntu e ‘ntanto ti fai ghiucari. Macari picca, ma ti fa ghiucari. Ma allura picchì vi l’alivvisu accattari? Picchì è un iocu onestu, ca nun voli pigliari a nuddu ppi u culu e anzi, minti in scena n’atmosfera spacchiusa. Stu iocu putia essiri un ’48, ma ‘ntantu è nna cosa di bellu, no bellissimo ma mancu aranciu cugliutu di ‘nterra. Un iocu normali, ccu na storia normali, personaggi ca t’arrestano e poco altro. Ma chinu di cori e passioni. Lu miegliu tra i mediocri.

TRAD: Guardiamoci in faccio, senza mezzi termini: Mafia non è un capolavoro, ma nemmeno vuole sentirsi tale. Sa fare il suo, fa ridere, fa piangere, ti racconta una storia e intanto ti fa giocare. Seppu poco, ti fa giocare. Ma allora perché dovreste dargli una possibilità? Perché è un gioco onesto, che non vuole spacciarsi per ciò che non è, e anzi, allestisce un’atmosfera intrigante. Un gioco che poteva essere un disastro e che è riuscito a essere carino, non incredibile forse ma nemmeno l’ultimo degli arrivati. Un gioco normale, con una storia normale, personaggi che ti rimangono dentro e poco altro. Pieno però, di cuore e passione. Il migliore tra i mediocri.